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“L’impunità invita sempre a cose peggiori”

Una lettera anonima di dodici pagine su carta intestata con lo stemma della Repubblica Italiana, quasi un dossier, è il documento che sta aprendo un nuovo fronte nelle indagini sulla trattativa fra Stato e mafia. Sarebbe stata spedita il 18 settembre scorso all’abitazione del sostituto procuratore di Palermo, Nino Di Matteo che insieme a Ingroia, prima del suo “esilio” in Guatemala, sta conducendo l’inchiesta.
Il dossier anonimo, la cui esistenza è stata resa pubblica da due giornalisti de La Repubblica (Bolzoni e Palazzolo) mette sull’avviso i magistrati di Palermo che sono spiati, indica dove trovare altre prove del patto scellerato tra Stato e mafia, fa i nomi di vecchi uomini politici – alcuni dei quali ancora in attività – che potrebbero sapere molto. Infine denuncia che l’agenda rossa di Borsellino era stata rubata “da un carabiniere” nei tragici attimi successivi all’attentato mortale. Il dossier evoca “catacombe di Stato”, dove sarebbero seppelliti alcuni dei più orribili documenti di un evento “indicibile” che chiama in causa apparati dello Stato. Gli investigatori valutano come “attendibile” il dossier e, secondo alcune fonti riportate da La Repubblica, l’autore sarebbe un carabiniere. Un documento “studiato e steso da qualcuno estremamente informato uno “dal di dentro” sospettano i pubblici ministeri di Palermo che hanno ordinato accertamenti su tutti i punti segnalati dall’anonimo”. Colpisce un concetto scritto nel dossier anonimo:”Impunitas semper ad deteriora invitat”. L’impunità invita sempre a cose peggiori. In questo sta l’essenza del problema dei problemi di cui gli apparati dello Stato devono rendere conto. Non solo sulla vicenda della trattativa tra Stato e mafia, ma anche sulla stagione e la strategia delle stragi di stato che hanno insanguinato la storia non più tanto recente di questo paese

A ricordare questo snodo decisivo non è solo la redazione del nostro giornale. Ci sono le considerazioni espresse in una puntata di Servizio Pubblico e un passaggio nella lettera che il procuratore generale della Corte d’Appello di Caltanissetta, il dott. Scarpinato, lesse il 19 luglio del 2012 in occasione della ricorrenza della strage che a Palermo causò la morte del giudice Borsellino e della sua scorta.

Scarpinato nel suo intervento cita le parole di Paolo Borsellino“Mi ucciderà la mafia, ma saranno altri che mi faranno uccidere, la mafia mi ucciderà quando altri lo consentiranno”. Ma poi aggiunge “Quelle forze hanno continuato ad agire, Paolo, anche dopo la tua morte per cancellare le tracce della loro presenza. E per tenerci nascosta la verità, è stato fatto di tutto e di più. Pochi minuti dopo l’esplosione in Via D’Amelio, mentre tutti erano colti dal panico e il fumo oscurava la vista, hanno fatto sparire la tua agenda rossa perché sapevano che leggendo quelle pagine avremmo capito quel che tu avevi capito. Hanno fatto sparire tutti i documenti che si trovavano nel covo di Salvatore Riina dopo la sua cattura. Hanno preferito che finissero nella mani dei mafiosi piuttosto che in quelle dei magistrati. Hanno ingannato i magistrati che indagavano sulla strage con falsi collaboratori ai quali hanno fatto dire menzogne. Ma nonostante siano ancora forti e potenti, cominciano ad avere paura”.

Anche l’incipit dell’intervento del dott. Scarpinato alla commemorazione per Borsellino è emblematico. E’ uno spaccato del sistema dominante:
Stringe il cuore a vedere talora tra le prime file, nei posti riservati alle autorità, anche personaggi la cui condotta di vita sembra essere la negazione stessa di quei valori di giustizia e di legalità per i quali tu ti sei fatto uccidere; personaggi dal passato e dal presente equivoco le cui vite – per usare le tue parole – emanano quel puzzo del compromesso morale che tu tanto aborrivi e che si contrappone al fresco profumo della libertà. E come se non bastasse, Paolo, intorno a costoro si accalca una corte di anime in livrea, di piccoli e grandi maggiordomi del potere, di questuanti pronti a piegare la schiena e a barattare l’anima in cambio di promozioni in carriera o dell’accesso al mondo dorato dei facili privilegi”.

Per questo, su richiesta del membro laico del Pdl Nicolò Zanon, il comitato di presidenza del Consiglio Superiore della Magistratura ha aperto una pratica sul dott. Scarpinato per le parole contenute nella lettera dedicata a Paolo Borsellino in occasione della manifestazione di commemorazione del 19 luglio scorso in via D’Amelio. Un modo neanche troppo velato per “silenziare” alcune voci nella magistratura che probabilmente conoscono dettagli inquietanti su quanto avvenuto nello trattativa Stato-mafia e che non paiono disposti ad accettare l’ipoteca e i riti della “ragion di stato” invocata recentemente dalla Corte Costituzionale nel giudizio contro la Procura di Palermo sollecitato dal Quirinale.

Nel 2010 le procure di Palermo (Ingroia ed altri) e Caltanissetta (Scarpinato) avevano cominciato a mettere insieme le risultanze del puzzle emerso dalle loro inchieste separate: Palermo indagava sulle trattative tra i corleonesi e lo Stato; Caltanissetta sugli attentati ai magistrati. Il compito gravoso di verificare i livelli del coinvolgimento degli apparati di sicurezza all’ombra delle stragi era stato affidato ad un solo funzionario della Dia di Caltanissetta e da quanto raccolto emergevano sia i servizi sospettati di aver trattato con la mafia e siai servizi sospettati di avere avuto un ruolo attivo negli attentati contro i magistrati.

Delle rivelazioni contenute nel dossier anonimo, adesso si occupano anche i magistrati della procura di Caltanissetta, che hanno aperto ufficialmente un’inchiesta dopo avere ricevuto una “comunicazione” dai colleghi palermitani.

Il dossier anonimo spedito al procuratore di Palermo, Di Matteo, indica con precisione nomi, cognomi e addirittura i soprannomi dei militari e degli ufficiali che avrebbero partecipato a vario titolo alle indagini per l’arresto di Totò Riina. I magistrati di Palermo hanno chiesto ai funzionari della Dia di identificare tutti i carabinieri citati che sarebbero una trentina e che potrebbero essere ascoltati uno dopo l’altro dai magistrati. L’autore del dossier anonimo afferma: “La trattativa con la mafia c’è stata ed è tuttora in corso”. Non è un dettaglio. Questa estate 150 magistrati, con un’iniziativa che non ha precedenti, hanno inviato al Csm  una lettera di solidarietà al Pg di Caltanissetta Scarpinato, spiegando di condividere parola per parola il suo pensiero; con il messaggio chiaro al Csm che, se intende punire Scarpinato per quell’intervento, lo deve fare nei confronti di tutti i firmatari. E’ evidente che non basterà una sentenza della Corte Costituzionale né la complicità bipartisan della politica con la ragion di stato – incluso l’invito di Monti a “silenziare” chi non è compatibile con i diktat della troika – ad aggiustare la falla che si è aperta.


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