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A mani basse sui servizi sociali

Vogliono prendersi tutto anche i residui del welfare. Al meeting  di Comunione e Liberazione di Rimini si materializza il progetto di “sussidiarietà” sul quale stanno agendo da anni per destrutturare i servizi sociali e privatizzarli “con ogni mezzo necessario”.  

Scrive il Ministro Lupi (uomo di CL nel centro-destra) che “Anche quest’anno l’Intergruppo Parlamentare per la Sussidiarietà è stato ospitato dal Meeting di Rimini per tracciare un bilancio dell’attività svolta. L’Intergruppo Parlamentare per la Sussidiarietà, che attualmente è composto da 290 fra deputati e senatori, praticamente di tutti i partiti, è nato nel 2003 come un tavolo di discussione bipartisan. L’intento è quello di creare un dibattito trasversale sul tema della sussidiarietà, principio inserito nel nuovo titolo V della Costituzione e nelle direttive europee che ha rimesso in discussione i rapporti tra istituzioni e corpi intermedi della società. L’obiettivo principale del lavoro dell’Intergruppo è promuovere l’iniziativa privata dei cittadini in forme di autorganizzazione per sperimentare un rapporto più evoluto fra programmazione statale e soggetti privati”.

L’obiettivo dichiarato, dunque, è quello – del tutto bipartizan – di procedere alla privatizzazione dei servizi sociali attraverso la completa de-responsabilizzazione dello Stato e degli enti locali nell’erogazione dei servizi per affidarli a soggetti privati autorganizzati (sic!). Da un lato quindi l’introduzione di leggi nazionali e regionali (ed europee ovviamente) che smantellano i residui di welfare esistenti nel paese, dall’altro l’avanzata di soggetti privati (le Fondazioni in primis, non a caso presenti in massa al Meeting di Rimini) per accaparrarsi la gestione di tutti i servizi sociali dismessi dal “pubblico” a causa dei costi e dei tagli. Indicativi di questo progetto non sono solo i famelici templari della sussidiarietà che sono prosperati negli ambienti cattolici (con CL e Compagnia e delle Opere in testa) e in quelli piddini. Non a caso l’incubatoio di questo progetto è stata più l’Emilia Romagna del riformismo debole che la Lombardia dell’aziendalismo forte. L’intreccio e la pervasività del mondo delle cooperative, dell’associazionismo, del No profit o Terzo Settore, si è fatto le ossa soprattutto in Emilia per poi candidarsi a modello nazionale come punto di sintesi tra gli interessi di area PD e quelli del mondo cattolico. A che serve difendere un “costoso” modello di welfare quando può essere affidato a soggetti privati, per di più con ispirazioni sociali e morali nei loro statuti?

E’ importante la sottolineatura di Geppino Aragno che pubblichiamo nella pagina degli interventi (L’irrealistica ideologia dei diritti sociali) sul recente libro di due matre-a-pencer del liberalismo “di sinistra” come Giuliano Amato e Andrea Graziosi. Il loro ragionamento è – come sempre – di un cinismo esemplare: la società liberale può permettersi i diritti politici e i diritti civili (il divorzio, le unioni gay etc.) ma non quelli sociali, perché questi ultimi hanno un costo economico che diventa insopportabile quando il ciclo di accumulazione capitalista non funziona.

La clava della sussidiarietà – quindi della privatizzazione dei servizi sociali e della deresponsabilizzazione dello Stato – trova in tale contesto il suo habitat ideale per imporsi ed espandersi, potendo godere anche del vantaggio di essere fattore di convergenza e identificazione comune sia del liberalismo di destra che di quello di ispirazione sociale (cattolico, piddino etc.). In tal senso il Meeting di Rimini era e rimane il luogo ideale per mettere in cantiere questa operazione. In fondo è quello che fa l’Islam politico nei paesi dove governa: accettazione del liberismo, dominanza dei rapporti privati di proprietà e il tamponamento dei danni sociali attraverso la carità e una rete di servizi sociali privati a sfondo religioso. In fondo “Se dio vuole” e “Insciallah” significano esattamente la stessa cosa.

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