Menu

La magistratura e Piazza Fontana. I ricordi di Guido Salvini

Sul perché in Italia i processi per “strage di stato” non siano mai arrivati a conclusioni certe si possono fare molte ipotesi. A noi non è mai piaciuta la “dietrologia” e non abbiamo mai creduto alla storiella fantastica dei “servizi deviati”, come se davveroo in un paese sempre eterodiretto – prima dagli Usa, ora anche dalla Troika . Ci potesse davvero essere uno spezzone di “servizi” onesto, democratico, disinteressato e non condizionabile.

 

In questa intervista, il giudice Guido Salvini – l’ultimo e il più tenace a mettere le mani sull’inchiesta per la strage di Piazza Fontana, arrivando anche a individuare i veri esecutori (i fascisti guidati dai servizi segreti “rettilinei”, con una buona mano da parte Usa) – spiega che anche la magistratura ci ha sempre messo di suo. Molti “depistaggi” non dipendevano infatti da “interventi esterni”, ma da complicità interne.

 

Si può andare dal banale disinteresse per inchieste che si sanno “scomode” per chi governa fino alla vera e propria complicità; dalla voglia non nascosta di far carriera, gettandosi a corpo morto sulle indagini “da prima pagina”, all’attenzione “politica” per gli equilibri interni alle varie correnti in cui sono divisi i magistrati.

 

A fare una figura obbrobriosa è però soprattutto il vecchio procuratore aggiunto Gerardo D’Ambrosio. Uomo ai tempi vicino al Pci, poi alle varie trasmutazioni genetiche di quel partito, fino a diventare a sua volta senatore nella lista “erede”. Era assurto nel paradiso dei magistrati “di sinistra” per aver scoperchiato – insieme a Di Pietro, Davigo, Colombo, ecc – Tangentopoli e avviato qualche prima indagine su Berlusconi.

 

Pochi ricordano però la sua “fantasia archiviatoria”, esercitata proprio nelle indagini sulla strage di Piazza Fontana, e più precisamente nell’inchiesta sull’uccisione di Giuseppe Pinelli, compagno anarchico provocatoriamente accusato di essere l’autore della strage insieme a Pietro Valpreda. Pur di scagionare i poliziotti presenti in quel momento nella stanza al quarto piano della Questura di Milano, a cominciare dal commissario Luigi Calabresi, D’Ambrosio arrivò ad inventare quello che è rimasto un unicuum nella storia delle balle giudiziarie. Si tratta del famoso “malore attivo”, uno status psico-fisiologico mai riscontrato nella storia della medicina, che avrebbe “posseduto” (è il caso di dirlo…) il povero Pinelli facendolo alzare dalla sedia su cui era accasciato a causa di un “interrogatorio pesante”, scattare schivando i due-tre-quattro poliziotti presenti, fino a raggiungere – finalmente – la finestra da cui si sarebbe inavvertitamente sporto troppo precipitando al suolo “nonostante l’estremmo tentativo degli agenti di salvarlo”. Tentativo che, ricordano le cronache, si tradusse nel permanere nelle loro mani di una scarpa appartenente a Pinelli. Che intanto giaceva esanime nel cortile… con entrambe le scarpe ai piedi. Ah, cosa si sarebbe potuto fare giudiziariamente se – all’epoca – fossero esistite le analisi del dna…

 

Bene, questo D’ambrosio, autentico pilastro della coscienza democratica all’interno della magistratura, vie ricordato dal collega Salvini come “poco interessato” e “quasi infastidito” dal fatto che ci fosse un altro magistrato a mettere le mani su quel caso (piazza Fontana).

 

Non facciamo fatica a crederlo…

 

senato05 gerardo-d-ambrosio

pinelli2-139758 0x410

Schermata del 2013-11-20 130948

*****

 

Processi-trampolino, nomine e… Guido Salvini svela le ombre della magistratura

 

Lorenzo Lamperti

 

“Ho visto indagini, magari quelle non destinate a finire sui giornali ma importanti per chi vi è coinvolto, fatte con disattenzione e sciatteria. E al contrario processi-trampolino subito utilizzati per la carriera”. Guido Salvini svela tutte le ombre della magistratura in un’intervista ad Affaritaliani.it: “Anm e Csm sono sempre stati molto determinati determinati a proteggere l’autonomia esterna” dei magistrati dal potere politico ma, secondo Salvini, “non altrettanto a proteggere l’autonomia “interna, cioè quella dei singoli giudici dalla magistratura come istituzione, dalle sue correnti e dai suoi gruppi di potere. Trasferimenti, promozioni e punizioni sono tutte influenzate”. Su Piazza Fontana: “Quando ho riaperto il caso non ho avuto il minimo aiuto, si percepiva anzi il poco interesse e quasi il fastidio del procuratore D’Ambrosio. Non è più possibile nascondersi dietro i Servizi segreti, è stata la magistratura ad auto-depistarsi e su questo, per una ragion di Stato interna, si è sempre preferito tacere”.

 

Guido Salvini, si legge spesso di una “guerra” in corso tra politica e magistratura. In questa “guerra” la magistratura è solo vittima degli assalti esterni o ha anche qualche colpa?

La magistratura italiana ha grandi meriti ma non può continuare ad attribuire le disfunzioni della giustizia solo alla classe politica o ai vari governi. Proprio i suoi meriti rischiano di elevarla a quello che i greci chiamavano Hybris, la mancanza di critica e dell’onestà di guardarsi dentro, la convinzione eccessiva di essere nel giusto e la magnificazione autoreferenziale. E nel pensiero greco Hybris era contrapposta a Dike, la giustizia. In più di trent’anni di carriera ho visto tante negligenze. Ho visto indagini, magari quelle non destinate a finire sui giornali ma importanti per chi vi è coinvolto, fatte con disattenzione e sciatteria. E al contrario processi-trampolino subito utilizzati, anche prima e indipendentemente dai loro esiti, per carriere politiche o incarichi prestigiosi. Ho visto spesso presunzione e quasi arroganza nei confronti degli interlocutori, imputati, vittime e difensori. Un atteggiamento che purtroppo l’autocelebrazione della magistratura ha trasmesso soprattutto ai magistrati più giovani. Essere vincitori del nostro concorso dà per tutta la vita, e non è poco, il diritto di giudicare gli altri. Ma nessuno controlla che chi vince questo concorso sappia anche ascoltare.

 

All’esterno la magistratura richiede, giustamente, autonomia. Ma la magistratura è autonoma al suo interno?

 

L’Anm e il Csm sono sempre stati molto determinati, e anche giustamente, nel difendere l’”autonomia esterna”. L’indipendenza dei giudici da qualsiasi tentativo di controllo da parte del potere politico o di altri poteri è un principio voluto dalla Costituzione. Ma non hanno avuto lo stesso impegno, anzi direi che hanno avuto spesso un impegno contrario, nel tutelare l’ “autonomia interna”, cioè quella dei singoli giudici dalla magistratura come “istituzione”, dalle sue correnti, dai suoi gruppi di potere. Il vero padrone di ogni magistrato, molto più del Ministro di Giustizia, è il Csm, occupato saldamente da correnti che funzionano come centri di potere e dalle quali ciascuno dipende per ogni più piccolo dettaglio della sua vita professionale. Trasferimenti, promozioni, punizioni sono tutte influenzate dalla’appartenenza o meno a un gruppo. Questo sistema di controllo “interno” favorisce conformismi e piaggerie nella speranza di beneficiare di qualche vantaggio e trasforma i mediocri in grandi magistrati cui affidare incarichi direttivi se “militano” nel gruppo giusto. Io credo invece che il cittadino sarebbe più garantito se si trovasse sempre di fronte non all’esponente di un aggregato politico-correntizio di magistrati con la sua “linea” ma a un giudice singolo del tutto libero, che non deve rispondere a nessuno, nemmeno all’interno della sua categoria. Un giudice che sa decidere in solitudine e solo secondo coscienza. Io preferisco un giudice libero pensatore. Tra le tante indagini che ha seguito nel corso degli anni spicca quella su Piazza Fontana.

 

Quando riaprì quell’indagine si aspettava un sostegno diverso da parte della Procura di Milano?

 

Quando nel 1991 ho riaperto il caso non ho avuto il minimo aiuto, si percepiva anzi il poco interesse e quasi il fastidio del Procuratore aggiunto d’Ambrosio. Come se non fosse gradito che qualcuno, tra l’altro un Giudice Istruttore e non l’ufficio della Procura, andasse oltre i risultati raggiunti negli anni ‘70 a cui la sua figura era legata. Forse anche per questo l’incarico di seguire Piazza Fontana è stato affidato a un sostituto appena arrivato che non aveva mai condotto un’indagine di terrorismo e che si è impegnato soprattutto a cercare di togliermi di mezzo bersagliandomi di esposti al Csm. La conseguenza è stata semplicemente quella di paralizzare gli sviluppi dell’indagine. E per quanto avvenuto negli anni ‘90 non è più possibile nascondersi dietro l’operato dei Servizi segreti. È stata la magistratura ad “auto depistarsi” da sola e su questo, per una “ragion di Stato” interna, si è sempre preferito tacere.

Proprio nelle scorse settimane è stata disposta una nuova archiviazione su Piazza Fontana. È stata una decisione giusta?

Vent’anni dopo si è riproposto lo stesso copione con gli stessi protagonisti. Nel 2009 sono emersi nuovi e promettenti spunti di indagine. Ne parlo nel libro Office at night. Ma a Milano non è stato fatto nulla e l’indagine è stata bruciata subito. Ad esempio non è stato consentito ai Carabinieri, gli stessi che avevano lavorato con me e che si occupano ancora della destra eversiva, nemmeno di svolgere i primi accertamenti. E sarebbe stata un’indagine a costo zero perché era sufficiente affiancarsi al lavoro che la Procura di Brescia sta ancora conducendo con determinazione sulla strage di Piazza della Loggia e praticamente sugli stessi ex-ordinovisti al centro della strage di Piazza Fontana. È avvenuto il contrario di quanto nel 2009 il presidente Napolitano a Milano, nel quarantennale della strage, aveva esortato i magistrati a fare: “continuare a cercare ogni frammento di verità”.

 

Da Affaritaliani.it

 

 

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

1 Commento


  • Enrico

    “È avvenuto il contrario di quanto nel 2009 il presidente Napolitano a Milano, nel quarantennale della strage, aveva esortato i magistrati a fare: “continuare a cercare ogni frammento di verità”.”
    Napolitano l’uomo dei Moniti, l’esortatore, o un semplice gioco delle parti.?
    Quando gli scrissi per un suo intervento sulle Torture di Stato, oggi sancite da una sentenza di un “tribunale in uno Stato di Diritto” ha saputo solo Tacere alla faccia di “ogni frammento di verità”

    Lunga vita al Presidente
    Enrico Triaca

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *