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Rientro dei capitali. Renzi-Padoan come Berlusconi-Tremonti

Impossibile non fare paragoni. La legge sul rientro dei capitali illegalmente detenuti all’estero, presentata dal governo Renzi e stilata dal ministro Padoan (ex Pci ed ed economista Ocse), è stata approvata ieri in via definitiva dal Senato. E il contenuto non appare affatto dissimile dai precedenti berlusconian-tremontiani.

La logica è identica: far rientrare almeno parte di questi capitali garantendo depenalizzazione dei reati commessi, tassazione alleggerita, il tutto per alleggerire i conti pubblici (perché oltre una certa misura tagliare non si può).

Prendiamo a guida IlSole24Ore, organo di Confindustria,che come sempre dettaglia per i suoi lettori – imprenditori, ragionieri, contabili, ecc – benefici, costi e problemi di ogni legge economicamente rilevante.

La legge chiama l’eventuale rientro del singolo capitale come “collaborazione volontaria”, in altri tempi veniva chiamato “ravvedimento operoso”, ma il senso è lo stesso. Intanto apprediamo che i capitali interessati non sono soltanto quelli imboscati in banche svizzere o altri paradisi fiscali, ma addirittura a tutti i capitali non dichiarati, a qualsiasi titolo raccolti. Dice il Sole ai suoi lettori:

La “collaborazione volontaria” può essere fatta da chiunque detenga patrimoni non dichiarati al fisco, non necessariamente all’estero. La regolarizzazione riguarda conti correnti, polizze assicurative, trust, fondi comuni, deposito di metalli preziosi, partecipazioni, immobili, beni mobili registrati (per esempio, natanti). Tali beni possono essere detenuti anche attraverso strutture «interposte» o «esterovestite»

Il “mondo di sopra” – per usare un’espressione in voga in questi giorni – è compreso per intero in questa categoria, così come anche l’intero “mondo di mezzo” (pistole escluse, forse) e anche buona parte della grande malavita organizzata. Una volta capito a chi si rivolge questa “possibilità di rientro nella legalità”, sarà il caso di entrare nei dettagli tecnici e nei costi economici di questa eventuale operazione.

L’unica vera differenza con gli “scudi fiscali” tremontiani è l’obbligo di dichiarare le generalità (il Cavaliere era in questo più permissivo, garantendo anche l’anonimato).

Il resto riguarda il “quanto” bisogna pagare: l’intera Irpef, spiega Confindustria, ovvero il 43%, più il 2% di tasse locali. Ohibò! Ma questo non è conveniente… Immaginiamo il palazzinaro o anche il finanziere, e persino l’industriale bofonchiare indignati: “;a come!? Vi riporto i soldi in Italia – o li faccio finalmente emergere – e voi pretendete di tenervene una metà? Guardate che gli esperti di estorsioni li abbiamo anche noi, e anche più persuasivi…”

Niente paura! Questo abnorme esborso di tasse sarà dovuto solo se non è già calata la prescrizione fiscale (5 anni indietro per i paesi “white”, 10 per i paradisi fiscali). Altrimenti si passa alla cassa in modo molto più leggero…

Lo sconto è infatti sulle sanzioni, che scendono al 3% del capitale a determinate condizioni, ma non sugli interessi.

Anche i tempi sono decisamente comodi:

Il candidato all’emersione potrà chiedere di aderire al programma di “compliance” fiscale – cioè trasparenza totale – fino al 30 settembre 2015 per fatti commessi sino al 30 settembre 2014 (omessa dichiarazione fiscale) . Non può però beneficiare di alcuno sconto né beneficio se ha già ricevuto un atto di inizio indagine (anche amministrativa) da parte della Gdf o dell’agenzia delle Entrate

Il che sembra proprio il minimo della decenza. Ci mancherebbe pure che uno potesse “collaborare volontariamente” soltanto dopo essere già stato beccato! E che, quindi, potesse pagare scontato quel che l’indagine gli farebbe pagare con l’aggravante…

Ma c’è di più:

Aderendo all’emersione volontaria il contribuente non risponderà dei reati fiscali commessi (a parte le frodi fiscali gravi) e nemmeno delle omissioni sull’Iva e sui contributi non versati (che sono illeciti penali). Non risponderà nemmeno del nuovo reato di autoriciclaggio, che invece punirà con pene aggiuntive da 1 a 4 anni (ipotesi lievi) o da 2 a 8 anni chi si “autolava” i proventi dell’ evasione fiscale

La depenalizzazione è radicale, diciamolo. Come si fa a resistere alla tentazione di “tornare a casa” oppure di esibire, finalmente, tutte le ricchezze che per tanto tempo abbiamo tenuto nascoste? Il grosso è atteso dalla Svizzera, dove il Sole calcola siano “depositati, o comunque sono transitati, almeno 200 dei 230 miliardi “ufficialmente” in fuga dall’Italia”. poi ci sono quelli “ufficiosi”, “totalmente clandestini”, o semplicemente depositati altrove.

Proprio la Svizzera è al centro di un robusto cambiamento di politica sul segreto bancario. E la stessa legge approvata ieri prevede che il Fisco si veda dimezzare i tempi di prescrizione, se sarà siglato un accordo con gli elvetici entro 60 giorni. In questo caso, ulteriore sconto:

in sostanza le tasse sui capitali in Svizzera si pagheranno solo dal 2010 in avanti, invece che dal 2005. Sulle annualità precedenti l’Italia incasserebbe solo sanzioni e interessi (mediamente dal 3% al 7% sul capitale, invece del 70-75% come media ponderata)

Ragazzi del “mondo di sopra” e del “mondo di mezzo”, proprio non vi potete lamentare…

E non dite che questo governo non pensa anche ai poveri… La “collaborazione” potrà coprire anche i “piccolo patrimoni”, attraverso una procedura semplificata e forfettaria (si verserà allo Stato una cifra fissa, anziché in percentuale sul capitale). E a quanto ammonta un “piccolo patrimonio”? Non più di due milioni di euro. Chi è che non ha almeno due milioni di euro tenuti sotto il materasso?

Visto che ci si trovavano, comunque, i tecnici del governo hanno fatto le cose in grande. Potrà essere legalizzato anche il contenuto delle cassette di sicurezza (che di solito sono più sicure del materasso), con le stesse modalità previste per quel che torna dall’estero.

È importante comunque avere l’attestazione dell’epoca a cui risale il contenuto della cassetta: se si dimostra che è ante-2009, non si pagano le tasse (prescritte) ma solo sanzioni e interessi.

A noi la ratio della legge sembra sufficientemente chiara. Ma il ministro Padoan ci tiene a far passare il messaggio che gli preme, per salvare la propria reputazione. «La voluntary disclosure non è un condono». L’ha scritto via twitter, perché dal vivo sarebbe stato impossibile non farsi scappare una grassa risata.

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