Sono passati pochi giorni da quando Luca Traini ha preso la sua pistola e iniziato a sparare. L’obiettivo, come noto, erano tutte le persone colpevoli, dal suo punto di vista, di essere stranieri. Migranti, preferibilmente neri.
Il bilancio è di sei feriti, due dei quali gravi. Tutti finiti in fretta nel dimenticatoio per lasciare spazio alle analisi sull’autore del gesto, come se le conseguenze del gesto stesso non contassero. Come se tutto ciò che conta, in una situazione del genere, capitata per di più in piena campagna elettorale, fosse specificare che, in fondo, la responsabilità di un’aggressione come quella di sabato possa essere in capo alle vittime, e non, come evidente, allo stesso Traini e a chi alimenta il clima di caccia al migrante.
Per rendersene meglio conto, è sufficiente dare un’occhiata ai commenti che i principali esponenti politici hanno riservato alla vicenda: tutti, a modo loro, già concentrati sul passo successivo: sdoganare certe azioni, normalizzarle, far sì che vengano percepite come assolutamente legittime.
E così, c’è un Matteo Salvini che sottolinea che “un’immigrazione fuori controllo, un’invasione come quella organizzata, voluta e finanziata in questi anni, porta allo scontro sociale”, per poi rincarare la dose con: “ho il dovere di dire agli italiani in che modo voglio evitare altri fatti come questo di Macerata, per esempio aumentando le espulsioni”.
C’è un Minniti che mette in guardia: “Nessuno pensi di farsi giustizia da solo”, come se si potesse stabilire – realmente – un collegamento tra le vittime di Traini e l’episodio di cronaca che, sempre a Macerata, ha portato alla morte di una ragazza.
Ma le parole più inquietanti sono probabilmente quelle che arrivano da Silvio Berlusconi. In fondo, da un razzista come Matteo Salvini non c’era da aspettarsi niente di diverso: nella sua campagna elettorale permanente, il leader della Lega ha sempre parlato – e continua a parlare – alla pancia del paese, cercando di far leva sui più bassi istinti che albergano in noi. La strategia del Biscione, viceversa, è sempre stata di altro tipo: lui rappresenta il lato “istituzionale” della coalizione di centrodestra, quello più affidabile e tranquillizzante, anche se zeppo di promesse irrealizzabili. Quello che, insomma, teoricamente si propone di trovare “soluzioni pratiche” alla rabbia che Salvini fomenta.
Un perfetto gioco di squadra, alla fin fine. Ecco allora le parole di Berlusconi: “Da noi ci sono 600 mila migranti che non sanno di che vivere e compiono dei furti in appartamento. Secondo la sinistra la gente si può difendere solo di notte, per noi ci si può difendere sempre per cui cambieremo la legge sulla legittima difesa”.
Cifre sparate a casaccio, attribuzione di comportamenti illegali a una massa di persone “colpevole” di non avere un lavoro “in chiaro”, avallo esplicito di una necessità di individuare un nemico facile da sterminare.
Il problema, per lui, non è la dilagante libertà d’azione di cui godono i gruppi neofascisti; non è la necessità di un maggiore controllo sul possesso e la distribuzione delle armi. Il problema, nel racconto a cui assistiamo, sarebbe in una legge sulla “legittima difesa” non abbastanza permissiva. Traduzione: votateci, vi permetteremo di sparare di più. In casa e fuori. Magari non proprio come ha fatto il killer fascioleghista di Macerata, ma insomma…
Della preoccupante situazione che nel nostro paese sta emergendo in riferimento alle violenze fasciste, si è accorto anche il quotidiano inglese The Guardian che, riportando i dati del portale antifascista infoantifa Ecn, propone un report sulle aggressioni di matrice fascista in Italia.
Sono 142 gli attacchi documentati dal 2014 ad oggi, tutti accomunati dall’assordante silenzio delle “istituzioni preposte” alla repressione. E a nulla sembrano servire gli appelli a ripristinare la legalità costituzionale, come ad esempio quelli di Carla Nespolo, presidente dell’Anpi, per impedire la partecipazione di formazioni neofasciste alle prossime elezioni.
Il quotidiano britannico cita in particolare Forza Nuova e Casapound, sottolineando come questi gruppi non cerchino nemmeno più di mascherare le proprie inclinazioni nostalgiche, ulteriore prova di uno sdoganamento crescente di posizioni inaccettabili, oltre che incostituzionali: “svastiche, saluti romani e simboli del nazifascismo sono sbandierati con un’intollerabile nonchalance ad ogni loro manifestazione, in un paese che, almeno a quanto afferma la Costituzione, vieta la ricostituzione, in qualsiasi forma, del disciolto partito fascista”.
D’altra parte, perché dovrebbero cercare di nascondere o di camuffare qualcosa di cui – grazie al lavoro di governi, partiti politici e mezzi di informazione – non bisogna (più) vergognarsi?
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