Siamo abituati al Gramellini civile e sorridente sulla poltroncina di Fabio Fazio. Al vicedirettore de La Stampa maestro di buone maniere, composto spargitore di lacrime di commozione umanitaria. La sua immagine nasconde al meglio un animo niente affatto altrettanto civile.
Il suo “Buongiorno” di oggi ci riporta di botto al tempo in cui il suo giornale, con molte ragioni, veniva chiamato la “busiarda” (la bugiarda) dagli operai torinesi. Se la prende con i magistrati romani che hanno scarcerato due dei quattro rom a bordo dell’auto che ha falciato una settimana fa nove persone, uccidendo una donna filippina e mandando all’ospedale molte altre.
Ci sembra il caso di riportarlo integralmente:
Immaginate cosa starà pensando il capo della Mobile di Roma a proposito dei fratelli rom che hanno falciato nove passanti uccidendone una. Cinque giorni per trovarli e appena due per liberarli, ecco cosa starà pensando. Già scarcerato Samuel, il maggiorenne, perché le testimonianze autorevolissime degli altri familiari concordano nell’addossare tutte le responsabilità sul minorenne, destinato a pene più lievi. Davvero strano l’equipaggio di quell’auto, a cui il giudice attribuisce tanta credibilità. Un diciassettenne senza patente al volante di una vettura senza assicurazione che al posto di blocco si fa prendere dal panico e schiaccia il pedale dell’acceleratore credendo si tratti del freno: e non per un attimo, ma per un chilometro intero. La moglie, minorenne come lui, che si prodiga per addestrarlo a un uso corretto della pedaliera. Un padre malato di cuore, forse, che vive in una roulotte infestata dai topi eppure possiede un ingorgo di macchine. Infine Samuel, questo bravo ragazzo che si guarda bene dal soccorrere gli investiti e rimane alla macchia cinque giorni, ma solo per non lasciare il fratellino in balia dei propri fantasmi. E’ una favola ingegnosa, alla quale sembrano credere soltanto quelli che lo hanno rimesso in libertà.
Chi ha applicato la legge col paraocchi è consapevole che a Roma c’è un quartiere blindato, dove i fascisti di Casa Pound soffiano sull’animo risentito degli abitanti? I fomentatori di odio ringrazieranno per il pacco dono di una liberazione immediata che si fa beffe del senso comune e delle forme elementari di prudenza. Se esiste un sistema legale per fomentare il razzismo, questa decisione lo ha brevettato.
Un distillato di razzismo perbenista (“le autorevolissime testimonianze degli altri familiari”) su cui sorvoliamo per concentrarci invece sul modo in cui Gramellini considera i media e la legge. Esplicitamente accusa i giudici di “fomentare il razzismo” scarcerando due persone che avrebbero dovuto invece restare in galera, secondo lui, per rispetto del “senso comune e delle forme elementari di prudenza”.
E’ il caso di ricostruire la successione degli avvenimenti. Un incidente stradale gravissimo – come centinaia di altri – su cui i media nazionali (La Stampa compresa) hanno montato decine di pagine e ore di telegiornali (talk show, ecc) enfatizzando all’estremo il fatto che gli investitori fossero dei Rom.
Ogni cittadino di questo paese è stato “allarmato” a dovere, e invitato a domandarsi “come facciamo a ridurre il pericolo rappresentato dagli zingari?”. Sulla base di questa campagna i fascisti di CasaPound (il nuovo servizio d’ordine del leghista Matteo Salvini) hanno messo insieme una gazzarra di quartiere molto monitorata dagli stessi media. Mentre gli antirazzisti e antifascisti che cercavano di contrastarli venivano ripetutamente caricati dalla polizia, evidentemente per lasciar loro campo libero.
Se c’è insomma qualcuno che che “fomenta il razzismo” sono i media di regime, che utilizzano al meglio l’assenza di qualsiasi iniziativa di “governo” (nel senso nobile del termine) della presenza di Rom, migranti e quant’altro. Sarà il caso di ricordare che la Gran Bretagna ospita “zingari” in numero doppio rispetto a quelli residenti in questo paese; ma non se ne sente parlare su alcun media britannico perché sono gestiti e governati. Il problema della loro presenza è stato evidentemente elaborato come un problema politico che lo Stato deve affrontare e risolvere, mettendo in campo varie politiche convergenti (casa, lavoro, istruzione, repressione, ecc).
Qui si aspetta “l’incidente” o lo si provoca (ricordate i fatti di Tor Sapienza?) per scatenare un’emergenza”, in modo da avviare un business o affidare un appalto in deroga alle normative. Il razzismo viene fatto crescere, e addirittura protetto con la polizia, perché è un modo di governare facile, sicuro, redditizio. Privatizzato, ma a spese della collettività.
Gramellini lo sa benissimo, almeno quanto lo sappiamo noi. Ma avrebbe preferito vedere in galera due innocenti per quel reato – non dei “santi”, ma in questo specifico caso “non colpevoli” – pur di indicare un colpevole di “fomentare il razzismo” diverso dal suo giornale e dai suoi amati colleghi.
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