Centinaia di soldati britannici sono pronti ad andare in Libia come parte della missione militare internazionale tesa a “stabilizzare” il paese nordafricano e combattere le milizie dell’Isis. Ufficialmente la missione Eunavformed ha l’obiettivo di contrastare il traffico di esseri umani nel Mediterraneo, ma, secondo quanto rivela il quotidiano inglese The Times, “Il personale militare di Italia, Francia, Spagna, Germania e Stati Uniti potranno anche prendere parte ad un’operazione che sembra destinata ad essere attivata una volta che le fazioni in lotta rivali all’interno Libia decidano di formare un unico governo di unità nazionale”.
Dopo la firma dell’accordo due settimane fa a Skirat, in Marocco, la settimana prossima il mediatore dell’Onu, Bernardino Leon, proverà a far partire la discussione sugli “allegati” dell’accordo. Il che significa iniziare a discutere della formazione del nuovo governo, selezionare il primo ministro, i due vice-premier e il consiglio di presidenza che poi guiderà il governo. Il problema, e non è un piccolo problema, è che il governo di Tripoli, espressione di milizie vicine ai Fratelli Musulmani, non ha firmato l’accordo. L’operazione militare di “stabilizzazione” a questo punto non può che diventare una missione di sostegno militare ad una delle fazioni libiche – quella di Tobruk – contro un’altra fazione – quella di Tripoli.
Secondo i documenti riservati del Comitato Militare Europeo, diffusi a fine maggio da Wikileaks, non si tratterebbe affatto di una missione per contrastare il fenomeno dell’immigrazione clandestina, ma di una vera e propria operazione militare condotta in profondità nel territorio libico con lo scopo di distruggere tutte le reti di trasporto e le infrastrutture. Nei documenti, disponibili online, si parlerebbe esplicitamente di “boots on the ground”, qualcosa di assai diverso da quanto raccontato in questi mesi dai ministri del governo italiano. Non a caso il Comitato militare dell’Unione Europea considera essenziale, una accurata strategia mediatica tesa ad enfatizzare gli scopi dell’operazione e facilitare la gestione delle aspettative.
I documenti riservati svelati da Wikileaks rivelano che nell’operazione militare sarà fondamentale il controllo delle informazioni che circolano sui media a proposito della missione. “Il comitato militare conosce il rischio che ne può derivare alla reputazione dell’Ue, rischio collegato a qualsiasi trasgressione percepita dall’opinione pubblica in seguito alla cattiva comprensione dei compiti e degli obiettivi, o il potenziale impatto negativo nel caso in cui la perdita di vite umane fosse attribuita, correttamente o scorrettamente, all’azione o all’inazione della missione europea”. Quindi il sistema di media/menzogne agirà a pieno ritmo.
Giovedi scorso il Parlamento italiano – con 252 voti a favore e 100 contrari – ha dato il via libera definitivo alla partecipazione italiana alla missione militare europea nel Mediterraneo e in Libia: l’operazione “Eunav-for med”. La missione, sulla base della decisione del Consiglio Europeo che l’ha autorizzata in assenza di decisioni Ue, consente un’operazione militare internazionale europea in Libia con lo scopo di smantellare il giro d’affari sulla tratta di esseri umani. La missione militare si articolerà in tre fasi e vi partecipano in tutto tredici Paesi europei, tutti aderenti alla Ue e alla Nato. Il comando di tutta l’operazione è fissato presso il Coi (Comando Operativo Interforze) situato a Roma presso l’ex aeroporto militare di Centocelle.
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