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Tira aria di governo di polizia. Censura anche su Fedez

Se un governo “prefettizza” l’amministrazione pubblica – tanto le scelte di fondo si fanno a Bruxelles – allora gli strumenti con cui affrontare i problemi sgraditi si riducono a ben poco: repressione e censura. Modello Erdogan, più o meno.

Per ora le botte e gli arresti sono evitati agli artisti, anche se con il tentativo di far condannare Erri De Luca per “istigazione a delinquere” la Procura di Torino aveva fatto un bel passo avanti in questa direzione.

Ora arriva addirittura il ministero dello Sviluppo economico, che pure avrebbe ben altre gatte da pelare (la scalata francese a Telecom non ha provocato lì dentro neanche l’alzata di un sopracciglio…), precipitatosi a negare l’autorizzazione la registrazione come marchio della copertina dell’ultimo album, Pop-Hoolista, di Fedez. Un banale passaggio burocratico, al pari della registrazione alla Siae, obbligatorio per difendere dal plagio una qualsiasi “opera dell’ingegno”.

La denuncia della censura è partita dallo stesso rapper, che sul suo profilo feisbuk ha postato la notizia:

IL MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO ha dichiarato FUORILEGGE la copertina del mio album!
Un’azione che, a esser buoni, ha il sapore dell’ottusità retrograda e, a voler essere maliziosi, puzza di censura: limitare l’espressione altrui è da sempre l’ultima spiaggia di chi non ha nulla da dire.
Paese delle meraviglie ma io non mi meraviglio!

A seguire un video in cui si dilunga maggiormente sulla questione insieme al suo avvocato, spiegando che in una comunicazione arrivata dagli uffici di via Veneto si boccia la fotocopertina perché di contenuto “contrario all’ordine pubblico perché è ritratto un poliziotto e al buon costume perché vomito un arcobaleno”.

Fedez non è un pericoloso rivoluzionario, ma un attento osservatore della realtà quotidiana vissuta dalle giovani generazioni, il ui rapporto con la polizia è sempre più problematico. Il numero di ragazzi (la definizione ormai arriva a coprire anche i quarantenni…) uccisi, pestati, massacrati nelle questure e nelle caserme è in aumento continuo, e solo il timore delle famiglie spesso riduce il numero totale dei casi fatti conoscere al grande pubblico. Logico dunque che i poliziotti (di qualsiasi polizia, in Italia ne abbiamo molte) non siano ai vertici del gradimento giovanile…

C’è anche della furbizia commerciale, naturalmente, perché l’hashtag #hocompratounalbumillegale è schizzato in un attimo ai vertici delle classifiche Twitter, anticipando quelle delle vendite (qualsiasi sarà la copertine finale “ammessa” dal Mise).

L’Italia ha una lunga storia di censure codine e bigotte (tutti ricordano gli ostacoli a Dio è morto di Francesco Guccini, oppure a 4 marzo 1943 di Lucio Dalla, colpevoli di “pronunciare il nome di dio invano”. Omaggi al Vaticano da parte della Rai guidata da Bernabei, certo. Ma non sono mancate neanche le censure per motivi decisamente più laici. Per esempio l’espulsione di Dario Fo e Franca Rame dalla conduzione di Canzonissima, nel 1962, per uno sketch in cui un costruttore edile si rifiutava di adottare misure di sicurezza prescritte dalla legge, preferendo di gran lunga veder crepare i suoi muratori.

E’ però la prima volta, a nostra memoria, che una censura si esercita “in difesa dei poliziotti”. Non accadeva neanche negli anni ’70, quando nel conflitto durissimo d’allora qualche poliziotto effettivamente poteva farsi male o perdere la vita. Ma ora…

Il Mise si arrampica naturalmente sugli specchi, affidandosi alla “comunicazione”. “I contenuti, ed in particolare l’immagine di un poliziotto che sembra picchiare un personaggio che sta vomitando, sono sembrati all’Ufficio italiano dei marchi e dei brevetti come non rispondenti alla normativa che regola la tutela dei brand”. Il riferimento è al Codice della proprietà industriale, contenuto nel decreto legislativo n.30 del 2005. Nell’articolo 14 si precisa che “non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d’impresa i segni contrari alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume”.

Il burocrate ragiona secondo schemi obbligati, fissati dall’esterno (leggi e regolamenti). Dunque, di fatto, non ragiona. La otivazione addotta, infatti, è un’ammissione esplicita: sì, abbiamo censurato l’immagine di Fedez perché “contraria all’ordine pubblico”.

Nell’epoca dei governi dei prefetti, anche un Fedez può seminare sconcerto…

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