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Rompere con l’euro e l’Unione Europea, un tema ormai ineludibile

Si è tenuto sabato scorso a Roma un interessante dibattito, organizzato dall’Associazione per la Ricostruzione del Partito Comunista, su “Euro ed Unione Europea. Liberiamo i popoli!”. Un’iniziativa di discussione e di approfondimento, quella svoltasi nei locali dell’Associazione “Esquilino Domani”, schierata apertamente all’interno del campo rappresentato da quel pezzo del movimento comunista e di sinistra che contesta l’Unione Europea e l’Euro, considerando l’architettura istituzionale continentale e la moneta unica come i responsabili principali, i mandanti dell’involuzione democratica e dell’abbattimento dei diritti e delle condizioni di vita dei lavoratori di tutta l’Europa, in particolare dei popoli dei paesi sottoposti ad anni di ‘pilota automatico’ da parte della Troika.

Una posizione frutto di un lungo dibattito all’interno del Partito Comunista d’Italia e di altre aree della sinistra comunista influenzata, a detta degli stessi promotori, dall’involuzione del contesto europeo a partire da quanto avvenuto in Grecia nell’ultimo anno, irrigidimento autoritario attualmente in atto anche in relazione alla vicenda portoghese che non lascia dubbi sulla possibilità di riformare l’Unione Europea e di creare quella ‘altra Europa’ che sembra invece continuare ad essere l’obiettivo della sinistra europeista.

“È a tutti chiaro che il processo di costruzione in atto dell’Unione europea – con le sue politiche iper liberiste , anti operaie  e antidemocratiche – sovraordina e segna la fase sociale e politica che viviamo. Ed è, dunque, di decisiva importanza approfondire l’analisi sull’Euro e sull’Unione europea, al fine – soprattutto – di organizzare le risposte e le lotte necessarie” ha affermato Manuela Palermi nella sua introduzione che ha auspicato una discussione seria, non dogmatica.

Per tutto il pomeriggio si sono alternati gli interventi degli esponenti politici e degli economisti invitati a partecipare, a partire dalla relazione introduttiva di Vladimiro Giacché che a partire da una lucida ricostruzione sulla genesi dell’Unione Europea e sui principali cardini sulla quale si fonda quello che aspira ad essere un attore attrezzato della ‘competizione internazionale’ ha fornito ai presenti una utile traccia di discussione.

Dopo Giacché sono intervenuti Marco Santopadre (Rete dei Comunisti), l’economista Emiliano Brancaccio, l’economista Alberto Bagnai (che ha rimproverato alla sinistra di aver finora in gran parte ignorato gli evidenti segnali sul carattere antipopolare dell’Ue e dell’Euro), l’esponente di Rifondazione Comunista Ugo Boghetta, l’economista Antonella Stirati ed altri ancora.

Giorgio Cremaschi (Ross@) ha puntato il dito contro la paura che impedirebbe alla sinistra di portare avanti con determinazione una irrimandabile battaglia contro non solo l’Euro, ma anche contro i trattati e la volontà politica delle classi dominanti che usano la moneta unica come una clava contro i diritti sociali e il welfare state. A detta di Cremaschi occorre smettere di considerare l’Unione Europea come l’ambito naturale della battaglia politica, visione assai in voga nella cosiddetta sinistra radicale, ma bisogna cominciare a pensare all’Ue come al nostro principale avversario politico, senza mai dimenticare il ruolo che la Nato svolge sul fronte militare.

In attesa – speriamo – della pubblicazione di almeno alcuni degli interventi della giornata, segnaliamo anche la chiusura affidata a Bruno Steri, che per stessa ammissione del membro del Comitato Politico del Prc ha modificato il proprio giudizio sulla vicenda europea a partire dall’esplicitarsi del carattere irriformabile del blocco capitalista continentale manifestatosi nella sua pienezza attraverso i brutali diktat opposti da Bruxelles e Francoforte alle richieste del governo greco che pretendeva di modificare alcuni parametri della governance dell’Ue dopo la vittoria elettorale di Syriza. Steri ha invitato i presenti anche a tener conto della novità rappresentata dalla lettera indirizzata alla sinistra europea dall’ex esponente socialdemocratico tedesco Oscar Lafontaine che, insieme al francese Melenchon, all’italiano Fassina e al greco Varoufakis, propone l’irrinunciabilità di un ‘piano b’ di fronte all’impossibilità di determinare una svolta democratica nell’Ue a partire dal negoziato tra governo continentale e governi nazionali.

Segnaliamo anche l’intervento dell’ex senatore del PdCI Luigi Marino, che ha invece difeso quella che è stata la linea del suo partito fino ad un certo punto, basata sul fatto che l’uscita dall’Ue e dall’Eurozona comporterebbe per l’Italia e per la classe lavoratrice in particolare più danni che risultati positivi. Il compito dei comunisti, fin quando l’Unione Europea resterà in piedi, ha affermato l’ex senatore, è quello di lottare dall’interno per ottenere migliori condizioni per le classi popolari, evitando quello che è stato descritto come un “salto nel buio” (la rottura con Bruxelles) le cui conseguenze sarebbero assai gravi.

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