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Il limite della vergogna non esiste per i Folli di Repubblica

Un giornale che ha inventato quel “capolavoro di democrazia” che si chiama Matteo Renzi. Che ogni giorno deve fare i salti carpiati sulle proprie stesse premesse per continuare a sostenere un governo composto da clan in guerra reciproca, senza alcun interesse per l’interesse pubblico. Che deve tacere o sminuire le cose più inguardabili che la classe dirigente e il suo stesso editore combinano. Un giornale così dovrebbe stare attento a quel che scrive e consigliare prudenza ai suoi opinion maker, gli stessi che hanno tessuto a lungo le lodi di questo o quel futuro premier, fin quando non si sono ritrovati costretti a mollarlo.

E invece no. Maramaldo si rivela quando, invece di fare le pulci al potere – secondo la lezione del giornalismo british – ci si dedica a infangare i deboli, i marginali, gli outsider.

Stefano Folli, firma famosa ma non per questo prestigiosa, su Repubblica di ieri, ha comunque sorpassato il limite dell’indecenza:

“I centri sociali, non sappiamo quanto infiltrati dalla camorra, si sono messi al servizio di un gioco politico distruttivo”.

Mr Folli dovrebbe sapere bene, visto il mestiere che fa, che la camorra e le mafie stanno sempre al governo, mai all’opposizione. Questione di affari, è notorio. Solo stando al governo – a Roma come nell’hinterland di quallsiasi città – si possono arraffare appalti, concessioni, nomine, finanziamenti di opere inutile o persino anche utili.

Folli sa, o dovrebbe ricordare, che alle primarie napoletane del Pd, la camorra ha appoggiato il candidato renziano doc, addirittura per sbarrare la starda a un ex amministratore non particolarmente “controcorrente” come Bassolino. Ci sono filmati che hanno fatto il giro d’Italia e dintorni, spammati anche dal suo stesso giornale. Diificile dimenticare…

Se dunque Folli si è abbassato fino al punto da infilare un’insinuazione gratuita dentro un discorsetto pro Renzi (e il commissariamento di Bagnoli), contro Luigi De Magistris e i Cinque Stelle, significa che di argomenti politici non ne sono rimasti. E’ un segno di crisi, oltre che di prepotenza. Niente altro.

Non sappiamo quanto il Pd sia infiltrato dalla camorra o da qualche altra mafia. Ma di sicuro ci sono molte inchieste, anche “arrivate a sentenza”, che stanno lì a dimostrarlo. Se Folli sapesse fare il mestiere di giornalista, anziché il trombettiere del governo, se ne sarebbe ricordato per tempo. E avrebbe intinto la penna in un altro veleno, ne siamo certi.

Così, invece, si rivela come un aspirante Maramaldo. Uno dei tanti che affollano le redazioni, neanche il più lucido.

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1 Commento


  • Roberta

    Ma quella di ribaltare l’accusa verso chi si oppone è una vecchia tecnica mafiosa per screditare chi non tace e, a quanto pare, a la Repubblica l’hanno ben imparata. La famosa macchina del fango che serve proprio a distogliere l’attenzione da chi mafioso lo è davvero.

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