Cronache dall’Italia saudita…
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Alla cronista di Radio Popolare Flavia Mosca Goretta è stata inflitta una sanzione di 100 euro per aver raccontato una giornata di mobilitazione del movimento No Tav contro un cantiere. La sua radio e il sindacato dei giornalisti Fnsi denunciano il caso: “è la negazione del diritto di cronaca”. “Si vuole ridurre il giornalismo a registrazione burocratica di fatti elencati da terzi”. “Nessun bavaglio a chi lavoro su temi di pubblico interesse e rilevanza sociale”.
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Cento euro di sanzione per avere cercato una notizia in un cantiere No Tav, mentre il movimento si riuniva alla Baita Clarea per un pranzo. Dopo, gli attivisti decisero di tornare alle recinzioni che proteggevano il cantiere, per continuare a tagliarle. Un atto di protesta contro le grandi opere. La cronista di Radio Popolare, Flavia Mosca Goretta, è stata condannata ieri dalla Corte di Cassazione che ha confermato una precedente sentenza del tribunale di Torino. “Si era introdotta nell’area interdetta per acquisire notizie utili, pur potendole acquisire anche diversamente”. In altre parole, stava facendo il suo mestiere di giornalista ed esercitava il suo principale strumento: il diritto di cronaca.
Invece di apprendere la notizia dai soggetti protagonisti dell’azione, o dai responsabili delle forze dell’ordine intervenute sul cantiere “con idranti e lacrimogeni” (così si ascolta nel servizio di Goretta ripubblicato ieri da Radio popolare), la giornalista ha osservato di persona gli eventi. In questi casi, come tutti in fondo, lo sguardo terzo del giornalista permette di appurare i fatti. Le dichiarazioni, e le ricostruzioni dei soggetti implicati nei fatti, vengono dopo. E sono utili per rafforzare la cronaca, con il loro punto di vista. Ciò che conta, tuttavia, è l’esperienza diretta del giornalista che può – autonomamente – farsi un giudizio, verificare l’accaduto, valutare le altre ricostruzioni, decidere l’ordine delle notizie. L’unico torto di Goretta è, a quanto sembra, averlo esercitato in quella che a Torino viene intesa come una “zona off limits”: a chi fa il giornalista, come a chi non è d’accordo con la costruzione delle grandi opere.
Già condannata in primo grado dal Tribunale di Torino, Goretta è protagonista di un caso che riduce il giornalismo a una registrazione di punti di vista e di fatti riportati da terzi, senza la possibilità di verificarli direttamente. In altre parole, è vittima della negazione di uno degli elementi del giornalismo, anche deontologico: descrivere oggettivamente i fatti per come il cronista li ha visti svilupparsi. Il rischio, ora, è la giurisprudenza. Se, infatti, la condanna fosse confermata il lavoro di coloro che seguono i movimenti, raccontandone le intenzioni, i progetti, le azioni, potrebbero subire la stessa sanzione. “Solo perché invece di fare un passo indietro, per amor di cronaca, non si fermano di fronte a un divieto, ma lo superano. Come ha fatto la nostra Flavia – scrive Michele Migone, direttore di Radio Popolare – Come farebbe ogni cronista che ama il suo mestiere. Il messaggio che manda la Corte di Cassazione è molto pericoloso ma non credo che cambierà il nostro modo di lavorare”.
La sanzione è esigua, ora il rischio che questo sia un precedente. “Esiste un diritto di cronaca che non può essere limitato e confinato e che richiede che il giornalista sia là dove le cose succedono anche superando barriere, steccati e zone rosse” sostiene il Comitato di redazione di Radio Popolare.
“È incomprensibile la decisione della Corte di Cassazione di confermare la condanna – sostiene il segretario del sindacati dei giornalisti Fnsi Raffaele Lorusso e il presidente della Fnsi, Giuseppe Giulietti – In attesa di leggere le motivazioni della sentenza – spiegano i vertici del sindacato dei giornalisti – desta preoccupazione che i giudici della Suprema Corte abbiano rifiutato la richiesta di annullare il pronunciamento del foro piemontese riconoscendo, in pratica, un limite al diritto dei cittadini ad essere informati in maniera completa e corretta. Restiamo convinti che nessun bavaglio possa né debba essere imposto a chi lavora per fornire ai cittadini notizie utili su temi di pubblico interesse e di rilevanza sociale”.
da http://ilmanifesto.info
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Daniele
Sai che novità che i giudici sono fascisti ed asserviti al potete politico, ma dove sono ora le “anime belle” della legalità, del “difendiamo i giudici”, del Fatto quotidiano che con le cronache giudiziarie ce li ha rotti? Già dove sono se non sotto un palco do Beppe Grillo? Qualunquismo di Massa! Era il sogno del direttore del giornale “Il Borghese”!