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Appesi agli exit poll

Bisognerà attendere domattina, magari nelle prime ore, per sapere com’è andata davvero nelle grandi città italiane. Gli exit poll sono la rilevazione più inattendibile che esista, in Italia, da alcuni anni. Aggravata dal fatto che tutti gli istituti di rilevazione – teoricamente concorrenti per fornire il dato più preciso – in realtà fanno “pratica di cartello” per non dare numeri diversi gli uni dagli altri. Di fatto, danno tutti gli stessi numeri per non correre il rischio di  dare in solitudine, ognun per sé, cifre lontanissime da quelle che poi vengono registrate dallo spoglio delle schede.

Con questa premessa, comunque, si profila un vantaggio straordinario per De Magistris a Napoli e per la candidata del Cinque Stelle, Virginia Raggi, a Roma. Molto più netto, bisogna dire, per il sindaco uscente della città partenopea, che  intorno a mezzanotte sembra quasi avvicinare l’obiettivo dalla vittoria al primo turno, visto che la sua “forchetta” oscilla tra il 43 e il 47%. Sarebbe un risultato straordinario – se confermato – che testimonia come sia una intera città (pur scontando un astensionismo record) a esprimere un’opposizione radicale al governo Renzi e alla destra.

Interessante il dato romano, dove il renziano Giachetti sembrerebbe avvantaggiato sulla Meloni per andare al ballottagio, pur con uno scarto elevatissimo rispetto ai Cinque Stelle. Il pessimo risultato del palazzinaro Alfio Marchini, infatti, era stato di fatto annunciato negli ultimi giorni; bande di berlusconiani era date in migrazione verso il candidato del Pd, anticipo di quel che potrebbe avvenire al ballottaggio.

C’è da dire che su questo punto Contropiano ci aveva visto lungo quando scriveva che sarebbe stato di fatto molto complicato convincere gli elettori storici del Pd a votare poi per un candidato esplicitamente di destra, addirittura fascista (la Meloni). Mentre sarebbe stato molto più semplice dirottare voti di destra sul candidato Pd.

A Milano, vera capitale della destra, gentrificata al punto che “i milanesi” costituiscono ormai un’entità astratta, Sala (l’uomo dell’Expo voluto da Renzi) e Parisi, il suo gemello sostenuto da Berlusconi e Lega (più gli alfaniani di Lupi) se la giocano alla pari.

A Torino, invece, sembra in difficoltà estrema Piero Fssino (Pd), dato intorno al 40%, mentre la candidata dei Cinque Stelle, Appendino, viene data intorno al 30. Qui potrebbero diventare decisivi al ballottaggio  i voti ricevuti da Giorgio Airaudo (Sinistra Italiana, ex segretario nazionale della Fiom).

La conferma del tracollo generale del Pd arriva però, poco dopo mezzanotte, dalle prime proiezioni (dati reali, dunque) di Bologna, storicamente città tra le più organizzate per lo spoglio delle schede. Merola, il candidato Pd che sembrava dovesse essere riconfermato al primo turno, scende invece al 36,6%, un record negativo assoluto per l’ex partitone emiliano. Per il secondo posto che porta al ballottaggio sono invece dati praticamente alla pari la candidata della destra e quello dei Cinque Stelle, con una buona prestazione anche del candidato della sinistra ex radicale.

Nell’insieme, pur nell’incertezza totale di exit poll inaffidabili, sembra profilarsi un primo turno che boccia seccamente le politiche della Troika applicate da Renzi. Nonostante il monopolio tv e media mainstream, infatti, sempre meno elettori si fanno abbindolare da promesse e battutine.

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