Dopo la presa per i fondelli (ad opera del Ministero dell’istruzione) le cariche della polizia. A Napoli, stamattina, in piazza Plebiscito stavano manfestando i docenti coinvolti nel caos totale provocato da un “algotimo impazzito” utilizzato per decidere i trasferimenti degli insegnanti.
“La polizia a un certo punto ha indossato i caschi, come in assetto antisommosa, e ci ha messo le mani addosso”, hanno denunciato alcuni professori.
Lo zelo poliziesco è in questo caso rivelatore della considerazione in cui questo Stato tiene i suoi diversi dipendenti: le “forze dell’ordine”e i militari sono l’unico comparto in cui, negli ultimi sette anni, il blocco contrattuale sia stato sistematicamente aggirato (sono fuori anche dalle regole pensionistiche introdotte dalla “legge Fornero, d’altro canto). Quindi c’è un non so che di ”riconoscenza” particolamente odioso in una carica di pliziotti contro degli insegnanti (ormai con stipendi inferiori a quelli dei loro manganellatori…).
Nonostante la canicola agostana, oltre 200 “depeortati” si erano radunati davanti alla Prefettura – il rappresentante del governo in città – per protestare contro trasferimenti a centinaia di chilometrid di distanza (in genere al Nord), nonostante punteggi elevati che avrebbero dovuto garantire destinazioni più abbordabili per docenti con dieci o quindici anni di attività alle spalle, quindi già avanti con gli anni (nessun sale più in cattedra prima dei 30 anni di età, ormai) e con famiglie sulle spalle.
Protesta identica si è svolta anche a Palermo. Del resto, la quasi totalità degli insegnanti “deportati” d’autorità è originario del Mezzogiorno.
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