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Scalfari e Minniti: l’abbraccio di due colonialisti impenitenti

Franco Berardi Bifo ha scritto a Minniti chiedendo un trattamento analogo a quello del cittadino Eugenio Scalfari, il quale, rivoltosi alla segreteria del ministro per una “questione personale”, era stato, pochi secondi dopo, contattato telefonicamente dallo stesso Minniti. Nella telefonata Il ministro aveva disquisito sui meriti del nonno di Scalfari, professore di liceo a Vibo Valentia, sollecitando la curiosità dell’interlocutore. “Gli chiesi la ragione di questo suo interesse. Lui rispose che i calabresi si aiutano individuando i migliori tra di loro e seguendone gli insegnamenti e la cultura”.

Bifo, ahimé, si dice calabrese ma è nato a Bologna. Questo fa la differenza: sbaglia a pretendere da Minniti l’interessamento che ha avuto Scalfari. Il quale. invece, il giorno dopo è stato ricevuto al Viminale, ed ha parlato del viaggio del ministro in Libia.

Scalfari ha chiesto “quali erano i rapporti con i capitribù e che tipi erano quegli africani“. Minniti ha testualmente ha risposto:

Persone degne della massima considerazione. Guidano le loro comunità cercando di suscitare in loro sentimenti di fratellanza che superino le rivalità che spesso dividono tra loro le famiglie. Da quello che ci risulta questa azione moralmente e socialmente molto importante ha avuto con ciascuno di loro pieno successo nelle rispettive tribù. Il guaio è che loro hanno colloqui frequenti con la persona che è il capo dello Stato in cui le loro comunità vivono ma ci parlano singolarmente e quindi con uno scarso potere rappresentativo. Nella convocazione che ci ha fatto incontrare io ho suggerito a ciascuno di loro e a tutti insieme di mettersi d’accordo, costituire una vera e propria confraternita politico-sociale e andare tutti insieme, ogni volta che ce n’è bisogno, a parlare con le autorità politiche dello Stato in cui vivono e in quelli limitrofi perché queste tribù sono piuttosto estese. Hanno molto gradito questo suggerimento e dovrebbero ora effettuarlo. La contropartita da parte nostra, cioè dell’Italia e dell’Europa, sarà quella di aiutarli con capitali adeguati e imprese adeguate ad avviare uno sviluppo notevole dell’economia di quei territori. Abbiamo anche fatto delle cifre e abbiamo anche previsto – se necessario – che l’Italia mandi un contingente militare di qualche centinaio di giovani i quali abbiano il solo compito di controllare che i patti tra le tribù e i governi vengano rispettati e le persone più disagiate, quelle pronte a trasformarsi in fuggitivi con tutti i malanni che questa situazione comporta, si siano adeguatamente forniti di lavoro e del relativo benessere che da quel lavoro può scaturire. Vedremo il seguito e l’applicazione concreta, ma le basi fondamentali ormai ci sono“.

Riassumendo, Minniti ha incitato le tribù da costituire “una vera e propria confraternita politico-sociale” promettendo in cambio capitali, imprese, posti di lavoro, benessere, nonché qualche centinaio di giovani militari “i quali abbiano il solo compito di controllare che i patti tra le tribù e i governi vengano rispettati

Travolto forse dall’acume del ministro e dall’efficacia delle sue iniziative di politica estera, Scalfari non ha commentato. “Ci siamo promessi di rivederci presto. Da calabresi, naturalmente“.

Bifo anche qui si è sbagliato. Ha scritto a Minniti: “il governo che Lei rappresenta insieme agli altri paesi del benefico continente europeo intende usare quel paese come un enorme campo di concentramento nel quale i suoi amici libici, dietro compenso, si incaricano di incarcerare violentare uccidere schiavizzare e sfruttare quei giovani quelle donne e quei bambini che il colonialismo della sua razza ha consegnato alla miseria e alla disperazione“. E, inutilmente, ha aggiunto: “Qualche giorno fa alcune decine di persone, in maggioranza bambini, sono morti annegati nel canale di Sicilia perché alcuni agenti libici, in esecuzione delle sue richieste, hanno sparato a un gommone che si stava dirigendo verso il nostro (bianchissimo) continente“.

Una cosa giusta però Bifo l’ha detta: a Minniti e a Scalfari queste cose “non fanno né caldo né freddo“. Basta abbracciarsi celebrando il fascino discreto della borghesia. Ma la Calabria che cosa centra?

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1 Commento


  • Manlio Padovan

    Ma quando Minniti era nel PCI ha mai dato segni di essere un controrivoluzionario? Da che parte stava? Era pure lui un seguace di Napolitano? Gli ipocriti possono essere certo molto bravi a nascondersi; pèrò un occhio attento intravede la falsità.
    C’è qualcuno che lo sa?
    Grazie per la risposta.

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