Qualcuno a Napoli, riguardo De Magistris, inizia a pensare che l’ANM – l’azienda del trasporto pubblico napoletano – rappresenterà ciò che la munnezza ha rappresentato per Bassolino. Ovvero che ne verrà rovinosamente travolto, con serio rischio del proseguimento della sua vita politica.
In effetti appare sempre più un rompicapo la soluzione dell’affare ANM.
Appena a marzo di quest’anno era stato presentato, dall’azienda presieduta allora dal poi dimissionario Ramaglia, un piano industriale che già al tempo aveva incontrato l’opposizione di praticamente tutti i sindacati di categoria. Piano definito “lacrime e sangue”, che prevedeva un forte ridimensionamento del pubblico a favore di appalti esterni e vendite/svendite del patrimonio aziendale, tagli alle corse e ai servizi e l’aumento delle tariffe. Gli altri sindacati si erano poi accordati lasciando solo l’USB a contestare l’accordo.
Ma evidentemente tutti i nodi vengono al pettine…
Appena sei mesi dopo, quell’accordo e il relativo piano industriale, sono ritenuti insufficienti. I conti parlano di una azienda tecnicamente fallita e le soluzioni proposte questa volta dal management aziendale e dal comune di Napoli sono ancora più penalizzanti per gli utenti e per i lavoratori dell’azienda.
Si pensa allo straordinario obbligatorio per ovviare alla mancanza di personale, alla cessione delle linee extraurbane dei paesi limitrofi a ditte private, al taglio delle corse.
Nel frattempo il piano industriale continua ad essere riscritto in più parti rendendo palese la confusione dei vertici aziendali e della stessa amministrazione comunale.
L’impressione è che si andrà sempre peggio fin quando non verranno aggrediti i motivi politici che hanno portato sull’orlo del fallimento l’azienda di trasporti pubblica di Napoli. Ovvero fin quando si cercherà di risolvere le cose con alchimie tecnico–finanziarie e con la mera gestione dei conti.
Il problema è dannatamente politico. Soprattutto politico. E dopo, solo dopo, si è trasformato in problema economico-finanziario.
La causa prima è da ricercarsi nel taglio dei fondi dello Stato centrale agli enti locali. Ciò ha portato a gravi difficoltà del trasporto pubblico locale in tantissimi comuni (soprattutto quelli medio-grandi).
Figuriamoci in una metropoli come Napoli, capitale della disoccupazione e la cui amministrazione fa già fatica a far quadrare i conti delle spese correnti.
Non solo: in questi anni il Comune di Napoli non è stato supportato in nessuna maniera dal Governo centrale o dalla Regione Campania, ma addirittura è stato discriminato, nel trasferimento di fondi pubblici, rispetto ad altre realtà territoriali (ricordiamo i “patti con le città” dell’ultimo Renzi, con Firenze e Milano ad incassare rispettivamente il triplo e il quadruplo dei fondi destinati a Napoli).
Il problema è politico e nazionale e non potrà essere risolto dal solo Comune di Napoli. Impossibile.
Hanno ragione con tutta evidenza quei sindacalisti dell’Usb che invitano alla creazione di un tavolo Governo-Regione-Comune perché il trasporto pubblico è un diritto da garantire secondo i dettami della costituzione e l’ANM non può essere trattata come una normale ditta in fallimento. Occorre salvare l’azienda tagliando gli sprechi, colpendo i privilegi, razionalizzando e ottimizzando tutto il possibile, ma non si può pensare di indebolire ulteriormente il servizio (già vergognoso) o di cedere ai privati. Il trasporto pubblico deve rimanere pubblico e Governo e Regione devono dare una mano.
E’ assurdo pensare che la terza città d’Italia abbia un servizio di mobilità così carente e che ciò non sia un problema nazionale.
La Giunta comunale e il Sindaco devono parlare chiaramente. Impossibile salvare l’Anm con criteri puramente economici o finanziari. Il governo deve intervenire, in concerto con la regione Campania e stanziare i fondi necessari per la stesura di un nuovo Piano Industriale.
Le dichiarazioni antisciopero, la settimana scorsa, rivolte dal sindaco ai lavoratori della mobilità, non lasciano purtroppo sperare in nulla di buono.
De Magistris invece farebbe bene a tornare il “capopopolo” di qualche tempo fa e chiamare la città alla mobilitazione, ricordando magari che la Città Metropolitana ha un avanzo di 500 milioni di euro, che non possono però essere usati per i vincoli di bilancio imposti dal fiscal compact.
Altrimenti, è facile prevederlo, sarà definitivamente travolto.
Stasera intanto presidio Usb dei lavoratori ANM fuori il Municipio per ribadire che il fallimento lo deve pagare chi lo ha prodotto e non chi lo subisce. Chiedono l’unificazione di Anm e Ctp e si dicono contrari a ogni ipotesi di divisione ferro/gomma come previsto dal nuovo Piano. Speriamo che trovino finalmente orecchie pronte ad ascoltarli. A marzo purtroppo era successo il contrario e non è un caso che 6 mesi dopo siamo punto e a capo.
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