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La legalità di Salvini al posto dello Stato

Il Decreto Sicurezza ha ottenuto il via libera anche da parte della Camera dove, dopo le polemiche dei giorni scorsi, il governo ha imposto il voto di fiducia così come aveva fatto al Senato.

Alla Camera i voti favorevoli al Decreto “Salvini” sono stati 336 mentre quelli contrari sono stati 249, Lega e M5S hanno complessivamente 352 deputati. Il ricorso al voto di fiducia era quindi superfluo eppure il governo ha voluto la forzatura su questo provvedimento.

Al Senato il decreto era passato con 163 sì e 59 no, con tre senatori ribelli del M5S che non hanno partecipato al voto. Stessa cosa aveva fatto Forza Italia. I fascisti di Fratelli d’Italia si erano astenuti, mentre PD e LeU avevano votato contro.

Il liberticida Decreto Salvini si appresta così a diventare legge dello Stato, dunque “legalità”. Il Decreto ha accorpato due testi distinti, uno sulla sicurezza l’altro sull’immigrazione.

Il testo prevede 39 articoli, suddivisi in 4 capitoli: misure che vanno dalla abrogazione dell’istituto del permesso di soggiorno per motivi umanitari, alla lenta liquidazione dell’azione degli Spar nella gestione dell’accoglienza, introduce trattenimenti detentivi per i migranti più lunghi nei Cpr, Centri di permanenza per i rimpatri, norme più restrittive per la concessione della cittadinanza. Sul piano esplicitamente repressivo e coercitivo vengono introdotte pesanti pene detentive per i reati di blocco stradale e occupazione di edifici (due forme di lotta sociale e sindacale di grande efficacia), l’estensione dell’uso de taser e dei Daspo nelle città.

Dopo l’approvazione unanime da parte del Consiglio dei Ministri e la firma di Mattarella, entro il 3 dicembre deve arrivare alla Camera anche il voto finale per rendere il decreto Sicurezza legge a tutti gli effetti.

Dunque un decreto che contiene anche a prima vista elementi di incostituzionalità, diventa una legge dello Stato e il presidente “garante della Costituzione” si appresta a firmarlo. La sua attuazione – verso gli immigrati ma anche verso gli operai che magari bloccano una strada contro la chiusura della fabbrica – comincerà a breve ad agire come un clava sulla nostra società.

Si pongono obiettivamente alcune questioni:

1) Alla luce dei dati materiali (numero dei reati, durezza dei conflitti sociali etc.) c’era bisogno, addirittura urgenza, di una nuova legge sulla sicurezza? No. Se in passato le leggi speciali repressive avevano un minimo di rapporto con la situazione reale (vedi gli anni di durissimo scontro sociale nel paese, quando le classi dominanti avvertivano una minaccia al loro potere), oggi la situazione appare completamente rovesciata. Si tratta piuttosto di gestire il controllo coercitivo in una fase di declino e regressione sociale, di bassa conflittualità e diminuzione costante degli episodi di “cronaca nera”. Il clamore dei mass media su alcuni episodi è del tutto strumentale e non può smentire i dati materiali.

In un paese che ha urgente bisogno di infermieri e personale nei servizi, si punta invece ad assumere altri poliziotti, nonostante l’Italia sia già ora il paese europeo con la più alta “densità” di uomini in divisa in proporzione alla popolazione (467,2 poliziotti ogni 10mila abitanti, ci battono solo Russia e Turchia, ndr). L’aver alimentato e trasformato la questione immigrazione in una “minaccia” è stato un atto del tutto pretestuoso; anche su questo versante, infatti, i dati smentiscono “l’allarme” in rapporto alla situazione di qualsiasi altro paese europeo.

2) Questo decreto mette decisamente in soffitta lo spirito costituzionale (chissà se il Presidente della Repubblica se ne è accorto). Non la Costituzione formale – che resta lì come “carta” senza più effetti concreti nella vita del paese – ma lo spirito di quella carta: cioè l’idea che le leggi dello Stato devono in qualche modo aderire ad un logica di uguaglianza dei diritti e di salvaguardia delle garanzie comuni a tutti gli abitanti in un determinato territorio “nazionale”. Inclusi, e non esclusi, coloro che vi arrivano e che sono tutelati dal diritto internazionale fino ad oggi riconosciuto dagli Stati. Inclusi e non esclusi, i cittadini che vedono precipitare le proprie condizioni di vita, di lavoro, di reddito, di salute e non dispongono di soluzioni ai loro problemi da parte delle istituzioni preposte (vedi l’emergenza abitativa o la perdita di posti di lavoro).

Questo decreto, approvato da leghisti e pentastellati, porta invece allo scoperto l’idea di uno Stato a-costituzionale, che non si pone limiti né sul cosa fare né sul come farlo. Quel che conta, per questa sedicente “classe politica”, è adottare il provvedimento che appare più “utile”. Non per risolvere il problema di cui dovrebbe occuparsi, ma per assicurare al governante-legislatore (alla faccia della tripartizione dei poteri…) il consenso sociale di brevissimo periodo. Un governo con l’occhio ai sondaggi, non alle conseguenze dei propri atti per l’avvenire della popolazione.

Se uno dovesse prendere sul serio le “autocertificazioni”, questo dovrebbe essere un governo che ha come ragione fondativa la “lotta contro la povertà”, e invece si è dotato di una legge che dichiara guerra ai poveri, stranieri o italiani che siano. Come? Allontanandoli dalle zone vetrina delle città attraverso il Daspo, arrestandoli e impedendogli di occupare edifici abbandonati o inutilizzati (anche a fini abitativi), condannandoli pesantemente se bloccano una strada per far sentire le proprie ragioni a “chi sta in alto”. in cambio poco o nulla sul piano delle soluzioni sulle emergenze sociali.

Peggio ancora, è un governo che criminalizza, mettendoli per mesi dietro le sbarre, chi scappa dall’inferno, attraversa un inferno e cerca aiuto nel nostro paese, magari solo per transitare e andare nel paese dove vorrebbe andare. Seppellendo, tra gli altri, l’art. 10 della Costituzione, e seppellendo così le garanzie costituzionali che uno Stato dovrebbe assicurare a tutti coloro di cui porta la responsabilità

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