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Il governo dentro una “tempesta perfetta”

Nel bellissimo film la Tempesta Perfetta, nonostante l’equipaggio del peschereccio avesse fatto al meglio tutto quello che poteva fare per uscirne vivo, l’onda finale era troppo alta, al punto che la nave viene ribaltata, portando a fondo tutti.

L’impressione che si ricava dopo la tumultuosa giornata di ieri nelle aule istituzionali, è che l’onda che si è abbattuta sul governo questa volta sia veramente troppo alta per uscirne malconci, ma indenni. Anche perché “l’equipaggio”, in questo caso, non è mai apparso all’altezza dei problemi e strutturalmente diviso in tre (Lega, Cinque Stelle e “garanti verso la UE”).

Il combinato disposto tra l’impennata decisionista del premier Conte sull’agenda politica (il Si al Tav e l’assunzione in prima persona dell’informativa al Senato sul Russiagate che inguaia la Lega), ha fatto saltare tutti i precari equilibri tenuti in piedi fino ad ora.

La diserzione di Salvini e quella dei parlamentari del M5S in aula, al momento del dibattito aperto da Conte sui finanziamenti russi alla Lega, hanno così creato una distanza pesante tra il premier e la sua maggioranza di governo.

La risposta di Salvini oggi alle parole pronunciate da Conte al Senato è tagliente: “Mi interessano meno di zero. Io finchè posso far le cose sto al governo”. Lo stesso Salvini sull’altro capitolo divisivo – il Tav in Val Susa – ha espresso parole che incombono non solo sul clima politico ma anche su quello dei prossimi giorni in Val Susa, dove già per sabato prossimo è stata annunciata una manifestazione No Tav a Chiomonte: “Speriamo non ci siano episodi di violenza. Se ci fossero verranno perseguiti come la legge prevede. Non ammetteremo violenze nei confronti di poliziotti e carabinieri, ce ne sono già state abbastanza”.

Una minaccia esplicita, tanto più che sempre ieri il governo morente si è invece compattato sbirrescamente approvando in via definitiva il “decreto sicurezza bis”.

Dal canto suo è dovuto scendere in campo Luigi Di Maio in persona a precisare la piena fiducia nel premier e il rispetto, che tutto il Movimento, nutre per il capo del governo.

Mentre nel M5S infuria la bufera, Conte ha dato l’impressione di volersi giocare la partita anche per conto proprio. Al Senato ha infatti annunciato  che tornerebbe in Parlamento in caso di una cessazione anticipata del suo incarico. Una sorte di laccio lanciato a tutte le forze politiche sulla necessità/possibilità di un governo da mandare avanti anche con una maggioranza diversa da quella attuale, in nome della ragion di Stato (la Legge di Stabilità da presentare a Bruxelles e da far ingoiare alla popolazione).

Non è difficile scorgere dietro questa affermazione la “manina” del Quirinale (e dei gruppi d’affari sincronizzati con la Commissione Europea), i quali non smaniano per una crisi di governo quanto per un esecutivo che prosegua il lavoro sporco, a cominciare dall’approvazione del Tav fino ai conti pubblici.

Perché è sicuramente vero che i grillini sono disposti a sopportare di tutto pur di non far cadere il governo e tornare al voto. E’ altrettanto vero che Salvini vorrebbe invece il voto anticipato ma non è per nulla certo di ottenerlo (e un qualsiasi altro governo, anche “tecnico”, gli toglierebbe il potere di decidere l’agenda politica sui media e, quindi, il surplus di esposizione che lo gonfia nei sondaggi), e dunque esita a sancire la fine dell’esecutivo.

Ma non è detto che non sia il “terzo governo” – quello dei garanti europei: Conte, Tria, Moavero Milanesi, Trenta – a sparigliare i giochi.

L’onda che si è sollevata si sta rivelando molto alta per tutti.

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