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Retata in Calabria, ma sembra la foto dell’Italia

Il più pulito c’ha la rogna… Il vecchio detto popolare salta alla mente chinandosi sulle notizie provenienti dalla Calabria – dove si vota per l’assemblea regionale, il 26 gennaio, come in Emilia Romagna – che parlano ancora una volta di inchieste giudiziarie che coinvolgono membri della ‘ndrangheta, professionisti, banchieri, politici, poliziotti e magistrati.

Sembra una fotografia della classe dirigente di un paese già finito sotto un treno, senza un solo comparto cui aggrapparsi.

Le inchieste sembrano essere più d’una, il che naturalmente complica alquanto il racconto.

Questa mattina la Guardia di finanza di Crotone ha arrestato tre persone nell’ambito di un’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia chiamata Thomas, con l’accusa di associazione di tipo mafioso, estorsione, abuso d’ufficio, traffico di influenze illecite, omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale, accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico, reati tutti aggravati dalle modalità mafiose.

Le indagini si concentrano su presunte ingerenze della cosca di ‘ndrangheta Grande Aracri in varie attività del Comune di Cutro. Sono stati arrestati Ottavio Rizzuto, presidente del Consiglio di amministrazione della Banca di credito cooperativo del Crotonese, Alfonso Sestito, medico cardiologo al Policlinico Gemelli di Roma e Rosario Le Rose, imprenditore.

Fin qui siamo all’aspetto propriamente “criminale”, che tocca settori professionali importanti (medici di livello, banchieri, imprenditori). Protagonista il magistrato antimafia Nicola Gratteri, che colpisce da anni senza però – sembra – riuscire a migliorare una situazione “ambientale” evidentemente marcia.

Semplici “informazioni di garanzia” sono state invece notificate a Nicola Adamo, ex Vice Presidente della Regione Calabria (ma anche ex parlamentare ed ex assessore regionale del Pd) e Giuseppe Tursi Prato, ex Consigliere Psdi della Regione Calabria della V Legislatura regionale, già condannato nel 2004 per vari reati fra cui quello di associazione mafiosa.

Ma un’inchiesta parallela dello stesso Gratteri, arrivata “per competenza” alla Procura di Salerno, starebbe mettendo sul banco degli indagati almeno quindici magistrati calabresi. A riferirlo è Il Fatto Quotidiano, notoriamente con ottime fonti dentro le Procure.

SI tratta di nomi che occupano ruoli di sicuro peso, come il procuratore di Cosenza, Mario Spagnuolo, indagato per corruzione e corruzione in atti giudiziari; il procuratore aggiunto di Catanzaro, Vincenzo Luberto, che sarebbe accusato di rivelazione di segreto d’ufficio e abuso d’ufficio; il procuratore di Castrovillari, Eugenio Facciolla, accusato dai pm salernitani di abuso d’ufficio (chiamato in causa da un maresciallo della Forestale, ora inglobata nell’arma dei Carabinieri).

In pratica, secondo questa ricostruzione tutta da verificare, i magistrati avrebbero fornito informazioni agli indagati “normali” su procedimenti che li riguardavano.

Nell’insieme è una fotografia di un “sistema di governo” che si riproduce nonostante tutto. In primo luogo perché non ha mai permesso che potesse emergere un’alternativa radicale vera. Tiene dentro tutti, sotto un regime totalitario che si ammanta però di “pluralismo”, con partiti diversi per nome ma non per obbedienza.

Una sorta di “bipolarismo obbligato” – prima e oltre qualsiasi legge elettorale pensata allo scopo – posto a protezione di interessi intoccabili. Della ‘ndrangheta a livello regionale, del capitale multinazionale su quello “itagliano”.

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