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Tra il Pil e la vita, il governo sceglie il Pil

E insistono ancora! Siamo rimasti basiti dal discorsetto bonario con cui Giuseppe Conte ha annunciato, nella tarda serata di ieri, che si dovranno chiudere tutte le attività meno quelle produttive.

Non che nutrissimo illusioni sul grado di indipendenza e autorevolezza di questa classe politica, ma persino i leghisti lombardi – sotto la doppia pressione degli ospedali che vanno scoppiando di malati e imprese che vanno chiudendo l’attività senza neanche attendere un ordine del governo – erano arrivati a capire che la priorità ormai può essere solo quella della salute. Tardigradi e mentecatti, sordi alle raccomandazioni del mondo scientifico, ma infine piegati dall’oggettività del disastro.

Il governo Conte invece resta in balia di quei trogloditi del profitto ben rappresentati da Assolombarda, la Confidustria regionale lumbard, da sempre rappresentante l’ultradestra del mondo imprenditoriale, che continua a premere – e a imporre – che le fabbriche restino aperte, contrapponendosi anche al resto del mondo imprenditoriale locale.

Come se il virus, al pari della dignità dei lavoratori, dovesse e potesse restare fuori dai cancelli…

Dal punto di vista sanitario, infatti, stare ammassati in fabbrica oppure al pub non fa differenza. Ma al pub e posti similari si consuma e si coltivano relazioni sociali libere, in fabbrica “si produce” per arricchire il padrone e si deve tacere. Una classe dirigente più idiota di questa non c’è probabilmente mai stata in nessuna parte del mondo…

La lista delle attività che vanno chiuse da stamattina è lungo, ma largamente incompleto. Bar, ristoranti, barbieri, parrucchieri, palestre, ecc. Tra le attività che possono restare aperti ci sono ovviamente i punti vendita di farmaci e alimentari (dunque ipermercati e supermercati, discount, ecc), distributori di carburanti, ecc.

Ma anche esercizi commerciali decisamente meno “vitali” (ferramenta, idraulica, ecc) come da lista ufficiale qui in foto.

Ma è soprattutto sulle fabbriche il punto in cui è manifesto il compromesso omicida con le esigenze del profitto privato. Il testo del decreto “raccomanda” infatti alle imprese l’adozione di “protocolli di sicurezza anti-contagio”. Ma subito dopo consente la deroga: “laddove non fosse possibile rispettare la distanza interpersonale di un metro come principale misura di contenimento, con adozione di strumenti di protezione individuale”.

Insomma, una mascherina e via, al lavoro! In realtà, la situazione reale è nele aziende molto peggiore di così, basta guardare questo video pubblicato dal Gazzettino.

Anche sul piano contrattuale, porte aperte alle pratiche peggiori che le aziende stavano già effettuando, a rischio però di sanzione e vertenza sindacale, come le “ferie forzate”.

In poche parole, tra il Pil e la vita, il governo Conte sceglie il Pil.

Per quanto riguarda il sostegno al reddito dei dipendenti nei settori che vengono temporaneamente chiusi, tutto è rinviato a un successivo decreto. La promessa è cassai integrazione in deroga per tutti, ma bisognerà vedere – come sempre – I dettagli. Di sicuro, per ora, non si fa menzione delle partire Iva; che, come sappiamo bene, spesso sono soltanto una forma mascherata del lavoro dipendente.

In linea generale, scorrendo anche a ritroso le “disposizioni governative” dell’ultima settimana, si vede chiaramente un doppi binario. Da un lato una serie misure molto severe per la popolazione, per disciplinarne i comportamenti. E non abbiamo difficoltà a riconoscere che, dopo decenni di individualismo “pompato” dal potere (come dimenticare l'”edonismo reaganiano” e tutte le subculture del narcisismo?), in larghe aree della popolazione era decisamente complicato far crescere una “consapevolezza” dei rischi collettivi derivanti da comportamenti individuali scriteriati.

Ma questa preoccupazione “pedagogica” fa a pugni con l’indifferenza rispetto a quanto accade al di là della porta dei posti di lavoro. Se è infatti comprensibile che i virologi abbiano visto con giusto orrore orde di persone continuare a celebrare i riti della movida, è al contrario scandaloso che il perimetro della fabbrica resti completamente intangibile dal “potere pubblico” anche quando di tratta dalla sicurezza pubblica. Nel senso ovvio della salute, perché anche le fabbriche traboccano di sbirraglia, pubblica o privata.

Si replica insomma, persino durante l’epidemia più pericolosa del dopoguerra, lo stesso atteggiamento ossequioso seguito per decenni nei confronti degli omicidi sul lavoro. Molte “raccomandazioni”, tanti “incentivi”… ma nessun controllo e tantomeno sanzioni.

Si può venire multati perché si porta a spasso il cane e ci si ferma a parlare troppo vicino a un “collega”, ma se ci si intruppa a centinaia dentro un posto di lavoro, tutta salute!

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1 Commento


  • Pasquale

    La situazione che si sta vivendo in Italia in questi giorni a causa dell’epidemia scatenata da un coronavirus, è probabilmente la prima dal dopoguerra. Ai tanti disagi che stanno attanagliando il sistema sanitario per l’alta contagiosità e diffusione del microrganismo, scopertosi fragile rispetto a un evento di tale portata, si accavalla pure una grave crisi economica. Milioni di lavoratori e lavoratrici, già bistrattati da decenni di sacrifici, sono sottoposti a una nuova durissima prova, per effetto di un uragano che si sta abbattendo sul sistema Italia, ma soprattutto sulla vita e sulla quotidianità di ognuno stravolgendola e condizionandola. In prima linea, in questa guerra ci sono medici, infermieri e i tanti lavoratori della sanità. Una sanità pubblica devastata dai tagli degli ultimi venti anni che costringe gli operatori del settore, in questo momento di bisogno a turni massacranti con 12 e più ore al giorno, quasi sempre senza sufficiente protezione dal contagio che la circostanza richiede, obbligati a stare lontano dai loro cari e probabilmente tra poco costretti a scegliere chi salvare, per una emergenza che deriva anche dagli atteggiamenti di una politica scellerata e scaltra che preferisce comprare missili e aerei da guerra anziché potenziare l’apparato della sanità pubblica. Ora tutti si accorgono della fragilità di un sistema depredato negli anni e ridotto all’osso. Banche e grandi imprese multinazionali che finora hanno svuotato le casse pubbliche ostentano adesso gesti di pubblica beneficenza riservando qualche spicciolo all’acquisto di mascherine e ventilatori dopo che per anni si sono schierate sempre a favore del privato, magari auspicando lo smantellamento del pubblico con tagli sul personale, chiusura di interi reparti e quant’altro. Bisogna annotare, per dirla tutta, anche un comportamento ipocrita di una certa stampa prone al potere che per anni, in nome del debito da pagare, ha picchiato duro su eventuali sperperi nella sanità, tollerando o addirittura sostenendo la chiusura di molti ospedali pubblici. Tante imprese e fabbriche rimangono aperte e chiedono di poter continuare a produrre mettendo a rischio la salute degli operai non garantendo loro i livelli di sicurezza, facendo così, diventare il posto di lavoro un diffusore di contagio. Insomma pare che per i padroni l’emergenza non esista. Il governo tuteli i diritti di tutti i lavoratori perché il capitale è spietato, per esso conta solo il profitto, a costo della vita umana. Medici e infermieri, da due mesi chiusi nei nosocomi si stanno sacrificando indistintamente per tutti. E’ il momento di comportarsi con intelligenza e senso civico, di essere solidali con quanti si stanno prodigando e lottando senza sosta contro questo virus. Quello che possiamo e dobbiamo fare noi non è poco, dobbiamo essere parte della soluzione e non un problema, rispettare i dettami della comunità scientifica per aiutarli a salvarci e salvare il paese.

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