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Ho scritto un tweet a commento della decisione del governo di chiudere le discoteche. L’ho definita decisione giusta, ma tardiva, insufficiente e soprattutto ancora improvvisata in un sistema che non vuole e non riesce a pianificare una risposta sanitaria coerente ed organizzata al Covid.

Per questo ho raccolto un bel po’ di insulti e qualche minaccia, in gran parte di fascioleghisti comunque mascherati e da terrapiattisti – e ne dò qui un saggio – ma anche critiche da chi fascioleghista non è. A costoro trovo giusto rispondere, con gli altri non c’è nulla da fare, se non combatterli.

Tre per me sono le questioni di fondo: la gravità della malattia, le risposte ad essa del potere, i comportamenti delle persone.

Prima di tutto, oramai è evidente che siamo di fronte ad un morbo grave, anche perché ancora non sappiamo tante cose. Noi ad esempio non sappiamo con precisione perché ad alcuni il Covid non fa niente, ad altri fa male, altri li uccide.

Certo, durante la fase più grave abbiamo visto che gli anziani ed i malati erano i più colpiti, e questo ha prodotto, al prezzo di tante vittime, quasi ovunque le necessarie maggiori cautele. Ci sono stati anche coloro che hanno minimizzato i danni del morbo, proprio perché colpiva deboli ed anziani, ma questi sono solo criptonazisti, magari inconsapevoli.

Ora però il morbo comincia a colpire i più giovani e anche qui non sappiamo ancora in che misura e perché.

Quindi il principio di precauzione è la prima pratica che si dovrebbe organizzare: io non sono sicuro che il ponte crolli, ma nell’incertezza non ci passo.

Qui però arriviamo alla seconda questione. La nostra società capitalista è fondata sulla priorità dell’attività economica su tutto il resto. “Prima la salute e l’ambiente” è un falso ipocrita che viene sbandierato da tutti i potenti mentre fanno esattamente il contrario di ciò che dicono.

Tuttavia la natura esiste e il mercato non può non tenerne conto.

Guardiamo gli Stati Uniti, il paese dove più si è applicato il principio del libero contagio in libero mercato. C’è il massimo di morti e ammalati ed anche la crisi economica più grave. Perché alla base della produzione del profitto ci sono comunque le persone e se queste si ammalano a milioni, beh, il sistema si ferma nonostante Wall Street.

Quindi il potere meno stupido cerca di conciliare profitto e salute, e proprio per questo commette ingiustizie. Noi lo sappiamo da quando il governo a marzo non ha chiuso totalmente Bergamo e Brescia, cedendo alle pressioni della Confindustria, procedendo invece ad una chiusura parziale di tutto il paese dove alcune attività erano privilegiate rispetto ad altre.

Durante il lockdown tante fabbriche funzionavano, mentre tutte le attività turistiche e di svago erano ferme. Con la ripresa queste attività hanno avuto una via libera economicamente compensativa.

Non si può dire “tenete le mascherine, mantenete le distanze” e poi aprire le discoteche. È ovvio che chi ci va non rispetta le norme di sicurezza, altrimenti che ci va a fare. È stato quindi il governo a dare segnali sbagliati.

Se si apre tutto – tranne scuola e università e anche questa è una scelta – è normale che si pensi che sia finita, magari anche grazie alle dichiarazioni di Zangrillo e compagnia.

Se poi il morbo riprende ad espandersi si torna al modello precedente, cioè si sceglie chi e dove sacrificare per abbassare il contagio. E questa volta è toccato alle discoteche, con le proteste dei fascioleghisti che come al solito danno la colpa ai migranti e quelle di chi dice “no, il contagio non viene principalmente da lì”.

Magari questo è vero, ma il potere qualcosa deve pur fare; stavolta tocca al ballo, anche perché nel frattempo i trasporti pubblici funzionano come prima, le fabbriche e i magazzini pure, la sanità pubblica non è avanzata di un centimetro, anzi già sentiamo riprendere le denunce del personale sanitario sulle carenze organizzative e e di organici.

Per questo lo “stato di emergenza” è inaccettabile. Non perché il Covid non esista come dicono i terrapiattisti, o ci sia una “dittatura sanitaria”, come proclamano i fascisti; ma perché il potere non vuole e non può uscire da un’emergenza in cui volta per volta possa decidere dove agire senza cambiare il sistema.

Questo invece è proprio il punto.

Il virus ha cambiato le nostre vite e reso impossibile il ritorno al modello di sviluppo liberista precedente, che invece il potere ripropone pari pari. La “normalità” era il problema, ma ad essa si vuole tornare.

È chiaro allora che lo stato di emergenza serve al potere per scegliere di volta in volta a chi è permesso di tornare alla normalità precedente e a chi no.

L’alternativa allo stato di emergenza permanente non è “tana liberi tutti”, ma la pianificazione socialista della società e dell’economia. Cioè un sistema che di fronte alla pandemia organizzi diversamente le nostre vite, garantendo la salute e programmando il lavoro in funzione di essa, naturalmente spendendo quello che c’è da spendere affinché nessuno resti per strada.

Questo significa colpire e redistribuire la ricchezza per salvare salute e lavoro; ed è proprio ciò che non viene fatto. Anche se per me la Cina non è certo un modello di socialismo, è evidente che il suo sistema ha retto infinitamente meglio alla pandemia degli Stati Uniti. Come Cuba rispetto a qualsiasi altro paese dell’America Latina.

Paradossalmente è proprio questa necessità di cambiareil  sistema che blocca la nostra società nella finta alternanza tra emergenzialisti e negazionisti.

È stato così sin dall’inizio. Prima di fronte a pochi contagi tutto era drammatizzato, poi siamo passati all’opposto di “Milano non si ferma”. Erano sei mesi fa, possibile che si torni ancora lì?

E qui c’è la terza questione, la cultura ed i comportamenti delle persone.

La mia libertà non è la stessa di Daniela Santanchè che tiene aperto il suo ritrovo. La mia lotta contro il potere non è quella di Salvini che non mette la mascherina. Quando dico “lavoro”, lo dico contro – non assieme – a Bonomi. La mia idea di società non è quella di Zingaretti e Conte.

Ecco, qui c’è la devastazione di trent’anni di ideologia liberista, che finora ha contagiato più persone e fatto più danni del Covid. Questa ideologia ha volutamente sottomesso e schiacciato il concetto di libertà all’individualismo capitalista più sfrenato. “Io faccio i cavoli miei e voi non rompetemi le scatole”.

“Prima gli italiani” è solo l’ultima versione di “prima io”.

La pandemia ha costretto lo Stato a riprendere, spesso molto male, funzioni che aveva abbandonato a favore degli affari e del mercato, e questo ha provocato una “rivolta reazionaria”. Una rivolta che non è contro il tanto che lo Stato non fa, ma proprio contro il poco che fa. Non per le mancate nazionalizzazioni delle tante aziende in crisi, per i regali ai ricchi, per il lavoro non tutelato e per i tagli al pubblico che restano tutti, no.

La rivolta che trionfa in rete e sui mass media è quella per la libertà di fare ciò che si vuole. Questa rivolta è la stessa dei suprematisti bianchi dell’Alabama, ha gli stessi toni e contenuti, ma trova consenso perché il pensiero liberale lavora per essa. “Meno stato e più mercato”, con il dramma della pandemia, diventa “basta con le chiusure ed i controlli”.

“Me ne frego” era il motto di Mussolini, ora grazie a trent’anni di liberismo viene riciclato anche di chi fascista non è.

Questo menefreghismo collettivo è lo specchio morale del dominio del mercato e degli affari sulle nostre vite, se vogliamo combattere il secondo dobbiamo anche far piazza pulita del primo tra di noi.

Marx e Engels sostenevano che solo la crescita della cittadinanza consapevole poteva spingere in avanti la lotta per il socialismo. Oggi che anche i deliri reazionari dimostrano che l’alternativa socialismo o barbarie è sempre più drammaticamente all’ordine del giorno, l’individualismo liberista deve essere nostro nemico come i padroni delle multinazionali.

Chi si dichiara contro il sistema e poi non mette volutamente la mascherina non è “un compagno che sbaglia”, ma un propagandista del capitalismo più stupido e feroce.

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1 Commento


  • pierluigi

    malagodi,pli,negli anni sessanta e settanta lanciò lo slogan:niente proletari tutti proprietari…….si è realizzato il cambiamento ideologico,politico,individuale

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