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Terzo settore. Un’invasione di campo nei servizi pubblici /1

Negli ultimi anni è cresciuto l’interesse ma anche l’ingerenza del cosiddetto Terzo Settore nei servizi di competenza – e responsabilità – degli enti pubblici. Tale processo di smembramento/esternalizzazione dei servizi e di de-responsabilizzazione degli enti pubblici va avanti da anni sotto una spinta concertativa che non trova le resistenze politiche e culturali che dovrebbe.

E’ ormai dalla metà degli anni Novanta che l’incontro tra le eredità ideologiche del Pci (poi Ds e Pd) e del mondo cattolico, ha lavorato per rovesciare il concetto di sussidarietà ed espellere via via ogni responsabilità dei soggetti pubblici (enti locali, Stato) dalla gestione dei servizi sociali e del welfare state.

Il risultato è stato una brutale esternalizzazione dei servizi (dall’assistenza alla sanità, dall’accoglienza all’istruzione) dal pubblico verso il cosiddetto no profit diventato poi Terzo Settore.

E’ diventata ben visibile l’esplosione di una miriade di onlus, fondazioni, cooperative sociali, associazioni che hanno preso nelle loro mani la gran parte del welfare, soprattutto a livello di enti locali.

Finanziamenti pubblici (prevalenti), donazioni private (relative), precarietà nei rapporti di lavoro e volontariato gratuito basato sulla motivazione, hanno così completamente stravolto sia le condizioni di chi lavora nel Terzo Settore sia la responsabilizzazione degli enti pubblici nei servizi sociali che sono chiamati ad erogare per onorare il patto sociale con i cittadini.

Emblematiche in tal senso sono le lotte condotte in questi anni dagli operatori delle cooperative sociali contro la precarietà, le basse retribuzioni, il ricatto morale esercitato verso chi lavora in aziende di fatto ma con motivazioni “morali” e “sociali”.

Via via il Terzo Settore – attraverso il Forum – è diventato una organizzazione ibrida (datoriale e sociale) che siede ai tavoli della concertazione con il governo insieme ai sindacati, alla Confindustria e alle organizzazioni imprenditoriali.

La perfetta sinergia tra questi tre soggetti (Terzo Settore, Cgil,Cisl,Uil e Confindustria), fa si che ogni ragionamento sul rafforzamento del welfare finisca poi nei campi obbligatori stabiliti dai contratti siglati dai sindacati (welfare aziendale) e nei contratti “sociali” sostenuti dalla Conferenza Stato-Regioni.

Il risultato è che i servizi pubblici vengono ormai messi a mercato sulla base della loro profittabilità o consegnati al Terzo Settore dove quest’ultima presenti margini meno certi per i soggetti privati.

La Riforma del Terzo settore, ed in particolare l’articolo 55 dell’apposito Codice, ha definito un modello di relazioni basato sulla condivisione di poteri e responsabilità tra i due soggetti, pubblico e privato sociale.

I manager “sociali” del Terzo Settore puntano ad una decisa “invasione di campo” per poter decidere insieme al soggetto pubblico come intervenire, quali obiettivi darsi e quali risorse utilizzare, “superando la concezione dell’Ente pubblico portatore di interessi generali e dell’Ente di Terzo settore come esecutore”.

Questo processo stravolge nei fatti il principio costituzionale di sussidiarietà, trova forza nella Riforma e permette al mosaico societario del Terzo settore (fondazioni, onlus, cooperative sociali etc.) di diventare pienamente un attore decisivo nella “privatizzazione” dei servizi nei territori e nelle comunità.

Dopo anni di picconamento al welfare pubblico e di esternalizzazioni dei servizi, le norme che regolano le attività di co-programmazione e co-progettazione sono state definite da una sentenza della Corte Costituzionale (n°131 del 2020), dall’intesa sancita nella Conferenza Unificata Stato-Regioni (25 marzo 2021) e dalla adozione delle Linee Guida sul rapporto tra pubbliche amministrazioni ed Enti del Terzo Settore con Decreto del Ministero del Lavoro (n°72 del 31 marzo 2021) per la definizione delle quali il Forum Terzo Settore ha avuto un ruolo determinante.

Nel 2015 il governo Renzi aveva già provato a codificare la centralità del Terzo Settore tramite il “Civil Act” rimasto formalmente sulla carta ma ratificato nei fatti dai provvedimenti indicati e definiti successivamente.

E’ tempo che questa pericolosa mistificazione del no profit venga decostruita e contrastata, riaffermando la piena responsabilità dei soggetti pubblici nella gestione dei servizi sociali, a cominciare dalla re-internalizzazione dei servizi e di chi ci lavora, fino alla rimessa in campo di un intervento pubblico massivo nel ripristino di un welfare state degno.

Segue…

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