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Big Pharma insorge contro la “modesta proposta” di Biden sui brevetti

Un po’ come avvenuto nel 1961 con il discorso di commiato del generale-presidente Eisenhower contro gli eccessivi interessi del complesso militare-industriale negli Usa, sessanta anni dopo il neo-presidente statunitense Biden ha messo in fibrillazione gli interessi di un altro gigantesco complesso finanziario/industriale: quello del Big Pharma.

La Rappresentante statunitense per il Commercio, Katherine Tai, ha preso posizione a favore di una “sospensione straordinaria della proprietà intellettuale” quando in gioco sono i vaccini contro il Covid-19,  aprendo così la strada a negoziati nell’ambito della World Trade Organization, dove una prima proposta in questo senso era già stata presentata lo scorso anno da India e Sudafrica ma respinta proprio dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea.

Gli interessi in gioco hanno visto scattare immediatamente la protesta dell’associazione americana dei produttori del settore farmaceutico, più nota come Big Pharma (anche se di essa fanno parte anche multinazionali europee del settore, ndr).

A nome della Pharmaceutical Research and Manufacturers of America, Stephen Ubl (il ceo della Phrma) ha tuonato contro quello che definisce “un passo senza precedenti che minerà la nostra risposta globale alla pandemia e comprometterà la sicurezza. Questa decisione genererà confusione tra partner pubblici e privati, indebolirà già fragili catene di forniture e alimenterà la proliferazione di vaccini contraffatti”.

La preoccupazione di perdere il monopolio sui brevetti dei vaccini, si è tinta anche di toni da “American First”. Secondo Ubl infatti la scelta di socializzare i brevetti sui vaccini avrà l’effetto di “consegnare innovazione americana a paesi che cercano di erodere la nostra leadership nelle scoperte biomedicali”. A Wall Street i titoli di società come Moderna, NioNTech e Novavax hanno perso terreno sull’onda dei timori di ripercussioni dalla decisione di Biden. Anche se Moderna si era in realtà già detta disposta a non imporre il rispetto dei suoi brevetti a coloro che producono vaccini contro la pandemia.

Positive invece le reazioni dei movimenti che sostengono proprio la socializzazione dei brevetti sui vaccini.  La loro richiesta è di spingersi oltre la sospensione delle protezioni sulla proprietà intellettuale, verso quello che definiscono un concreto e attivo transfer di tecnologia, di know how e di personale, da parte dei detentori dei brevetti per consentire la produzione necessaria, coinvolgendo realtà aziendali che vanno al di là dei gruppi oggi detentori dei segreti industriali sui vaccini.

E’ iniziato così il fuoco di sbarramento delle obiezioni “tecniche” delle società del Big Pharma su questa possibile svolta nel monopolio dei brevetti sui vaccini. Pfizer ad esempio ha ricordato che il suo vaccino richiede personale e attrezzature specializzate, le quali utilizzano 280 componenti provenienti da 86 fornitori situati in 19 paesi, ed ha criticato l’apertura dell’amministrazione Biden come inefficace ai fini di miglioramenti nella diffusione dei vaccini. Quest’ultima però ha sottolineato come ci siano produttori di farmaci ovunque nel mondo, anche in paesi in via di sviluppo (l’India è il maggior produttore di prodotti farmaceutici mondiale, ndr) e che hanno dimostrato in questi anni di essere in grado di offrire prodotti di alta qualità in condizioni corrette e che queste possono quindi essere create per il vaccino.

Adesso si tratta di andare a verificare se quello dell’amministrazione Biden è un cambio di mentalità e se produrrà effetti concreti nel monopolio dei brevetti sui vaccini da parte di Big Pharma.

La denuncia di Eisenhower contro il complesso militare-industriale nel 1961 non ci sembra che abbia poi prodotto effetti concreti, anzi. Certo una differenza notevole c’è. Eisenhower era a fine mandato e poteva togliersi qualche sassolino dalla scarpe. Biden invece è all’inizio del suo mandato ed ha come minimo quattro anni di tempo (se la salute di Sleeping Joe non lo tradirà, ndr)  per introdurre cambiamenti.

Ma questo sulla socializzazione totale o parziale dei brevetti sui vaccini antiCovid diventa comunque un test interessante, su almeno due versanti.

Il primo è che la obsoleta Wto potrebbe tornare ad essere la camera di compensazione tra interessi capitalisti diversi che aveva cessato di essere da una ventina d’anni. Il secondo è che gli Usa soffrono una crisi di egemonia globale e credibilità ormai pesantissima e che in qualche modo intendono cercare di recuperarla, e non possono farlo solo mostrando i denti e gli armamenti contro Russia e Cina.

 

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1 Commento


  • gianni

    Trovo molto interessante l’iniziativa dell’amministrazione americana, al netto dell’effetto annuncio :primariamente perche’ ineccepibile dal punto di vista della politica sanitaria e pensate da dove proviene ; e poi perche’, negli usa, siamo passati da un privato che censura,ora definitivamente,il capo dell’amministrazione pubblica,allo stesso soggetto pubblico,che entra in aperto conflitto con gli interessi dei privati,in ultima analisi per l’interesse pubblico.chissa’ come finira’.e’ comunque una iniziativa politica magistrale di questo,dicunt,rincoglionito.rimane il mistero del perche’ altri paesi produttori di vaccini,alcuni dei quali si definiscono repubbliche popolari non abbiano loro lanciato,che io sappia, questa iniziativa.sarebbe stata diplomaticamente e politicamente devastante per l’impero.altro che soft power.

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