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Mamma, papà… Ho trovato un lavoro. Il vostro!

L’ufficio parlamentare di Bilancio ha appena affermato che lo sblocco dei licenziamenti non sarà poi così drammatico: “solo” 70.000 persone perderebbero il lavoro, soprattutto nell’industria.

E poi, aggiungono i nostri esperti, con la possibilità per le imprese di licenziare ci saranno più occasioni di trovare lavoro per i giovani.

L’Ufficio Parlamentare di Bilancio è un consesso di baroni universitari e burocrati nominato dai presidenti di Camera e Senato, per esprimere pareri sulla correttezza delle scelte di spesa, in ossequio al principio del pareggio di bilancio recentemente introdotto nella nostra Costituzione, per obbedire all’austerità UE.

Questo organismo dovrebbe essere statutariamente indipendente dai partiti, ma non dalla Confindustria di cui oggi ripete sfacciatamente le posizioni.

Dunque, secondo questi “esperti”, settantamila licenziamenti non sarebbero poi quella catastrofe sociale che alcuni temono, come del resto ha anche affermato il presidente di Confindustria Bonomi, il quale però si è tenuto qualche margine in più, accennando a centomila espulsi dal lavoro.

Già qui cinismo superficialità e malafede fanno a gara tra loro. In un paese il cui sistema non è stato in grado di riassorbire i 400 licenziamenti di Embraco, altre 70.000 famiglie in mezzo ad una strada sarebbero una valanga di sofferenza ed ingiustizia.

Forse l’Ufficio parlamentare di Bilancio si è abituato ai sacrifici umani di massa, visto che l’Italia con 130.000 morti è uno dei primi paesi al mondo per vittime del Covid. Cosa sono 70.000 licenziati in fondo, se non una continuazione sotto altre forme dello stesso massacro?

Di fronte coloro che ragionano così c’è una sola risposta ed un solo augurio: che capiti loro quello che accadrà ad una sola delle persone licenziate.

Ma il massimo del disprezzo e della mistificazione sociale l’Ufficio di Bilancio lo tocca quando aggiunge la nota di “ottimismo” sui giovani. Che troverebbero nuovi posti, quali? Quelli lasciati liberi dai licenziati.

Pare che anche il governo si stia inventando una “mediazione” che segua questa follia. Infatti pare che Draghi e compagnia stiano pensino di rendere più difficile licenziare nelle aziende che vanno male e più facile in quelle che vanno bene.

Domanda ingenua: ma, se un’azienda va bene, che bisogno ha di licenziare? non potrebbe aggiungere nuove assunzioni a quelle già esistenti, visto che il guadagno è buono?

Se evidentemente questa azienda licenzia e i burocrati dell’Ufficio di Bilancio la trovano una cosa utile per i giovani, c’è una sola spiegazione. Che l’impresa voglia sostituire i lavoratori più costosi e con qualche diritto, con giovani precari, ricattabili e sfruttabili il doppio.

Il lavoro dato ai giovani sarebbe dunque quello tolto ai padri e alle madri e pagato la metà.

Questo modo di “pensare ai giovani”, da parte delle classi dirigenti, è lo stesso che fa protestare quegli imprenditori che lamentano che i 500 euro del reddito di cittadinanza scoraggino la disponibilità a lavori da 300 euro al mese.

In questo caso, per incentivare i figli ad accettare qualsiasi condizione lavoro, non si tratta di togliere il reddito, ma il posto ai loro genitori. Dopo la criminale cancellazione dell’articolo 18, la libertà di licenziamento è diventata elemento fondante del sistema.

Magari nel nome dei giovani, ma non è giovanilismo, bensì schiavismo.

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