Se a qualcuno è sembrata spropositata la veemenza con cui giornalisti ed editorialisti italiani hanno attaccato il movimento pacifista o semplicemente chi criticava la scelta del governo italiano di inviare armi all’Ucraina, la risposta, almeno in parte, potrebbe stare in un’espressione tipica del giornalismo investigativo: «follow the money», segui il denaro.
E seguendo il denaro di uno dei principali editori italiani, John Elkann, presidente del Gruppo Gedi, proprietario di 24 testate giornalistiche più altrettante online, è piuttosto facile arrivare a scoprire gli interessi, le partecipazioni e gli affari nel settore militare della difesa.
Editori e businessman del settore Difesa: il caso di John Elkann
Il Gruppo Gedi è uno dei più importanti gruppi editoriali italiani e possiede, nello specifico, 12 quotidiani, 8 periodici, 4 emittenti radiofoniche e 23 testate digitali. Tra loro troviamo i quotidiani più blasonati, come la Repubblica, la Stampa o il Secolo XIX, ma anche emittenti radiofoniche come Radio DeeJay e Radio Capital.
Tuttavia, come si sa, il presidente Elkann non è un editore puro, poiché il suo business è diffuso in molti altri settori. Dall’automobilismo di Ferrari e Stellantis al calcio con la Juventus, fino alle calzature di lusso della Christian Louboutin.
Il controllo di tutte queste società avviene attraverso una holding olandese, la Exor, di cui Elkann è il ceo. Tra le società controllate figura anche la Cnh che ha come principali marchi la Iveco Defence Vehicle. Insieme a Leonardo, la principale società italiana a partecipazione pubblica nel settore militare, la Cnh (quindi la Exor, cioè Elkann) ha partecipazioni nel Consorzio Iveco Oto Mellara (Cio), capofila dell’industria nazionale degli armamenti terrestri.
Sul sito della stessa Exor, ad esempio, il 25 luglio 2018 veniva pubblicata la notizia intitolata: «Iveco Defence Vehicles, azionista del Consorzio Iveco – Oto Melara (CIO), si aggiudica l’appalto per la consegna di dieci veicoli blindati Centauro II all’Esercito Italiano».
Basterebbe questo per testimoniare l’interesse e gli affari di Elkann nel settore militare, che ai maliziosi basterebbero a spiegare l’interventismo di molti giornali italiani, ma l’appetito di Elkann per il settore difesa non è terminato.
Nel 2020, in seguito alla crisi causata dal Covid, Rolls Royce mostrò gravi problemi di bilancio. Oltre alle celebri auto di lusso, Rolls Royce è attiva nel settore dell’aviazione civile, ma anche nel settore della Difesa. Si calcola che il 25% dei veicoli militari di tutto il mondo abbia motori Rolls Royce e lo stesso bilancio della società è composto per il 28% dai proventi del settore Difesa.
Nell’aprile del 2021, in una lettera agli azionisti disponibile sul sito di Exor, John Elkann li informava che «Nel corso dell’anno abbiamo anche aperto una nuova posizione in Rolls-Royce. È il secondo produttore mondiale di motori per aerei civili (dopo GE) ed ha anche grandi imprese nei sistemi di difesa e potenza».
Nel corso del 2020 la stessa Rolls Royce ha ricevuto commesse militari da Paesi come Germania, Corea del Sud e Gran Bretagna. In particolare, l’aeronautica tedesca ha ordinato 56 motori EJ200 e la Marina della Corea del Sud ha scelto le turbine MT30 di Rolls-Royce per la terza serie delle fregate classe Ulsan.
Inoltre, il Regno Unito ha selezionato il nuovo ed avanzato reattore nucleare ad acqua pressurizzata PWR-3 della Rolls-Royce per la prossima generazione di sottomarini d’attacco.
Ma non è finita. Il nome di Rolls Royce lo ritroviamo insieme ad un altro nome che abbiamo già visto, Leonardo, all’interno del programma Tempest per la produzione di aerei caccia di nuova generazione da sviluppare entro il 2035.
L’ad di Leonardo, Alessandro Profumo, ha definito Tempest «la base di un sistema transnazionale di difesa comune che si estenderà ben oltre la difesa area. Garantirà enormi benefici economici e significativi progressi industriali e tecnologici per l’Italia e per i nostri partner. Siamo convinti che avviare quest’iniziativa nel modo giusto consentirà alle industrie dell’aerospazio e difesa dei tre Paesi di prosperare per generazioni».
L’Italia ha aderito al programma nel 2019, insieme alla Svezia e al Regno Unito. Quest’ultimo ha già stanziato 2 miliardi di sterline, mentre nell’agosto del 2021 proprio una testata del Gruppo Gedi ci informava che «L’Italia stanzia due miliardi per il nuovo supercaccia», sempre all’interno del progetto Tempest.
Giusto ieri, mercoledì 16 marzo, la Camera dei Deputati italiana ha approvato a larghissima maggioranza un ordine del giorno che chiedeva al governo di aumentare fino al 2% del pil le spese militari. Non più tardi di una settimana fa, il premier italiano Mario Draghi ha riferito che, durante il Consiglio europeo informale di Versailles sulla guerra in Ucraina, l’Europa si è mostrata incredibilmente unita e uno dei punti in discussione era la difesa comune e l’aumento delle spese militari.
A guadagnare da un aumento della spesa militare degli Stati e dell’Ue, quindi, saranno anche società a controllo pubblico o privato che negli armamenti hanno un business consistente. Tra queste troviamo la Exor guidata da John Elkann, che parallelamente è anche l’editore di alcune delle più grandi testate giornalistiche italiane.
* da RadioCittàFujiko
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