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No, il ministro Bianchi non beve

Negli ultimi tempi, il ministro dell’istruzione Bianchi è incontenibile. Non passa giorno che i siti specializzati non riportino sue torrentizie dichiarazioni sul futuro della scuola italiana, sui docenti e sugli studenti. Una tale loquacità ha provocato, nei social, molti commenti ironici che vanno dal “toglietegli il quartino” al “quanto ha bevuto?

Personalmente, non ne conosco le abitudini enogastronomiche, ma penso che le cose che lo scarmigliato ministro Bianchi va dicendo non abbiano a che vedere con le ipotizzate tendenze.

Mi limiterò a tre tra le più significative dichiarazioni di Bianchi. La prima è che il decreto riguardante le nuove modalità d’assunzione e formazione in servizio dei docenti è stato concepito perché l’UE chiedeva all’Italia la valutazione degli insegnanti.

La seconda riguarda il fatto che “noi” (cioè le generazioni oggi adulte) aspiravamo all’impiego fisso, mentre i giovani d’oggi desiderano un lavoro che soddisfi le loro esigenze e la propria creatività.

La terza, forse la più sconcertante, che le classi di pochi alunni non si devono costituire perché i bambini “non ci si ritrovano”.

Queste tre affermazioni non c’entrano con l’alcool e non sono improvvisate, ma si collocano piuttosto in una linea di continuità politica con le indicazioni europee in materia di scuola (fatto appunto dichiarato dal ministro stesso), con la politica sulla formazione dei governi degli ultimi decenni e con la concezione della scuola del ministro Bianchi.

Cominciamo con il “ce lo chiede l’Europa”, ritornello ormai abusato che annuncia, in genere, l’arrivo di grosse fregature. Secondo Bianchi, la formazione “continua” degli insegnanti è stata decisa come alternativa rispetto a una verifica individuale delle performance che era la richiesta della UE.

È pur vero che in alcuni paesi europei (ma non tutti) esiste una valutazione meritocratica degli insegnanti che si avvale di criteri e di metodi di realizzazione molto diversi tra loro. Laddove una valutazione esiste è comunque affidata a persone esterne alla scuola di servizio del docente, proprio per evitare possibili episodi di mobbing o di clientela, e non è legata tanto alle performance, cioè ai risultati delle classi, quanto alla preparazione culturale e metodologica dell’insegnante.

In ogni caso, il fatto che tale valutazione esista in alcuni paesi europei non significa che ciò sia cosa buona e giusta. Tuttavia, ciò che deve essere evidenziato è che l’angoscia ipervalutativa (degli studenti, dei docenti, degli istituti, dei sistemi) che negli ultimi anni percorre la scuola è legata ai processi di aziendalizzazione e di autonomia degli istituti, con il corollario della conseguente concorrenza tra gli stessi.

Concorrenza che si estende anche agli insegnanti, invitati nel prossimo futuro in Italia, secondo Bianchi, a frequentare impegnativi corsi di formazione in servizio di durata triennale al termine dei quali ci sarà un piccolo incentivo economico una tantum solo per il 40% degli stessi (meritocrazia singolare, quella che decide a priori quanti siano i meritevoli).

I corsi saranno gestiti dall’”Alta scuola di formazione”, organismo a cui contribuiranno INDIRE e INVALSI, ente quest’ultimo già nel mirino della Corte dei Conti per gli sprechi che vi si realizzano e che da anni intralcia e degrada il lavoro formativo con i suoi inutili e stupidi questionari a crocette.

Le prove INVALSI sono utili solo ai giornali padronali per sostenere la tesi che la scuola non funziona, che i docenti sono incapaci e che gli studenti non sanno né leggere né scrivere, ma soprattutto non sono adeguati al mondo del lavoro.

In ogni caso, il combinato tra la stratificazione della categoria determinata dai corsi della scuola di alta formazione e dalle voci insistenti sulla volontà del ministero di creare delle strutture di direzione intermedia degli istituti (il famigerato middle management), tende a creare una gerarchizzazione del corpo docente che non può non avere conseguenze anche sul piano formativo, poiché scuola gerarchizzata per gli insegnanti lo significa anche per gli studenti, con aumento delle discriminazioni e della selezione.

In realtà, valutazione o formazione in servizio secondo Bianchi non sono molto diverse poiché tendono al medesimo obiettivo che è aumentare l’impronta aziendale della formazione.

Funzionale alla sottomissione della formazione al capitale è l’idea che i giovani non aspirerebbero al posto fisso ma a un “lavoro creativo che rispetti le loro esigenze”. Ciò che è singolare è la contrapposizione tra la stabilità del posto di lavoro e il suo poter essere “creativo”, quasi che un lavoro fisso non possa esserlo, ma che ciò sia peculiare della precarietà.

È questo un vecchio ritornello di tutti i commissari governativi che l’UE ha nominato per l’Italia. Cominciò Mario Monti nel 2012 a sbuffare con “che noia l’impiego fisso” per arrivare ai nostri giorni a Draghi e a Bianchi.

Durante l’anno scolastico che si sta concludendo, ho avuto occasione di dialogare in parecchie occasioni (autogestioni, dibattiti, occupazioni) con i giovani delle scuole secondarie superiori che giustamente aspirano a un lavoro che rispetti le loro esigenze e la loro creatività, ma sono anche assai preoccupati del futuro precario e incerto che li aspetta dal punto di vista professionale.

Come è possibile che gli impieghi precari, dequalificati e sottopagati che vengono offerti in genere ai giovani possano “rispondere alle loro esigenze” (cioè uno stipendio sufficiente a vivere e diritti sindacali)? E come possono essere adatti a sviluppare creatività dei lavori che al massimo richiedono l’esecuzione di funzioni esecutive di bassa qualificazione?

In tale contesto è legittimo il sospetto che la dichiarazione di Bianchi sia espressione della volontà di convincere i giovani a rinunciare al “posto fisso” per adattarsi a ciò che passa il convento (o meglio il padronato) e di essere “creativi” nel sapersi adattare a diversi lavori precari esercitando la loro “flessibilità”.

Magari per arrivare sino all’accettare stage a “rimborso spese”, come si legge in alcuni annunci affissi negli ultimi tempi sulle vetrine di qualche catena della grande distribuzione. Questo non è capire cosa vogliono i giovani, bensì formarli ideologicamente allo sfruttamento.

Veniamo ora alle classi poco numerose. L’idea di Bianchi sul fatto che i bambini “non si ritroverebbero” in classi piccole è singolare e contrasta con ogni ragione pedagogica. Inoltre, contraddice le promesse (mai realizzate) che il Ministero avanza dal 2020, quando si indicava nella riduzione del numero di alunni per classe una delle possibili misure di contrasto alla pandemia.

Purtroppo, tutto ciò è invece perfettamente in linea con la progressiva diminuzione degli investimenti per la scuola e la formazione e con la dequalificazione della scuola pubblica. Anche il Decreto reclutamento va in tale direzione, prevedendo di finanziare i bonus per gli insegnanti meritevoli anche con il taglio di 9600 cattedre.

Quindi avremo classi numerose, in spregio all’efficacia educativa, alla relazione tra docenti e studenti, all’inclusione dei disabili e dei giovani di recente arrivo in Italia. E se le classi sono piccole, meglio non formarle, forse ai loro possibili studenti, se in centri isolati o di montagna, si potrà dare un computer per seguire a distanza le lezioni.

Ciò anche perché nel gioco delle tre tavolette del ministero, la Dad (didattica a distanza) è diventata Did (didattica integrata a distanza), che in realtà significa che il far scuola attraverso lo schermo di un computer è stato istituzionalizzato e non è più solo un provvedimento emergenziale.

Nel frattempo, il Ministero pensa a una nuova edizione della scuola estiva, grande passione di Bianchi e terreno di realizzazione dei suoi “patti territoriali di comunità” tra istituti, enti locali e privati. In realtà, ciò che nasconde il progetto di apertura estiva delle scuole è che il capestro ai bilanci dei comuni, e in genere degli enti locali, stretto dal patto di stabilità, ha comportato la desertificazione di tutti i servizi pubblici che durante l’estate avevano la funzione di organizzare il tempo dei bambini e dei ragazzi.

Per questo la scuola si trova a vicariare funzioni non sue, in spazi non adeguati, con insegnanti affaticati da un duro anno scolastico e in tempi non adeguati. Si richiede alla scuola di offrire un servizio che non è nella sua natura istituzionale e agli insegnanti di svolgere un compito che esula dalla loro professionalità.

Da ultimo, è doveroso notare che a una domanda sulla questione mascherine a scuola anche eventualmente per il prossimo anno, il ministro ha risposto questa volta evasivamente, dicendo che la questione importante è garantire la sicurezza di tutti.

Ma è legittimo chiedersi di tutte le promesse ascoltate in questi due anni (riduzione degli alunni per classe, ripristino della medicina scolastica, interventi di edilizia ecc.) cosa è stato fatto e cosa si farà affinché un’eventuale recrudescenza della pandemia, ad autunno, non sia ancora devastante per la scuola e destabilizzante della vita e dell’equilibrio psichico degli studenti messo a dura prova da due anni per niente normali.

Su questo sarebbe il caso di essere precisi, ma non è facile rispondere quando non si è fatto nulla e probabilmente nulla s’intende fare.

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3 Commenti


  • Giovanni

    Le etiliche esternazioni del ragioniere Bianchi meriterebbero, perlomeno, un blocco degli scrutini..
    I “pompieri” della Triplice, dopo lo sciopericchio del 30 Maggio, sar

    ebbero disposti a cio’??


  • Manlio+Padovan

    Salvo che per le frequentissime, a dire poco, sostituzioni delle insegnanti di lettere, nulla ricordo dei primi due anni della scuola media inferiore e poco del terzo anno: un periodo che rimane per me un buco nero insondabile, soprattutto i primi due anni, esattamente come l’infanzia che dovetti trascorre in Libia dove nacqui.
    Venni iscritto in prima alla sezione G che fu creata proprio quell’anno per sopperire ad un esubero di iscrizioni; ma alla fine del secondo anno essa fu sciolta ed i suoi alunni buttati a caso in altre sezioni, un po’ di qua ed un po’ di là. Io capitai in III C. È risaputo che sempre, da sempre, le sezioni migliori sono la A, la B e la C perché ritenute di maggiore affidamento in quanto a continuità didattica essendo assegnate ad insegnanti in ruolo da tempo; ed esse sono le sezioni che in genere vengono scelte per i rampolli della buona borghesia. E fu così che da studente modello, preparatissimo, seriamente impegnato, vivace, che ero alle elementari col maestro Floridia divenni alle medie uno studente scemo quasi del tutto, grazie ai cialtroni della politica.

    Da adulto feci una verifica del mio ricordo. Ma non risultavano assenze delle insegnanti di lettere. Ora, siccome io sono certissimo della verità del mio ricordo, anche perché era argomento all’attenzione della famiglia e di cui si discuteva con frequenza e la ricordavano pure i miei, così come sono certo di non avere avuto crisi dell’adolescenza se non forse quelle comuni a tutti, debbo trarre la conclusione ovvia, ma di certo non gloriosa per la politica nella vita di tutti i giorni, che le sostituzioni degli insegnanti non venissero registrate o venissero registrate solo quelle di lunga durata: giusto come alla chiusura della Inquisizione tutti i registri delle sue prigioni vennero distrutti per non lasciare tracce delle porcherie commesse.
    D’altronde i ministri addetti alla pubblica istruzione sono sempre stati, a mia memoria, degli emeriti imbecilli: incapaci e lavativi, nonché politicamente disonesti: servi vili e ignobili di interessi particolari.
    Salvo Tullio de Mauro, nessuno che abbia fatto seriamente il ministro. A Tullio de Mauro non diedero nemmeno il tempo di fare quanto avrebbe voluto, cioè cose serie e durature. Era persona così competente ed onesta che restò ministro per poco più di un anno.
    Fu sostituito da Letizia Moratti, la falsificatrice per antonomasia: fu infatti sotto il suo ministero che si falsificò un documento importante sull’evoluzionismo che era stato redatto per la scuola media da un gruppo di scienziati. E ciò fu fatto per favorire il creazionismo: quella idea balorda cara alla ministra, secondo la quale un essere assolutamente sconosciuto, noto solo a certi sciocchi idealisti e solo per il suo presunto nome, un essere buonissimo e perfettissimo addirittura, ci avrebbe creato nientepopodimeno che a sua immagine e somiglianza per farci diventare il segno vergognoso del processo di evoluzione.
    Oggi, poi, non sono più ministri della Pubblica istruzione bensì solo ministri della Istruzione, così possono legittimamente favorire gli interessi privati e le scuole private. E tanto favoriscono gli interessi privati che solo al governo di un disonesto imbecille, di un esaltato cialtrone figlio di due delinquenti, poteva venire l’idea di far praticare agli studenti una alternanza scuola-lavoro in un paese in cui i lavoratori che muoiono sul lavoro sono 3 o 4 ogni giorno per l’incapacità delle cosiddette istituzioni di porvi rimedio e/o la volontà di proseguire sulla stessa strada. Ma sono anche una banda di utili idioti quei parlamentari che hanno approvato la legge relativa. Così ai lavoratori che muoiono sul lavoro, possiamo aggiungere oggi gli studenti che muoiono sul lavoro. Che bel paese! Certo, dai cialtroni della politica nulla di buono in genere ci si può attendere, servi come sono dei loro padroni che hanno ben altri interessi da curare che non quelli dei cittadini. E cosa ci si può attendere da un personaggio che nel 2015 promulga la legge sull’alternanza scuola-lavoro e poi nel 2022 va a fare il piagnone in Friuli per la morte di uno studente proprio sul lavoro al quale lui lo ha destinato? Che classe dirigente!
    Può essere migliore il ministro Bianchi?


  • Paolo Bertini

    Sono sicuro che BIANCHI vorrà provare -pur settantenne- quell’ebrezza di rinnovamento che lui propone e che non ha potuto mai guatare: niente posto fisso, e LAVORARE SOTTO PADRONE, con poca cultura, e molte metodologie…
    https://www.youtube.com/watch?v=GHarQf8qNhQ

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