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Scaricabarile tra governo e petrolieri sull’aumento della benzina

Il governo Meloni ha eliminato dal 1 gennaio il blocco delle accise sulle benzine e il prezzo dei carburanti è di nuovo schizzato alle stelle. A fronte della evidente impopolarità (e al tradimento delle promesse sul taglio delle accise sulla benzina), alcuni esponenti del governo l’hanno “buttata in caciara” ventilando l’ipotesi di speculazione sui prezzi.

In particolare il ministro Pichetto, ha spiegato che ai livelli attuali dei prezzi del gas e del petrolio un eventuale sforamento della soglia dei 2 euro (cosa già verificatasi in alcune pompe sulle autostrade, ndr) andrebbe considerato come un effetto speculativo, uno scenario che potrebbe richiedere un qualche intervento del governo. Il ministro dell’Economia Giorgetti, prima di Natale, aveva deciso di attivare la Guardia di Finanza per effettuare un monitoraggio contro possibili anomalie e speculazioni sui prezzi alla pompa. La prossima settimana dovrebbero essere pubblicati i risultati dei controlli effettuati e il governo deciderà se e come procedere.

Nel 2022 la riduzione delle imposte sui carburanti ha pesato per circa 1 miliardo di euro al mese. Il governo Draghi era riuscito a coprire i mancati introiti dalle accise grazie all’extragettito assicurato proprio dagli aumenti del prezzo dei carburanti. Il problema, adesso, è che questo meccanismo è saltato perchè il governo Meloni ha deciso di considerare l’extragettito non più una maggiore entrata per i conti pubblici, ma un incasso ordinario, dunque non utilizzabile per finanziare gli sconti.

Ma i petrolieri italiani hanno rispedito l’accusa al mittente. I rincari sui carburanti, secondo la loro versione, sono stati determinati dalla cancellazione del taglio delle accise da parte del Governo: ne è prova che gli effetti economici del provvedimento sui prezzi di benzina e diesel, pari a 0,183 euro al litro, sono più o meno uguali agli aumenti alla pompa.

 

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