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Contro la partecipazione dell’Italia al conflitto, l’invio di armi e le spese militari

La crisi del modo di produzione capitalista accresce a dismisura la competizione tra i differenti blocchi geopolitici in formazione e si è trasformata da un anno a questa parte, dopo la fuga dell’Occidente dall’Afghanistan con l’escalation bellica in Ucraina, in conflitto aperto.

Oggi, come alla vigilia della Prima e della Seconda Guerra mondiale, le contraddizioni generate dal modo di produzione capitalista non sembrano lasciare intravedere un’ipotesi alternativa a una marcata tendenza alla guerra – non più solo economico-commerciale – che già si è riaffacciata ai confini d’Europa, ma che si manifesta ormai sempre più apertamente nell’Indo-Pacifico e nel Baltico.

Il blocco euroatlantico a guida statunitense ha uno strumento principale per cercare di mantenere le gerarchie della catena imperialista affermatesi con la globalizzazione neoliberista degli ultimi trent’anni: la NATO.

Il modello di sviluppo capitalistico neocoloniale ed ecocida che ha cercato di imporre attraverso la lotta di classe dall’alto alle classi subalterne dei paesi del “centro” e alle popolazioni della “periferia integrata” ha perso la sua forza propulsiva.

Questo modello di sviluppo vede sempre di più messa in discussione la sua egemonia da parte delle lotte delle popolazioni del Tricontinente – soprattutto in America Latina e in Africa, ma anche in parti consistenti del mondo arabo -, dalla sempre maggiore assertività dei differenti attori statali del mondo multipolare come la Cina e in dose minore ma significativa dalle lotte del proletariato metropolitano in diversi paesi del Vecchio Continente.

Il vecchio capitalismo al crepuscolo ha prodotto la nuova lotta di classe facendo esplodere il conflitto sociale, ambientale ed antimilitarista nel cuore del sistema in Unione Europea, facendone emergere le storture e demolendo le narrazioni “progressiste” su questo polo imperialista in formazione.

Il quadro politico occidentale è sostanzialmente schiacciato sull’allineamento all’Alleanza Atlantica e la le politiche di austerità: aumentano le spese militari e contemporaneamente diminuiscono quelle sociali, e l’unica ricetta per governare la crisi economica in atto è la compressione salariale, nonostante l’aumento del costo della vita.

Il nostro paese non fa eccezione, anzi il livello di servilismo nei confronti dei “signori della guerra” e dei cultori della “macelleria sociale” raggiunge livelli parossistici, non solo tra le file della maggioranza governativa, ma anche nelle fila della “sinistra” politica e sindacale: PD ed i suoi satelliti, CGIL e suoi addentellati.

PD e CGIL hanno sposato da tempo un modello di società guerrafondaia, ipercompetitiva, privata delle garanzie sociali minime e che marcia verso l’infarto ecologico del pianeta.

Chi si è subordinato per convinzione o opportunismo a questo inutile carrozzone ha abdicato alla costruzione di un’ipotesi di alternativa sistemica, allo sviluppo di una rappresentanza politica autonoma, alla costruzione di una forza sindacale indipendente, alla creazione di movimenti sociali autonomi.

Le conseguenze delle politiche belliciste e antioperaie sono sotto gli occhi di tutti: 12 omicidi sul lavoro giovedì 12 aprile, continui suicidi tra gli studenti universitari a causa di un sistema accademico infame, una scuola gabbia capace solo di creare disagio psichico e lavoro precario non retribuito con l’alternanza scuola lavoro e gli stage aziendali.

Di fronte a tutto questo, i comunisti e le comuniste non possono che assumere una posizione chiara non solo di fronte alla destra al governo, ma anche nei confronti di tutti coloro che ne condividono le scelte di fondo, in particolare rispetto alla guerra e all’austerità, promuovendo un’iniziativa di rottura con l’avvelenamento bellicista, la collaborazione di classe, la mancanza di coraggio politico che produce una pesante cappa di rassegnazione tra le fila delle classi subalterne.

Oggi è necessario alzare la bandiera contro la guerra in ogni ambito e in ogni situazione, far vivere il rifiuto delle politiche belliciste dentro ogni lotta.

Solo così renderemmo degna memoria e reale giustizia a chi durante la Resistenza, imbracciando le armi, non esitò di fronte a un nemico che sembrava invincibile, non solo per liberarsi dal giogo del nazifascismo, ma per sbarazzarsi dal sistema che aveva portato alla carneficina della Seconda Guerra Mondiale.

Per questo, promuoveremo e parteciperemo nelle differenti città dove siamo presenti alle iniziative in occasione della Liberazione.

Partigiani contro la guerra!

Rete dei Comunisti, Cambiare Rotta – organizzazione giovanile comunista, OSA (Opposizione Studentesca d’Alternativa)

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2 Commenti


  • Antonino RASO

    I NOSTRI VALOROSI PARTIGIANI E PARTIGIANE CI AVEVANO LIBERATO DALLA DITTATURA FASCISTA E DAI NAZISTI IN ITALIA! MA POI CON IL FAMIGERATO” PIANO MARSHALL DE GASPERI CI HA VENDUTI AGLI UDA! ORA ABBIAMO ADDIRITTURA DI NUOVO UN GOVERNO FASCISTA CHE DIPENDE DAGLI USA E CI STA TRASCINANDO A UNA GUERRA CATASTROFICA! I NOSTRI PARTIGIANI E PARTIGIANE SI STANNO RIGIRANDO NELLE LORO TOMBE!😢😡


  • Andrea Vannini

    Oggi, come nel 1943, la riscossa antifascista è antimperialista inizia da est. Stalingrado in ogni città

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