Sono stati almeno otto i decessi sul lavoro che USB e Rete Iside hanno calcolato tra il 27 e il 28 luglio: una strage continua, che non accenna a rallentare ma, anzi, sembra accelerare.
La problematica del caldo, cui il governo Meloni non ha dato una risposta adeguata, rimane purtroppo centrale in questa fase: l’estate si sta trasformando nella stagione nera delle morti di lavoro.
In Lombardia un operaio di origine foggiana di 44 anni, Giuseppe Ammolla, è deceduto mentre tornava a casa da una giornata di lavoro: l’uomo è stato visto accostare, scendere dal mezzo ed accasciarsi al suolo, probabile che la causa sia da ricercare in un colpo di calore.
Sono state ben 5 le vittime per cadute nel vuoto, alcune delle quali fortemente sospettate di essere state causate dalle temperature elevate.
Un uomo di 70 anni, Gino Pontarini a Buttrio (Udine), mentre riparava un lucernario sul tetto della sua ex falegnameria è precipitato per dieci metri.
A Pietrasanta (LU) un uomo di 46 anni, Alessio Pellegrini, è caduto per nove metri all’interno della ditta marmi e graniti Savena.
Nel Crotonese un operaio di 49 anni è precipitato sgomberando un balcone da materiali edili e di costruzione: si chiamava Francesco Leotta e sembra che nel cantiere dove stava lavorando non ci fossero parapetti a norma: colpito probabilmente da un malore causato dal caldo – da verificare se stesse lavorando nella fascia oraria proibita dalle norme regionali – è caduto per oltre nove metri.
Sempre in Calabria, ma in provincia di Cosenza, è deceduto un altro operaio di 48 anni, cadendo dall’impalcatura dalla quale stava rimuovendo pannelli all’esterno di un capannone industriale.
Ieri mattina, poi, in un cantiere edile di Trani, è morto Arcangelo Sifo, operaio di 53 anni che, mentre lavorava all’ultimo piano di un edificio ha accusato un malore, anche qui probabilmente a causa del caldo.
In Abruzzo, a Nocciano in provincia di Pescara, un uomo di 61 anni ha perso la vita per il ribaltamento del trattore: anche questa, purtroppo, una dinamica che si ripete di continuo.
Nella notte, sempre in Abruzzo, ha perso la vita mentre tornava dal lavoro con la sua moto il medico Gianluca D’Emilio di 52 anni.
Decessi evitabili, che ci parlano troppo spesso di lavoratori che perdono la vita a causa di misure aggirate e non rispettate.
Il caldo estremo estivo sta diventando una vera e propria condizione strutturale, a causa del cambiamento climatico: per questo siamo convinti che serva un intervento legislativo ugualmente strutturale, per tutelare chi lavora in condizioni estreme, non un protocollo di emergenza.
L’intervento del governo, ad oggi, sembra voler andare solo nella direzione di sollevare le imprese da eventuali responsabilità, ma se non vengono prese misure come lo stop alle attività in condizioni climatiche di rischio, sopra i 30°, purtroppo le morti sono destinate ad aumentare.
La cultura padronale che vede nelle misure di sicurezza ed a tutela della salute dei lavoratori un ‘costo inutile’, da ridurre per aumentare il profitto, è la prima responsabile di ogni morte di lavoro: per questo USB e Rete Iside sono tra i promotori di una legge di iniziativa popolare che introduce il reato di omicidio e lesioni gravi o gravissime sul lavoro.
Serve uno strumento di deterrenza che sia reale ed abbia un effetto pratico immediato: la nostra, ad oggi, è l’unica proposta in campo per ottenere l’obbiettivo di fermare la strage di chi lavora.
La regione in cui si muore di più in Italia rimane la Lombardia, con ben 96 uccisi sono nel 2023, seguono la Campania con 68 e il Veneto con 53. Il numero totale dei morti di lavoro nel 2023 è di ben 663.
I dati per regione: Lombardia 96; Campania 68; Veneto 53; Piemonte 47; Lazio 44; Sicilia 43; Emilia Romagna 41; Puglia 40; Calabria 37; Toscana 34; Abruzzo 34; Marche 26; Friuli Venezia Giulia 19; Umbria 17; Sardegna 16; Liguria 14; Basilicata 11; Alto Adige 8; Trentino 7; Estero 6; Valle d’Aosta 4; Molise 3.
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