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Quella nel Mar Rosso è una missione di guerra

E’ una missione di guerra, non è una missione di pace, con tutti i rischi che ne conseguono”. L’ammiraglio Ferdinando Sanfelice di Monteforte,  oggi professore di studi strategici e presidente del think thank Mediterranean Insicurity in una intervista rilasciata a Il Messaggero ha analizzato la missione militare/navale Aspides nel Mar Rosso e i possibili scenari futuri.

A rafforzare lo scenario di una missione di guerra, arriva anche l’intervista della Adnkronos a Nasr al-Din Amer, uno dei dirigenti del partito yemenita Ansar Allah (Houthi),  il quale ha commentato l’operazione condotta nei giorni scorsi dal cacciatorpediniere italiano “Duilio” che ha abbattuto un drone nello Stretto di Bab al-Mandab: “Non sarebbe dovuto accadere. Non abbiamo deciso di prendere di mira le navi dell’Italia, ma il fatto che abbia fermato la nostra operazione è inaccettabile”. Non solo. Nasr al-Din Amer ha anche evidenziato che “mettersi a protezione delle navi israeliane e americane” espone l’Italia a rischi e, in particolare, “minaccia la sicurezza delle sue navi in ​​futuro”.

Il dirigente Houthi ci tiene a precisare che “Non abbiamo attaccato alcuna nave italiana. Sarebbe meglio evitare informazioni sospette e imprecise”, chiarisce Amer. “Non vogliamo prendere di mira l’Italia o altri Paesi. Il nostro obiettivo sono le navi americane, britanniche e israeliane e quelle dirette verso l’entità sionista”, scandisce il dirigente di Ansar Allah.

Alla domanda se l’Italia è o sarà un obiettivo delle operazioni militari degli Houthi la risposta di Amer è sibillina: “Vediamo gli sviluppi e poi decideremo” e poi sottolinea di nuovo che “Se l’Italia fermasse di nuovo un nostro attacco significherebbe un suo maggiore coinvolgimento nella guerra contro di noi”.

Sui rischi della missione militare Aspides nel Mar Rosso, nell’intervista a Il Messaggero l’ammiraglio Sanfelice di Monteforte è apparso piuttosto esplicito: “È una missione di guerra e quindi ci sono tutti i rischi di una situazione di questo genere. Non è una missione di pace. Nasce per assicurare la protezione di navi mercantili in transito nel Mar Rosso. Il rischio è elevato. Certo le navi da guerra riescono a resistere all’attacco di uno o due droni ma comunque non si possono escludere conseguenze più gravi come abbiamo visto è già accaduto con la morte ed il ferimento di alcuni uomini.”

Sul pericolo di una escalation e di un maggiore coinvolgimento dell’Unione Europea, l’ammiraglio sottolinea come quello già inviato nel Mar Rosso sia solo un contingente iniziale che potrebbe essere incrementato se la situazione dovesse aggravarsi. “L’Europa è composta da 27 Paesi e per ora solo alcuni hanno aderito alla missione. Se la crisi dovesse acutizzarsi, per il trattato di Lisbona, anche gli altri Paesi dovranno collaborare e penso, innanzitutto, alla Spagna. Anche i 4 Paesi che già hanno mandato le navi nel Mar Rosso potrebbero essere costretti a mandarne altre se la situazione evolve negativamente”.

Nelle disinibite valutazioni dell’ammiraglio Sanfelice di Monteforte troviamo non solo la conferma che la missione è – de facto – una missione di guerra, ma è anche l’attuazione di quanto evocato nella Maritime Security Strategy dell’Unione europea approvata il 10 marzo 2023 (quindi ben sette mesi prima del conflitto a Gaza estesosi poi al Mar Rosso, ndr), dove è previsto un “diretto impatto sulla sicurezza e la prosperità europea” e dove l’Ue “deve estendere la propria influenza con le navi dei paesi membri”.

Gli obiettivi politico-militari dell’Unione Europea sul cosiddetto “Mediterraneo Allargato” (che arriva al Golfo Persico e al Golfo di Guinea oltre che al Mar Rosso) sono così indicati: proteggere gli interessi dell’UE in mare – cittadini, economia, infrastrutture e confini; proteggere le nostre risorse naturali e l’ambiente marino; sostenere il diritto internazionale, in particolare la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare; reagire prontamente ed efficacemente alle crescenti minacce (ad esempio, minacce informatiche e ibride): garantire la formazione e l’istruzione necessarie per contrastare le minacce.

L’operatività della MSS europea si basa su azioni tese a organizzare un’esercitazione navale annuale a livello dell’UE; rafforzare le operazioni navali esistenti nell’UE; sviluppare ulteriormente la guardia costiera nei bacini marittimi dell’UE; estendere il concetto di presenza marittima coordinata a nuove aree marittime di interesse.

A chi in Parlamento si è accontentato delle rassicurazioni del ministro degli Esteri Tajani sul carattere “difensivo” della missione militare nel Mar Rosso, vorremmo ricordare che queste somigliano alla stessa menzogna che ha chiamato negli anni passati “missioni di pace” gli interventi militari – anche di truppe italiane – in Afghanistan e Iraq.

La realtà rivelata da quelle missioni militari ha prodotto danni politici, costi umani, economici e sociali di cui ancora oggi si pagano le conseguenze.

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