“È importante che tutti in Europa accettino l’evidenza che la guerra è ormai dentro l’Europa, non alla sua periferia”. Ad affermarlo è il ministro degli Esteri ucraino Kuleba in una intervista al Giornale. Con toni quasi apocalittici Kuleba ribadisce che “In Europa l’Era della pace è finita. L’Europa deve prepararsi a combattere. E i Paesi europei non lo sono”.
Dopo di che passa ai consigli per l’acquisto lamentando che non ci sono abbastanza munizioni nei magazzini e che l’industria bellica non ne produce abbastanza. Non ci sarebbero poi abbastanza veicoli corazzati, che da tempo non vengono prodotti a sufficienza. Non ci sarebbero “molte di quelle cose necessarie per avere successo in un conflitto”. “Dovete svegliarvi – aggiunge Kuleba – e capire che il mio migliore per scongiurare l’arrivo della guerra nelle vostre case è aiutare gli ucraini”.
Ma il ministro ucraino chiede di più. Non solo armamenti ma soldati europei e della Nato sul campo. Sposando la proposta di Macron di procedere all’invio di soldati in Ucraina, Kuleba suggerisce “Di smetterla di fare missioni di addestramento fuori dai confini, ma di farle in qui”. A fare da controcanto a Kuleba arriva anche il primo ministro ucraino. “La guerra sta passando il punto di non ritorno in termini di conseguenze per il continente, dove nessun Paese rimarrà indenne se il conflitto non avrà un esito giusto”, ha detto il premier ucraino Denys Shmyhal.
In Francia il fremito bellicista scorre nei corridoi del ministero della Difesa. Al ministero delle Forze armate, nell’entourage di Sébastien Lecornu, difendono la posizione del presidente Macron : “Lo stato delle forze in Ucraina è molto preoccupante. Le osservazioni del presidente richiedono una scossa e dimostrano che siamo a un punto di svolta” scrive il sito di informazione Marianne.net.
“Ventidue dei nostri Stati membri fanno parte dell’Alleanza transatlantica, questo significa che la strategia per rafforzare l’industria europea della difesa è in stretto coordinamento con la Nato”, aveva detto a febbraio la presidente della Commissione europea Von Der Leyen “Abbiamo una forza militare congiunta che possiamo schierare per difendere i nostri valori e le nostre democrazie”.
La Commissione europea ha presentato martedì 5 marzo la strategia comune per l’industria della Difesa (Edis), uno punti cardine del programma di Ursula von der Leyen sull’aumento delle spese militari in Europa. La nuova strategia europea “sosterrà gli Stati membri non solo a spendere di più, ma a spendere meglio, insieme e in modo europeo”, ha affermato la Von der Leyen.
In Italia, per ora, il governo ha preso le distanze dalle ambizioni guerrafondaie di Macron sull’invio di truppe sul campo. “Non se ne è mai parlato in ambito Nato e non capiamo perché oggi si debba evocare uno scenario del genere, che avrebbe conseguenze pericolosissime, anche una terza guerra mondiale“, ha affermato il ministro degli Esteri Tajani.
Il ministro della Difesa Crosetto non ha nascosto le sue preoccupazioni per le esternazioni del presidente francese, e non solo. “Dovrebbe evitare dichiarazioni a effetto – come quella di mandare la Nato in Ucraina cercando di fare più bella figura. O evitare di dividersi in incontri a due o tre quando in Europa siamo in 27″.
“Se l’intelligence tedesca ha recapitato sulla scrivania del Cancelliere Scholz un corposo dossier sulle conseguenze di un’uscita repentina degli Usa dalla Nato, vuol dire che dobbiamo abituarci a ponderare l’impensabile ma, soprattutto, ad agire rapidamente ed efficacemente” avverte però la newsletter dell’Istituto Affari Internazionali.
Sarebbe dunque un errore confondere questa cautela del governo italiano con una linea diversa da quella dei guerrafondai europei come Macron, Von der Leyen, Tusk.
L’Italia, da Stato storicamente asservito a Washington – se non in rarissime occasioni – sta solo aspettando l’esito delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti per vedere quale sarà l’orientamento che prevarrà alla Casa Bianca sull’Ucraina. Se anche Washington dovesse scegliere la strada dello scontro diretto con la Russia, il governo italiano si arruolerebbe subito tra i “volenterosi guerrafondai” d’Europa.
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Sergio
“…non capiamo perché OGGI si debba evocare…” per i nostri guerrafondai la questione è di tempo, come in tutte le loro guerre, la prima, la seconda…
Mara
Una risposta alle farneticazioni guerrafondaie si potrebbe dare alle urne per le elezioni europee non andando a votare. Anche se ciò non cambierebbe le intenzioni bellicose farebbe capire che queste non sono condivise dalla popolazione
giovanni fioravanti
pazzesco che si dia voce a un personaggio losco e osceno come Kuleba. Possibile che i politici “occidentali” non capiscano in quale fogna si sono immersi? Possibile che siano così imbecilli e criminali al punto di evocare una guerra adducendo motivazioni fasulle e inventate? Diamoci da fare col voto prima che sia troppo tardi.
Heidrek
So di andare controcorrente ma l’astensione ha ormai ampiamente dimostrato di essere uno strumento del tutto inutile.
Essersi astenuti alle ultime elezioni politiche ha avuto come unico risultato quello di legittimare -secondo costituzione- un governo di estrema destra che persegue politiche repressive (e sì, un governo di centro-sinistra, per quanto traballante e demenziale, sarebbe stato decisamente meglio).
Alle europee bisogna votare, anche tappandosi il naso, gli unici partiti ad avere ben chiaro nel loro programma uno stop al sostegno incondizionato all’Ucraina, all’invio di armi, e a politiche guerrafondaie. Questo è il segnale da lanciare.
Eros Barone
Le elezioni in un’insignificante colonia americana in tempo di guerra contano davvero poco. Chiunque avrà vinto, se non rispetterà qualsivoglia ‘diktat’ degli USA, si troverà una testa di cavallo nel letto… Il resto è tifo calcistico e cabaret, giacché la verità è che ci vogliono ben altro che le elezioni per terremotare l’asse europeistico pro-USA, che domina il Vecchio Continente. Se non sorgono forze e uomini disponibili ad utilizzare altri mezzi, di una certa virulenza, le nostre prospettive di liberazione dal giogo statunitense saranno inesistenti. Le elezioni sono il loro gioco, un gioco in cui il banco, in una maniera o nell’altra, vince sempre.