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Le inquietanti parole dei guerrafondai europei

Il cancelliere tedesco Helmut Khol, parlando nel1996 all’università di Lovania affermava che “L’integrazione economica europea sarà un problema di pace o di guerra nel XXI° Secolo”. Lo stesso concetto le ebbe a ribadire in una intervista al Corriere della Sera, qualche anno dopo.

Sono passati pochi decenni e suoi eredi politici nel processo di integrazione dell’Unione Europea, stanno facendo conti esattamente con la contraddizione indicata dal padre della unificazione tedesca e della Grande Germania e un vero e proprio caterpillar dell’unificazione europea.

“Dopo la caduta del Muro di Berlino, l’Ue pensava di “essere circondata da un anello di amici, ma si è ritrovata “circondata da un anello di incendi e di instabilità”. A sottolineare il passaggio storico è stato pochi giorni l’Alto Rappresentante della politica estera dell’Ue Josep Borrell, intervenendo ad un forum sull’economia a Bruxelles.

Ma sono state alcune sottolineature a rendere ancora più inquietanti le sue parole: “La guerra in Europa non inizierà domani ma è all’orizzonte e non possiamo più negare la realtà che vede la crescente competizione tra le grandi potenze, i conflitti ad alta intensità tra Stati, la militarizzazione dell’interdipendenza economica, la guerra cibernetica e la disinformazione che sono ormai parte della nostra quotidianità”.

Non solo. Per Borrell “La prospettiva di una guerra convenzionale ad alta intensità non è più una fantasia: dobbiamo naturalmente fare di tutto per evitarla, ma per fare deterrenza abbiamo bisogno di mezzi commisurati allo scopo”.  

Secondo l’Alto Rappresentante della politica estera europea “stiamo vivendo un momento molto importante nella creazione dell’Ue” con la guerra in Europa che non è più un tabù e per la quale si è detto più che favorevole alla “creazione di un nuovo strumento finanziario intergovernativo, una sorta di MEF della Difesa, paragonabile a quello che abbiamo creato durante la crisi finanziaria (del 2008, ndr) per sostenere alcuni Stati membri che soffrivano per la crisi finanziaria”.

La corsa al riarmo, ha sottolineato Borrell, deve avvenire in tempi rapidi perché “non possiamo fare affidamento sul sostegno americano e sulla capacità degli Stati Uniti di proteggerci in quanto l’Europa, a prescindere da chi guiderà l’America in futuro, deve poter fare affidamento sulle “proprie capacità militari”.

Da qui l’appello a fare investimenti nell’industria militare che, secondo Borrell, devono permettere alla Ue di affrontare “una guerra convenzionale ad alta intensità in Europa che non è più una fantasia”. Certo, aggiunge l’Alto rappresentante Ue, bisogna “Dobbiamo fare tutto il possibile per evitare un conflitto all’interno dei confini dell’Unione Europea, ma per farlo dobbiamo avere i mezzi per la deterrenza”. 

Ma se parole di Borrell hanno fatto scendere un brivido lungo a schiena a molti europei, va rimarcato che gli apparati di Bruxelles stanno già lavorando in questo senso.

Recentemente la Commissione Europea ha varato una proposta per un programma di rafforzamento dell’industria della difesa comune i cui obiettivi sono così sintetizzabili:
1) creare un comitato per coordinare gli acquisti di armamenti degli Stati membri;
2) incentivare la cooperazione attraverso l’EDTIB (EU’s Defence Technological and Industrial Base ) un programma per il coordinamento della progettazione di armamenti già esistente ma finora poco utilizzato;
3) varare una serie di meccanismi e prassi volti a favorire la formazione di scorte di materie prime e materiali utili all’industria della difesa e la loro condivisione tra gli Stati membri;
4) lanciare progetti di difesa europei da realizzarsi entro il 2035 nei settori difesa antiaerea e antimissile integrata, monitoraggio dei satelliti, difesa cibernetica e difesa marittima;
5) erogare aiuti alle imprese per incrementare la base industriale e la ricerca;
6) inserire considerazioni di difesa nell’elaborazione dei progetti industriali comunitari.

Nell’ultimo decennio, le spese militari dei Paesi UE della NATO sono aumentate di quasi il 50%, passando da 145 miliardi di euro nel 2014 a circa 215 miliardi di euro nel 2023.

Con la guerra in Ucraina, le spese in armamenti per il 2023 hanno visto un aumento di quasi il 10% in termini reali rispetto all’anno precedente.

I Paesi UE della NATO nel loro complesso spendono oggi in media 1,8% del PIL per le loro forze armate, vicino all’obiettivo del 2% richiesto dagli Stati Uniti e adottato dalla NATO che lo stesso Borrell ha invitato a raggiungere senza più alcun ritardo.

Gli Stati membri dell’Ue stanno già spendendo molto di più per la difesa, con un aumento del 40% del bilancio della difesa negli ultimi dieci anni e un balzo di 50 miliardi di euro tra il 2022 e il 2023. Tuttavia, i 290 miliardi di euro di bilancio per la difesa dell’Ue nel 2023 rappresentano solo l’1,7% del nostro Pil secondo il parametro del 2% della Nato” ha sottolineato Borrell, aggiungendo che “Dobbiamo spendere di più ma anche meglio, e meglio significa insieme”.

Nel 2021 l’Ue ha infatti comprato dagli Stati Uniti sistemi bellici per 15,5 miliardi di dollari, nel 2022 la cifra è cresciuta fino a 28 miliardi, e nel 2023 la spesa è ulteriormente cresciuta. Da qui la pressione della Commissione affinché si rafforzi al più presto quello che possiamo ormai definire il complesso militare-industriale europeo.

Per i guerrafondai europeisti come Borrell e Von der Leyen etc. infatti è tempo che i paesi europei acquistino e producano armamenti europei. E’ il lato oscuro – ma ampiamente prevedibile – dell’integrazione capitalistica a livello di Ue, quella che Khol indicava come problema di pace o di guerra nel XXI Secolo.

E ormai si respira a piena polmoni il clima della seconda.

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