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“Occorre ribaltare l’attuale modello di formazione, serve un’alternativa”

Lettera di invito al Forum organizzato da Osa Cambiare Rotta Sabato 18 maggio – Università Sapienza di Roma

Siamo le studentesse e gli studenti medi dell’OSA (Opposizione Studentesca d’Alternativa) e gli universitari di Cambiare Rotta. Nelle ultime settimane insieme a tanti collettivi, organizzazioni giovanili, docenti e ricercatori solidali siamo stati protagonisti nella battaglia contro il vergognoso Bando MAECI e nella ripresa della lotta contro i rapporti tra le università e la filiera bellica, attraverso lo strumento del boicottaggio accademico in tutte le sue forme, fino allo sciopero della fame in Sapienza.

In questo momento storico crediamo sia innanzitutto urgente e necessario far emergere e organizzare le voci di dissenso nei confronti delle posizioni guerrafondaie del nostro Governo e di tutta la classe dirigente del nostro Paese e del mondo occidentale: di fronte al genocidio in atto in Palestina, ai vari focolai di guerra, al riarmo e a quella che perfino Tusk, primo ministro della Polonia, ha definito “la nuova era bellica in Europa”, non bastano le piccole e grandi vittorie ottenute negli atenei di Bari, Torino e nella Normale di Pisa, ma anzi dobbiamo allargare e approfondire le nostre ragioni e la nostra forza.

La stampa, i ministri e le istituzioni universitarie più ostili ci hanno spesso definito come estremisti, una minoranza di “intolleranti”, cercando di sminuire l’importanza del rinnovato protagonismo giovanile nel panorama politico italiano.

Quello che non emerge nell’informazione mainstream è che noi siamo le giovani generazioni alle quali sono state vendute e promesse grandi possibilità nel fantomatico paradiso del capitalismo occidentale, ma a cui in realtà è stato consegnato un mondo fatto di guerre, di sfruttamento, di profonda crisi sociale, economica, ambientale e culturale che non possiamo né dobbiamo accettare passivamente.

È con questa consapevolezza che negli ultimi anni abbiamo preso parte a tante mobilitazioni e costruito alleanze sociali e politiche dentro e fuori le nostre scuole e università in opposizione alle disastrose politiche dei governi di centrodestra e di centrosinistra, dettate ora dall’Unione Europea ora dalla Nato.

In tal senso la pandemia da Covid19 ha segnato un punto di non ritorno, che ha palesato la debolezza intrinseca dello Stato neoliberista occidentale. Le conseguenze disastrose delle privatizzazioni nella sanità pubblica e dei tagli all’istruzione si sono manifestate in maniera dirompente su tutta la popolazione e su noi giovani, palesando disuguaglianze economiche, disparità culturali e digitali.

Ed è proprio in questo contesto che è nata l’ondata di occupazioni degli istituti scolastici in tutto il Paese, tristemente culminata nella tragedia di tre ragazzi uccisi in alternanza scuola-lavoro e nelle manganellate sugli studenti che ne chiedevano l’abolizione immediata.

Questi fatti hanno contribuito alla politicizzazione studentesca contro il governo di Mario Draghi e il modello neoliberista di scuola imposto dall’Unione Europea.

Sul piano internazionale, con la fuga degli USA dall’Afghanistan, l’escalation militare in Ucraina e il risveglio dei popoli africani contro il colonialismo abbiamo poi visto cambiare gli equilibri mondiali sotto i nostri occhi. 

Crollate le favole della “fine della storia” e della supremazia del cosiddetto Occidente libero e democratico sul resto del mondo, abbiamo preso parte alle mobilitazioni pacifiste contro i piani di guerra della Nato e il riarmo, al fianco dei popoli che legittimamente reclamano la propria autodeterminazione e al fianco di settori popolari e di lavoratori del nostro paese che protestano per non pagare il peso dell’ennesima crisi che la guerra ha accelerato.

La crisi internazionale ha subito mostrato i suoi effetti nella concretezza del peggioramento delle nostre condizioni materiali, come dimostrano tutti i dati sul carovita e sul caro studi: in questo senso, il “movimento delle tende” in università ci ha permesso di far emergere una problematica atavica degli studenti, dovuta alle politiche di svendita delle città ai palazzinari e ai privati.

La risposta repressiva delle Istituzioni di fronte alle proteste non ha a che fare solo con i manganelli che abbiamo visto a Pisa, a Torino o negli ultimi giorni in Sapienza, ma è l’esito di un processo di involuzione autoritaria di una classe dirigente (non solo di un governo) in profonda crisi di legittimità, in grado solo di esercitare il suo dominio perché riscontra sempre più difficoltà nel garantirsi il consenso.

Si spiega allora la preoccupazione del ministro Valditara quando afferma: “Ora credo sia finita quell’idea, forse sessantottina, della scuola come luogo di militanza politica”.

Certo: cosa accadrebbe se la scuola smettesse di essere luogo di subordinazione ideologica a un modello di sviluppo che richiede solo manodopera silente, precaria e flessibile, soggetti atomizzati in continua competizione l’uno con l’altro, in un mix letale tra individualismo, aziendalismo e desensibilizzazione di massa?

Cosa accadrebbe se l’università smettesse di essere solo il luogo della produzione di un sapere, di un know-how sussunto al profitto e alla competizione globale?

Cosa accadrebbe, dunque, se scuole e università si trasformassero da anelli di trasmissione di una subordinazione ideologica, culturale e lavorativa al modello dominante in punti principali di sviluppo delle contraddizioni politiche e sociali?

Cosa potrebbe succedere se una generazione senza futuro iniziasse a percepire la contraddizione tra le favole raccontate e la realtà?

E se questa generazione si rendesse conto che quelle favole vengono raccontate dalle stesse istituzioni scolastiche e universitarie che non garantiscono più alcun tipo di mobilità sociale?

E, ancor di più, cosa succederebbe se si accorgesse che di fronte a mobilitazioni e proteste la risposta delle suddette istituzioni non è altro che intensificazione dei meccanismi repressivi?

È evidente che il problema da porsi qui e ora non sono “solo” i rapporti tra gli atenei e Israele, tra le scuole e le aziende della filiera bellica, ma è quello di iniziare ad immaginare il ribaltamento dell’attuale modello di formazione che riflette e riproduce il modello di società attuale, intriso di oppressione, sfruttamento e guerra.

Siamo convinti dell’urgenza di aprire un dibattito aperto e plurale tra studenti medi e universitari, ricercatori e docenti, lavoratori della filiera formativa, accademici e intellettuali, collettivi e organizzazioni impegnati nelle scuole e alle università, e tutti coloro che condividono con noi la necessità di costruire qui e ora l’alternativa a questa Scuola, Università e Ricerca: l’appuntamento è sabato 18 maggio all’Università la Sapienza di Roma, nei prossimi giorni saranno definiti orari e interventi.

I lavori del Forum si svolgeranno sabato 18 maggio dalle ore 10.00 alle 18.00 alla facoltà di Ingegneria (San Pietro in Vincoli), domenica 19 maggio dalle ore 10.00 al Nuovo Cinema Aquila (Via L’Aquila 66) vedi QUI il programma dei lavori.

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3 Commenti


  • luigi b.

    Si concorda in pieno sul contenuto dell’articolo.
    E pur essendo solidale, purtroppo un pò poco per quanto mi concerne, ma comunque solidale, mi pare ci sia un problema: il mondo produttivo, la cosiddetta classe operaia/i lavoratori, un alleato indispensabile/fondamentale nella lotta contro la guerra, l’imperialismo e il capitale sanguisuga, sembra essere sorda a tali argomentazioni. Se il mondo produttivo non si mobilita al fianco di chi oggi ha già coscienza, ammesso che una parte di mondo produttivo non l’abbia, la possibile vittoria su questa guerrafondaia, malsana, autoreferenziale ecc. (tutti nessuno escluso) classe politica(sic) potrebbe essere sempre più lontana. O no?
    Cordialmente saluti comunisti. Luigi B.


  • Mara

    Tutta la mia solidarietà e ammirazione a questi giovani per la loro intelligenza per il loro coraggio.


  • Pasquale

    Bene questa riaccensione del conflitto. Solidarietà morale e, quando possibile, anche fisica a questo movimento studentesco che promuove una visione nuova di formazione che si identifica nella lotta contro la guerra, contro l’occidente liberista e capitalista, contro il genocidio che l’esercito sionista di Israele sta consumando nei confronti del popolo palestinese e contro le stupide posizioni interventiste e reazionarie del governo italiano. Per una scuola e una società che divulghino sapere e costruiscano ‘l’hombre nuevo’ in grado di proporre idee nuove di produzione culturale, sociale e lavorativa. Bisogna, però, che questo progetto di cambiamento veda insieme in una lotta comune anche e soprattutto tutti quei lavoratori, gli intellettuali, la comunicazione libera e il mondo dell’associazionismo impegnato, che da sempre e instancabilmente conducono battaglie per i diritti, per il lavoro, in difesa degli ultimi e degli oppressi, per un mondo migliore.

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