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Prigionieri palestinesi in Italia. La Cassazione valuta diversamente i casi di Anan, Alì e Mansour

Si è tenuta l’11 luglio, presso la Corte Suprema di Cassazione, l’udienza per il ricorso alle misure cautelari di Anan Yaeesh, Ali Irar e Mansour Doghmosh, i tre palestinesi arrestati dalle autorità italiane con l’accusa di “terrorismo”.
Abbiamo visto, nel corso degli ultimi mesi, come questi arresti siano evidentemente un atto politico, frutto della fedeltà che ciecamente lo Stato italiano continua a serbare nei confronti di Israele, azione il cui scopo è quello di “criminalizzare” la resistenza in Palestina, in spregio dello stesso diritto internazionale che riconosce il diritto all’autodeterminazione e alla resistenza, anche armata, nei territori sotto occupazione, come è quello palestinese.
L’udienza si è svolta a porte chiuse in quanto, di regola, la Corte di Cassazione decide in Camera di Consiglio non partecipata: pertanto non erano presenti Anan, Ali e Mansour e nemmeno terzi, ma i soli avvocati.

In concomitanza, a Roma, dopo il partecipato corteo di sabato che ha visto centinaia di persone scendere in piazza per chiedere la liberazione dei tre e per condannare la criminalizzazione della resistenza palestinese da parte delle autorità italiane, si è svolto un presidio davanti al Palazzo di Giustizia. Iniziative simili sono state organizzate anche in altre città italiane, a Milano, Bergamo, Como, Firenze, Pisa, Modena.
E’ dunque giunta poco fa la notizia dell’esito dell’udienza: la corte ha annullato con rinvio per Ali Irar e Mansour Doghmosh, i quali dovranno, presumibilmente subito dopo l’estate, tornare davanti al Tribunale del Riesame dell’Aquila che dovrà rivedere la propria decisione di tenerli in carcere.
Questo è da ritenersi un primo passo avanti che potrebbe significare la scarcerazione in tempi brevi per Ali e Mansour.
Per Anan Yaeesh, la Corte di Cassazione ha invece confermato le misure cautelari: pertanto dovrà rimanere in carcere almeno per la durata del processo. Questo vuol dire che si andrà avanti nella costruzione di un’ampia mobilitazione a suo sostegno e favore, per la sua liberazione e per il diritto del popolo palestinese a resistere, denunciando la complicità dell’Italia e del governo Meloni che, nel pieno di un genocidio, oltre a fornire appoggio politico e militare a Israele, concede a oltre mille cittadini italiani di combattere nelle fila dell’esercito israeliano; che – nonostante avesse dichiarato il contrario – ha continuato a fornire armi all’esercito d’occupazione israeliano per tutta la durata della guerra; che decide di arrestare tre palestinesi con l’accusa di sostenere una resistenza riconosciuta legittima dallo stesso diritto internazionale, prostrandosi alla volontà di USA e Israele, alla faccia della tanto decantata “sovranità”.

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