“É cominciata di nuovo la caccia alle streghe:
I padroni, il governo, la stampa e la televisione;
In ogni scontento si vede uno sporco cinese”.
Alfredo Bandelli, La caccia alle streghe
La manifestazione nazionale neo-fascista convocata a Bologna sabato 9 novembre da la “Rete dei Patrioti” e da CasaPound, e le contro-manifestazioni organizzate in città per impedirne lo svolgimento, sono state al centro dell’attenzione mediatica ed hanno avuto precisi riflessi nel dibattito politico anche a livello nazionale che si riverberano sulle prossime mobilitazioni contro le politiche dell’attuale esecutivo.
In un clima elettorale – in Emilia Romagna si vota il 17 e 18 novembre – caratterizzato da un campagna piuttosto sottotono dei due principali sfidanti alla carica di governatore – resa più dinamica solo dalla presenza “ingombrante“ di Federico Serra, sostenuto dalla lista unitaria Emilia Romagna per la pace, l’ambiente e il lavoro – ad una settimana dal voto si sono improvvisamente riaccesi i toni sulla questione dell’antifascismo e lo scontro sulla gestione “governativa” dell’ordine pubblico.
Il vero fatto politico a monte di ciò che è poi accaduto è uno: la concessione dell’autorizzazione per un corteo neo-fascista di una porzione del centro cittadino, blindato dalle forze dell’ordine per permetterne lo svolgimento, a due passi dalla Stazione dove per mano neo-fascista si è consumata la strage del 2 agosto del 1980 e a pochi giorni dall’ottantesimo anniversario della Battaglia di Porta Lame, durante la Resistenza.
Su questo sembra esserci stata una forzatura da parte del governo che – a dire persino dell’amministrazione bolognese – avrebbe disatteso le decisioni prese in sede del comitato provinciale dell’ordine e della sicurezza, per cui si sarebbe concessa comunque la piazza, ma in una zona periferica.
Un corteo annunciato da tempo da parte di formazioni apertamente neofasciste (CasaPund si autodefinisce fin dall’inizio come “i fascisti del terzo millennio”) che si sono mosse in questi mesi sostanzialmente in tandem con il centrodestra in città sulla questione del cosiddetto “degrado”, legittimati di fatto dalla profonda intesa e collaborazione tra il sindaco Lepore ed il Ministro Piantedosi.
In pratica una continua militarizzazione dei quartieri popolari e una prassi più “muscolare” dei nuovi vertici della questura, che avevano già dimostrato il 26 settembre scorso il proprio fare “benevolo” nei confronti dei compositi e minoritari aggregati della destra, nonché l’insofferenza nei confronti di chi li contrasta.
L’atteggiamento accondiscendente da parte delle forze dell’ordine nei confronti dei neofascisti è stato replicato anche nella manifestazione del 9 novembre come mostrano i filmati (con dirigenti di CasaPound che danno addirittura “indicazioni” ai responsabili di piazza), denunciato persino dal sindacato di polizia SIULP-CGIL, ma incredibilmente “smentito” dalla questura.
Esemplifica bene il concetto Federico Serra, intervistato da Bologna Today mentre era in piazza per contrastare i neo-fascisti: “è inaccettabile che sia data la possibilità di manifestare a queste organizzazioni fasciste”, sottolineando il fatto che questo permesso nasce dal patto “Lepore-Piantedosi che ha portato in città la criminalizzazione degli emarginati che vengono puniti aspramente per crimini minori, mentre si da via libera ai fomentatori d’odio come i fascisti”.
Resta insomma comune l’intento di centrosinistra e centrodestra di spostare l’attenzione dalle contraddizioni emerse con il ciclo di nuove alluvioni, che ha colpito anche Bologna città o l’ennesima strage di lavoratori consumatasi ultimamente nello stabilimento della Toyota (ritenuto “a torto” una delle eccellenze del cuore produttivo emiliano-romagnolo), o da temi molto sentiti inerenti al carovita, come l’insopportabile costo degli affitti a causa della “turistificazione” di sempre maggiori porzioni di territorio cittadino.
Su questi temi, del resto, tra i due poli dell’establishment politico sono molte di più le affinità che non le divergenze.
L’altro fatto politico rilevante è lo sforzo di criminalizzazione della legittima reazione antifascista di una parte consistente della cittadinanza (sia manifestando, si intonando cori o bersagliando i neofascisti dalle finestre) da parte della destra al governo, come Salvini e Meloni. In particolare verso coloro che in maniera più risoluta hanno deciso di muoversi per contrastare il raduno neo-fascista. Ma gli strali del centro-destra colpiscono anche la “sinistra moderata”, definita “connivente”.
Certamente il clima politico-sociale del paese sta cambiando, frutto di una situazione politica internazionale gravida di nefaste conseguenze e di una palese difficoltà dell’esecutivo nell’assicurare la pace sociale mentre si approfondiscono le politiche d’austerity e s’incrementa la torsione autoritaria; oltretutto, e non meno importante, vede il governo complice dell’attuale genocidio a Gaza e della tendenza alla guerra in tutto il Medio Oriente.
Questo esecutivo si è sempre mosso con la strategia della criminalizzazione preventiva del conflitto, sfruttando ogni occasione per veicolare una sorta di “neo-maccartismo” rispetto al diritto al dissenso, spalleggiato da una cordata mediatica formata da alcune testate giornalistiche e reti televisive sedicenti “liberali” contro “i rossi”.
Dall’altro canto l’opposizione del “campo largo”, e chi la spalleggia, non è stata assolutamente in grado di uscire dai perimetri dei salotti televisivi e delle passerelle elettorali per guidare una montante sentimento di disaffezione rispetto a questo esecutivo e alle politiche che porta avanti, facendo macerare le contraddizioni dentro quei corpi intermedi che vedono una parte della propria base piuttosto insofferente rispetto all’inadeguatezza delle forze che sarebbero i loro referenti politici.
In questo clima avvelenato, caratterizzato dal linciaggio a mezzo stampa, a farne le spese sono proprie le iniziative contro le politiche governative, come le ormai prossime mobilitazioni del 15 novembre in contrasto alle politiche scolastiche e formative, che vede alcuni dei promotori come bersaglio privilegiato degli strali dell’esecutivo e dei pennivendoli al suo seguito, specie per quanto concerne la mobilitazione bolognese del No Meloni Day, promossa come in altre numerose città da Cambiare Rotta ed OSA.
Questo esecutivo, ed in particolare la parte più reazionaria delle forze politiche che lo compongono, proprio perché sa di essere debole, attacca, alla viglia di un mese che vedrà accendere molte piazze, in particolare con la manifestazione nazionale del 30 novembre a Roma – preceduta dalla grande assemblea di Roma del 9 novembre – contro le politiche belliciste e genocidiarie israeliane e le complicità di questo governo, nonché lo sciopero generale e generalizzato del 13 dicembre.
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Robby
Grazie. Un’analisi ineccepibile.