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Silenzio armato

(In memoria di Emanuele Tufano, Arcangelo Correra e Santo Romano).

Lo conoscete a Brando? Comme Brando?! ‘O Cuozzo! No che non lo conoscete. Almeno la maggior parte di voi.

Brando stava di casa a Forcella. Venneva ‘a rrobba.

Quando salivi sopra da Brando, il brown lo teneva sopra al tavolo. Montagnelle da tagliare o messo già nelle bustine. Montagnelle di eroina affianco a montagnelle di cocaina.

Vicino alla roba Brando poi teneva la pistola. Non camminava più bene ed era sempre depresso. E la ragione per cui era depresso e non camminava più bene era seria. Seria assai.

Brando un giorno steva pulizzanno ‘o fierro e partì un colpo. E il colpo uccise il figlio. Il figlio di Brando.

Brando non resse alla colpa e al dolore. ‘O dulore ca se magna ‘e viscere e ‘o core. E se sparaje. Non si uccise ma restò semi paralizzato.

In casa i ragazzi e le donne della famiglia campavano così. Tra ero, coca e pistole. Uno ‘ncuollo â n’ate.

E già, perché Brando non era mica ricco. Nun faceva ‘a bella vita, come pensa invece la gente dabbene.

Quella che crede alla legalità e allo Stato e poi fotte il prossimo, va a puttane o se joca ‘a morte do’ figlio pe’ nu poco ‘e televisione.

Non diventi ricco facendo lo spacciatore al dettaglio o il manovale del Sistema. Devi dare conto alla Famiglia. Quella con la F maiuscola.

Quando era in corso qualche faida, i ragazzi ti venivano ad aprire con la 45 ficcata dietro ai pantaloni. Era la prassi nelle piazze di spaccio.

Luoghi di una vita in cui impari ad essere adulto a otto/dieci anni. Un’infanzia bastarda e violentata. Un’adolescenza violenta e sborrata. Come scarti di sperma tra le luci della ribalta sociale.

Dice, Morvì ho capito. Ma perché ci racconti questa merda? La risposta è facile. Perché mi sono rotto il cazzo.

Mi sono rotto il cazzo di sentire e leggere sociologismi da cattedre universitarie della buona borghesia. Sermoni grondanti compassione “sinistrese”. Invettive giustizialiste e forcaiole di boia fascisti.

È la stessa storia ogni qualvolta muore un ragazzo a Napoli. Un figlio dei quartieri popolari di questa città. Come di qualunque altra periferia del mondo. Mi sono rotto il cazzo.

Sono Sud dell’anima quelle esistenze. Periferie lontane dell’emozione, quelle infanzie e quelle adolescenze. 41 bis dell’intelligenza da cui è impossibile evadere.

Silenzio ci vorrebbe. E rispetto. Rispetto sì, per ragazzi come Emanuele Tufano, Arcangelo Correra e Santo Romano.

Emanuele Arcangelo e Santo. Che nomi. Come sa farsi beffe della vita il destino. Come sa sghignazzare il dio democratico nel suo atroce sadismo.

E rispetto ci vorrebbe, anche per i loro assassini. Perché a questi minorenni la realtà li sbrana. E loro azzannano per campare.

Sono gli ultimi esseri naturali rimasti in quest’epoca fatta di protesi tecnologiche e fantasmi virtuali.

Ma per loro ha scelto la vita. E la sorte. Hanno scelto le leggi degli uomini e del mercato. Ed un consesso sociale che li ha marchiati a fuoco, come i bisonti marchiati dai rancheros a stelle e strisce.

Ce vo’ culo pure a nascere e a murì comme a nu strunzo.

E voi. Voi con i vostri libri, con la vostra pietas, con la vostra ideologia che cazzo ne sapete?

Voi preti coi colletti inamidati. Voi laidi con il doppio petto stirato, con la vostra ipocrisia morale e il vostro disprezzo.

E anche voi, voi tossici di buone famiglie che andavate con la puzza sotto al naso a comprare la roba, come si va a pisciare in un cesso pubblico dietro la stazione.

Voi che cazzo ne sapete? Ci siete mai stati a casa di Brando voi? Ve ll’ate pigliate nu café o ve site magnate na pasta e pesielle c’ ‘o Cuozzo?

No? E allora basta. Rispetto ci vuole. E silenzio. Silenzio armato…

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