Poche settimane fa una memoria di Giunta del Comune di Roma autorizzava la vendita di alcuni immobili di proprietà di Atac. Si tratta di ex rimesse come quella di piazza Ragusa o quella di piazza Bainsizza, ma anche di depositi ancora in uso, come quello di Portonaccio che è tra i più grandi della città. C’è poi l’immobile di via Lucio Sestio, sempre di proprietà Atac, occupato nel 2008 e diventato uno dei punti di riferimento per le donne con la gestione delle attiviste di Lucha y Siesta. Elenco lungo, quello dei tentativi di chiudere esperienze collettive, tra questi anche Officine Zero a Casalbertone che tengono duro e rivendicano la loro storia con una lettera aperta.
Non sarà un’asta a distruggerci
Oz Officine Zero nasce nel 2012 da una visione precisa, ovvero trasformare il fallimento dell’ ex-RSI, un’impresa attiva per quasi un secolo, in un’opportunità per la città e da subito lancia una sfida alle istituzioni e alle forze economiche presenti a Roma.
Condividendo parte del percorso con i movimenti sociali più attenti ai temi del lavoro, che rivendicano con forza spazi di agibilità e di innovazione, Officine Zero rilancia la posta individuando e costruendo una strada che coinvolga pubblico e privati per portare il progetto da uno stato di occupazione abusiva a quello di legittimazione e formalizzazione.
La costruzione e la sostenibilità di un modello che permette e incentiva lo scambio di competenze in una condivisione di spazi, partendo dalla rigenerazione dal basso di un’area di oltre 20.000mq, riporta il lavoro all’interno del sito che ad oggi ospita circa 50 lavoratori tra autonomi, artigiani, associazioni, giornalisti e artisti.
Siamo in un terreno privato, dal 2012 in mano al tribunale di Lecco, su cui si susseguono aste fallimentari ad oggi andate tutte deserte. Ora ci sarà una nuova asta e l’acquirente più probabile è BNL/BNP Paribas, un gigante finanziario già protagonista di varie operazioni immobiliari nel quadrante Tiburtino (a partire dalla sua nuova sede centrale a ridosso della Stazione Tiburtina) e detentore di gran parte del credito del fallimento delle Ex-RSI.
Da subito cerchiamo nelle istituzioni una sponda affermando con forza il valore pubblico del progetto, nel dicembre 2015 partecipiamo ad una Call for Proposal indetta dalla Regione Lazio e il progetto viene indicato ammissibile per partecipare ad un bando di finanziamento sul riposizionamento competitivo nella green economy. Tuttavia, non avendo la titolarità sull’area non ci è stato possibile finora andare avanti.
Tra aprile ed ottobre del 2017 ci confrontiamo con il Comune di Roma ed il Municipio IV, ai quali chiediamo, non solo di tutelare Officine Zero, ma di preservare l’area della ex Rsi dalla speculazione, affermandone la pubblica utilità.
Purtroppo, le amministrazioni cittadine ci dicono in modo chiaro che non hanno intenzione di intervenire sulle aree private, anche quando fino ad oggi impiegate a servizi di interesse pubblico, rifiutando dunque il loro ruolo di decisori e governanti nell’interesse collettivo.
Tale presa di posizione, già grave in termini politici perché implica un atto di delega in bianco del pubblico a favore del privato, lo è ancor più nella misura in cui, Comune e Municipio, pur consapevoli delle intenzioni di BNL/BNP Paribas, hanno lasciato Officine Zero di fronte all’ineludibile necessità di confrontarsi con un tale interlocutore, senza alcuna mediazione istituzionale.
Decisi a non arrenderci, arriviamo a pensare di poter essere noi gli acquirenti che si oppongono all’avanzamento di BNL/BNP Paribas, ma ci rendiamo conto che l’esposizione economica e la complessità dell’operazione avrebbero inevitabilmente impattato in modo negativo sulla natura del progetto, ponendoci di fronte a delle eccessive difficoltà.
Nonostante la complessità del decidere e capire come relazionarsi con un soggetto come BNL/BNP Paribas, siamo intenzionati a non abbandonare l’intera area allo sviluppo di progetti che non avrebbero alcun impatto sociale e di innovazione sulla città.
Per questo abbiamo scelto di non tirarci indietro, ma di portare il confronto li dove sappiamo di essere più forti: noi abbiamo una visione, vogliamo trasformare parte di quest’area in una multifactory in grado di ospitare più di 100 lavoratori all’interno di un sistema collaborativo, composto da una rete eterogenea di competenze volta anche alla costruzione di progettualità comune, che possa incentivare la diffusione di progetti sociali e culturali.
Al momento l’Assessorato al Territorio della Regione Lazio ha espresso, anche durante una serie di incontri pubblici, un chiaro interesse verso il progetto di Officine Zero, così come numerosi docenti e ricercatori del CNR e dei Dipartimenti di Studi Politici e di Urbanistica della Sapienza.
Non siamo soli in questo difficile percorso e continuiamo a credere nella possibilità che a Roma qualcuno apra gli occhi e voglia investire in un progetto che potrà dare molto a questa città, liberandoci dunque dal fardello di doverci confrontare con una banca, alla quale, comunque, siamo decisi a strappare il più possibile.
La nostra è una visione innovativa per affrontare temi centrali quali lavoro, ecologia e sviluppo di innovazione sociale e culturale, temi questi, ormai all’interno dell’agenda europea.
Ci aspettano settimane, forse mesi, complessi e faticosi, durante i quali, però, faremo tutto quanto ci sarà possibile, perché niente e nessuno possa snaturare il valore sociale del progetto di Officine Zero e questo continui ad essere vivo e attivo esattamente dove è nato, ovvero a Casalbertone nelle ex officine Rsi, e disponibile per tutta la città.
Oz Officine Zero via Umberto Partini 20, Roma
www.ozofficinezero.org
oz.segreteria@gmail.com
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa