La pandemia globale ha fatto emergere le contraddizioni del sistema economico dell’Unione Europea in maniera molto aggressiva, non solo in Italia, ma in tutti i paesi, sia nella periferia che nel centro tecnologico-industriale a trazione franco-tedesca del polo imperialista in cui siamo collocati.
Il disastro auspicato e segnato dalla crisi del 2008, che ha preparato la catastrofe sociale, condannando paesi come la Grecia a sgretolarsi sotto la pressione autoritaria della logica della legge del profitto dei mercati , durante la crisi da Covid si è rivelato con violenza in tutti gli ambiti e contesti.
Il mondo dell’istruzione, tra questi, ha subito danni estremi, facendo crollare i castelli di sabbia costruiti sull’aziendalizzazione e privatizzazione di quelli che dovrebbero invece essere i luoghi del sapere e della cultura, capaci di costruire coscienza critica e sociale .
Col Processo di Bologna del ’99, ( il trattato che riforma l’istruzione superiore a livello europeo) la ricerca e l’Università sono diventate letteralmente il settore sviluppo delle aziende, generando poli di serie A e poli di serie B.
Università collocate in centri industriali più sviluppati possono usufruire di un terreno più fertile dal punto di vista degli investimenti privati, ed è un caso evidente in Italia negli atenei del nord italia dove di molto maggiori sono le risorse a disposizione in confronto e a discapito degli atenei meridionali.
Le periferie senza un tessuto industriale forte non possono godere di fondi per coprire i costi di servizi e della didattica, che dovrebbero invece essere prerogativa dello stato.
Negli ultimi decenni i governi hanno saputo fare soltanto tagli, cedendo ai ricatti delle istituzioni europee, che sotto il falso mito della “generazione erasmus”, hanno costruito un esercito a basso costo, ricattabile e precario, di laureati e studenti, costretti giocoforza a spostarsi nelle università dei poli industriali più ricchi.
Introducendo logiche mercantili all’interno del mondo dell’istruzione, si è inevitabilmente finiti a svalutare e denigrare i corsi di laurea umanistici rispetto ai corsi di laurea di tipo STEM, in accordo con la domanda del mondo del lavoro.
Alcune Università, come le Accademie di Belle Arti, hanno risentito molto più di altre di questi tagli alle facoltà non immediatamente funzionali alle aziende, rendendo gli studenti carne da macello e meri pagatori di tasse universitarie, sminuendo il ruolo fondamentale dell’espressione artistica. Nella vita in genere e nella società in particolare.
Per questi motivi a Napoli, il 23 Febbraio 2021, giornata di mobilitazione nazionale dei lavoratori dello spettacolo, un gruppo di studenti e studentesse, il collettivo ABANA, ha deciso di riprendersi i propri spazi, occupando il cortile dell’Accademia delle Belle Arti, nel rispetto di tutte le misure di sicurezza.
Con l’occupazione si richiede l’apertura delle aule e di tutti i laboratori per garantire il diritto allo studio e una formazione adeguata, essendo la DAD insufficiente e insoddisfacente per la didattica in una Accademia di Belle Arti.
Si sottolinea che i locali risultano inagibili da oltre un anno, limitando la formazione alle studentesse e agli studenti nonostante continuino a pagare le tasse universitarie.
Il collettivo denuncia lo stato vergognoso delle strutture, dei laboratori e dei servizi, situazione già antecedente all’emergenza covid, e le false promesse di nuove e più attrezzate strutture durante gli anni.
Gli studenti rivendicano in sostanza: l’apertura e l’utilizzo dei laboratori e del cortile; la messa a disposizione della biblioteca, che già prima dell’emergenza aveva orari estremamente limitati, e del teatro, da sempre inaccessibile e non fruibile dal corpo studentesco; un’organizzazione seria delle lezioni e delle sessioni di esame, più appelli e meglio distribuiti; l’istituzione di un’aula autogestita attraversabile in sicurezza da tutte e tutti; sportello di ascolto autogestito, affinché non ci siano più abusi; nuove assunzioni del personale, perché quello attualmente presente è insufficiente; sospensione delle more e delle tasse universitarie; una riscrittura della carta dei diritti dello studente da parte del corpo studentesco stesso.
Ricordano che la loro rivendicazione non si limita specificamente al contesto universitario dell’Accademia perché la cultura si esprime anche nei teatri, nei cinema, nelle scuole, nei musei, nei centri sociali, in tutti i luoghi del sapere, attualmente negati.
Inoltre, esprimono solidarietà alla famiglia di Ugo Russo, ad un anno dalla sua morte, chiedendo verità e giustizia per il suo omicidio dopo tanto silenzio. Pretendono poi un ambiente libero da molestie e abusi di potere, nella tutela dei diritti di tutte le studentesse e di tutti gli studenti. Ringraziano, infine, il quartiere, che con molta convinzione e tenacia, li sta sostenendo fin dall’inizio nella loro battaglia.
Il direttore-manager dell’Accademia delle Belle Arti di Napoli, Renato Lori, da parte sua, ha rifiutato più volte di incontrare gli studenti, e ha sospeso tutte le attività amministrative e l’unico corso attivo prima dell’occupazione, quello di restauro. Ha poi convocato il Consiglio Accademico, il quale ha infine votato per lo sgombero immediato.
Altre realtà sociali e collettivi napoletani, presenti sul territorio, appoggiano ed esprimono solidarietà all’occupazione.
Ieri, primo Marzo, nei pressi di Piazza Dante, gli studenti protagonisti dell’occupazione hanno organizzato una mobilitazione, “Primm e’ murì facitece campà”, tramite l’istallazione di alcune loro opere per infrangere il silenzio che ormai da troppo tempo penalizza l’arte e la cultura.
Con la speranza che finalmente si riesca a dare importanza e valore alle Università e agli studenti, anche noi di NoiRestiamo seguiamo e sosteniamo questa battaglia, affinché il sapere critico e l’arte possano formare delle coscienze capaci di migliorare il mondo e decostruire questo sistema, che vuole automi funzionali all’accrescere del capitale e non teste pensanti.
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Cinzia
Ci sono tante inesattezze in questo “articolo”. Se foste dei giornalisti seri avreste interpellato anche la direzione, o qualcuno del Ministero dell’Università per realizzare un po’ di informazione seria a vantaggio del lettore. Ma, anche se non lo ammeterete, siete anche voi seguaci della scuola De Magistris.
Redazione Contropiano
Ci sono solo inesattezze nel tuo commento… A cominciare dalla “scuola De Magistris”…