L’inferno! Ancora oggi deturpano, indisturbati, il territorio.
Nel silenzio generale, cerchie ristrette discutono e decidono del futuro dell’Area Orientale della città di Napoli. La gente non viene informata ed è pure piuttosto distratta. I residenti futuri malediranno le decisioni prese riguardo all’ambiente e criticheranno anche tutti noi per aver fatto poco o niente per impedire lo scempio. È già accaduto, nel 2006, davanti ai cancelli della Tirreno Power: la gente criticava persino i propri genitori per non essersi opposti agli scempi compiuti dalle holding nel nostro territorio.
Chissà perché, nel riflettere su tali dinamiche, mi tornano in mente ripetutamente una strofa dell’opera “Festa di Piedigrotta” di Raffaele Viviani, rappresentata nel 1919, e lo scritto di Antonio Gramsci “Odio gli indifferenti – Vivere significa partecipare“, pubblicato su La Città Futura l’11 febbraio 1917.
La strofa di Viviani dice: “E mentre ‘e sceme sonano/tammorre e caccavelle/nuje tutt’ ‘e sacchetelle/l’avimm’ ‘a pulizza’“.
Gramsci invece scrisse: “Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente“.
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Il Porto di Napoli e i Progetti Controversi: un Futuro a Rischio per San Giovanni a Teduccio e per Tutta l’Area Orientale.
Il quotidiano Il Mattino, tra luglio e l’inizio di settembre, ha pubblicato ben cinque articoli sul Porto di Napoli, di cui quattro riguardano progetti per il litorale, e non solo, da San Giovanni a Teduccio. Si tratta di progetti in parte già noti, sui quali, almeno io, avrei auspicato un ridimensionamento motivato. E invece no! A leggere quanto riferito dal giornale, i promotori pubblici e privati rilanciano gli stessi progetti, incluso quello del Deposito GNL, che nei mesi scorsi era stato formalmente bocciato. L’amministrazione comunale ha riproposto anche il progetto del Porto Turistico a Vigliena.
Si tratta di progetti estremamente invasivi che avranno ricadute negative sulla qualità urbana, in una parola sulla vita della gente, che subisce da decenni gli effetti della devastazione ambientale. Inquieta il proposito prospettato, di cui ancora non si comprende bene l’origine, di portare la Darsena Petroli (di cui è previsto pure lo sviluppo delle attività), ancora più vicino all’abitato di San Giovanni.
Da mesi, alcuni cittadini di Vigliena chiedono di interloquire con le istituzioni per capire quale sarà la loro prospettiva, visto che si ritroveranno, in sostanza, a vivere nel piazzale container del Nuovo Terminale dopo aver vissuto per oltre un secolo, di fatto, dentro le centrali termoelettriche Capuano, Vigliena e Levante, senza averlo mai deciso, poiché i fabbricati erano precedenti agli impianti; davanti ai fabbricati c’erano la spiaggia e il mare.
La discussione per chiedere che si desistesse da tali propositi è stata sinora piuttosto inutile e fuorviante. In sostanza, si vuole procedere senza alcun vincolo: la gente, secondo i desiderata dei promotori, deve avere pazienza e subire senza proferire parola.
A Vigliena, da mesi, si attende la messa in sicurezza dell’area della ex centrale Vigliena dalle tubazioni di amianto, che devono essere rimosse dal piazzale dopo la demolizione della Centrale, poiché costituiscono un pericolo per i residenti che abitano a poche decine di metri da quello che diventerà il Nuovo Terminale Contenitori.
Nei mesi scorsi, ci siamo recati dai responsabili per chiedere garanzie sulle attività di bonifica, che hanno causato forti preoccupazioni. Allo stato attuale, si rileva che i teli posti a protezione delle condotte coibentate con amianto, che devono essere rimosse con l’adozione di appositi protocolli, risultano esposti poiché i teli di protezione sono stati distrutti dal vento. Inoltre, sono in corso da mesi escavi dei fondali inquinati senza fornire alcuna informazione circa l’adozione dei protocolli di sicurezza.
In tutta l’Area Orientale, sul tema delle bonifiche si rileva un comportamento piuttosto disinvolto da parte delle autorità. In via Mastellone, a Barra, sono ancora presenti sul terreno, nonostante gli annunci, ingenti quantitativi di amianto, che espongono la cittadinanza a rischi assai seri. Del resto, la stessa vicenda della presunta balneabilità del litorale, più volte smentita dagli stessi dati ARPAC, dimostra la scarsa attenzione al tema dei diritti della cittadinanza nell’Area Orientale.
L’elenco delle criticità è corposo: bonifiche del SIN Napoli Orientale, sottopassi di Via Vigliena e Via Chiaromonte, carenza di dati epidemiologici, rischio di incidente rilevante.
____________ Gli Articoli_____________
1) Il Deposito GNL di Vigliena: Ritorno di un Progetto Controverso.
Il Mattino del 14 luglio, nell’articolo “Napoli, con fondali più profondi il porto hub del petrolio del Sud“, riferisce che le società Edison e Kuwait hanno ripresentato nuovamente il progetto per la realizzazione di un Deposito GNL a Vigliena. Anzi, il piano, rispetto a quello precedente, prevede persino un incremento delle dimensioni del deposito. Sulla pagina del Ministero il piano non è stato ancora pubblicato (perlomeno io non l’ho trovato). Il giornale riferisce che è stato formalmente avviato l’iter procedurale di cui non si ha notizia.
L’articolo si sofferma su quattro aspetti insidiosi:
- È già stato avviato l’iter procedurale: “Si tratta di un progetto congiunto Edison-Q8, presentato al ministero dello Sviluppo Economico: di recente si è conclusa con esito positivo la Conferenza dei Servizi preliminare, ed è in corso l’esame pubblico del progetto per l’ottenimento della concessione“.
- La rilevanza strategica, secondo le testimonianze riportate nell’articolo il deposito laddove non realizzato porterebbe addirittura al crollo del PIL italiano: “se la dimensione della componente energetica garantita dall’HUB di Napoli dovesse entrare in crisi perderemmo il motore energetico del Sud per oltre il 30% 40% e automaticamente la quota di partecipazione del Mezzogiorno nel PIL nazionale pari a circa il 20% scenderebbe al 10% – 11%. È utile che il Paese e l’attuale Governo siano coscienti di un simile ruolo chiave di un HUB logistico del Mezzogiorno“.
- I progetti in corso e quelli riproposti in dispregio delle norme e del buonsenso: “Questa rilevanza strategica ha imposto la definizione di un progetto per il dragaggio della banchina dagli attuali 13 metri a 16 metri. Lo scopo è accogliere navi da centomila tonnellate (contro la media attuale di 30mila tonnellate) e contribuire in maniera significativa alla riduzione delle emissioni inquinanti grazie al minor numero di viaggi-nave. Inoltre, con tale progetto, il porto di Napoli si confermerebbe come uno dei principali hub di importazione del Mediterraneo, intercettando i carichi di prodotti petroliferi dal Medio Oriente, dove si collocano i maggiori produttori del mondo“.
- La riduzione delle emissioni: “l’IMO (International Maritime Organization) ha fissato l’abbattimento di CO2 del 40% al 2030 e del 70% al 2050. Abbiamo l’obbligo di ridurre le emissioni inquinanti. Va bene dunque l’impegno a lavorare su combustibili a basso tasso di inquinamento come il GNL e come, in futuro, l’idrogeno“.
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2) Il Progetto di Rafforzamento della Diga Foranea: Un Futuro Incerto per San Giovanni a Teduccio.
Il Mattino di martedì 20 agosto 2024, nell’articolo “PNRR a Napoli, partono i cantieri: così tra porto e ferrovia traffico merci più veloce“, fornisce dettagli piuttosto preoccupanti. L’articolo annuncia il progetto già avviato di rafforzamento e prolungamento della Diga Foranea di altri 300 metri verso il litorale di San Giovanni. Per intenderci, il prolungamento della Diga avviene davanti alla ex Corradini e in parte davanti alla spiaggia del Municipio. I lavori evidenziano lo sviluppo delle attività portuali verso il litorale di San Giovanni a Teduccio. Dalla litoranea si notano i lavori in corso, che procedono alacremente anche il sabato e la domenica.
L’aspetto più eclatante è costituito dal fatto che dall’articolo emerge il proposito, non è chiaro di chi, della “costruzione di un grande terminal contenitori e la delocalizzazione a levante del terminal petroli“. Se questa dovesse essere la scelta effettiva, sarebbe una vera e propria follia. Per quanto riguarda la Darsena Petroli, si usa impropriamente il termine delocalizzazione: se questa dovesse diventare la scelta, si dovrebbe dire correttamente che si tratterebbe dello spostamento di tali attività ancora più vicino all’abitato di San Giovanni a Teduccio, ai quartieri adiacenti e agli stessi comuni limitrofi, in relazione a un’attività estremamente pericolosa da tutti i punti di vista. In questo caso, la parola delocalizzazione è fuorviante e ambigua.
Tra gli altri progetti di cui si discute c’è anche quello del Porto Turistico, non menzionato negli articoli. Altro che balneazione, vocazione turistica e ripresa del rapporto con il mare.
Dall’articolo è utile legggere gli estratti:
“Altre due grandi opere strategiche saranno avviate da settembre nel porto di Napoli per completare quel complesso programma infrastrutturale finanziato per ben 361 milioni di euro con fondi complementari al Pnrr“.
“Il primo dei due interventi, del valore di 20 milioni di euro, consentirà di collegare alla rete ferroviaria nazionale la parte di levante del porto; parliamo di un’area di circa 260 mila metriquadri (attualmente accessibile solo dalla viabilità urbana) dotata di una banchina di 650 metri e che ha già assorbito nei precedenti 20 anni oltre 200 milioni di euro di risorse pubbliche ma che per l’assenza dei collegamenti alla rete ferroviaria ed alla rete autostradale è rimasta per lungo tempo una cattedrale del deserto. Oggi quest’area ha ripreso vita ed accoglie, almeno fino al 2026, le aree di cantiere delle opere di prolungamento e rafforzamento della diga foranea e di ripristino della cassa di Vigliena. Appena conclusi questi cantieri, grazie al collegamento ferroviario ed alla nuova viabilità di accordo, questa area potrà accogliere finalmente un grande terminal contenitori anche delocalizzando il terminal Petroli“.
“Il Ministero dell’Ambiente già nel 2008 impose la realizzazione dei raccordi ferroviari senza i quali il terminal non avrebbe potuto diventare operativo. Per comprendere l’importanza di quest’opera per la città ed il territorio retrostante bisogna ripercorrere lo scenario programmatico del nuovo Piano Regolatore Portuale: la costruzione di un grande terminal contenitori e la delocalizzazione a levante del terminal petroli consentirà di liberare quei moli (Il Bausan e Flavio Gioia) posti al centro del porto, che invece saranno destinati ad accogliere il traffico Ro-Ro, liberando così l’area monumentale del porto – quella tra piazza Municipio e l’Immacolatella Vecchia – dal traffico di autotreni, contribuendo insieme al Cold Ironing con la diluizione delle emissioni a generare quei benefici ambientali tanto attesi e rendendo possibile la pedonalizzazione dell’area del porto posta a ridosso di piazza Municipio; un’area che insieme alla Stazione Marittima, al terminal Beverello ed alla stazione della Metro, verrà definitivamente consacrata al turismo“.
“Per questo gli operatori del terminal petrolifero si sono impegnati a proprie spese e sotto la regia della Port Autority, a delocalizzare il fascio tubiero che intercetta il fuso di binari“.
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𝟯) Le contraddizioni delle politiche urbanistiche su Napoli Est.
Il Mattino di Mercoledì 21 agosto 2024, nell’articolo “Napoli, snodo porto-ferrovia: così l’ultimo miglio delle merci costa meno“, il giorno successivo, è ritornato nuovamente sul punto. Nell’articolo si lamenta che “l’attuale giunta Manfredi porta avanti un percorso urbanistico di valorizzazione del territorio di Napoli Est che ha negato ogni possibile formazione di terminal nel retroporto“. A dire il vero, parlo per me, non ho rilevato affatto politiche di valorizzazione, nel senso più profondo del termine, del territorio.
L’articolista ripropone nuovamente il progetto della delocalizzazione della Darsena Petroli, che dovrebbe essere allocata “all’estremità della Darsena di Levante, distante dal litorale di San Giovanni”. La descrizione appare piuttosto incongrua, poiché l’estremità della Darsena di Levante è il punto nevralgico di San Giovanni a Teduccio. Non riesco a comprendere perché si usi tale intrico. Su questo punto, non è nemmeno ancora chiaro come stanno effettivamente le cose, cioè se è in corso una discussione con le relative opzioni e dove si discute.
Nella proposta, o qualunque cosa essa sia, si legge il tentativo di conciliare le esigenze dei terminalisti e dei petrolieri; la gente, invece, non è contemplata tra i portatori di interesse che hanno diritto a partecipare.
Dall’articolo è utile legggere gli estratti:
“La sfida. Per oltre venti anni il porto di Napoli è rimasto ingessato con opere eseguite al rallentatore, costi lievitati, opere mai concluse e soprattutto finanziamenti erogati e non spesi. Recentissime sono le sentenze che hanno visto soccombere la Port Autority in favore di alcuni Terminal che hanno chiesto milionari risarcimenti per i mancati escavi. Prima della recente apertura dei cantieri del Pnrr (361 milioni di euro) sono stati restituiti all’Europa 231 milioni di euro sulla programmazione FESR 2007-2013 e oltre 70 milioni di euro sulla programmazione Fesr 2014-2024“.
“L’apertura dei cantieri è dunque il vero cambio di paradigma ma per cogliere in pieno le occasioni offerte dagli incentivi per le Zes è maturo il tempo affinché il porto di Napoli si liberi dei vincoli che fino ad oggi lo hanno attanagliato e avvii un percorso virtuoso con i due interporti, quello di Nola e quello di Marcianise, preso atto che l’attuale giunta Manfredi porta avanti un percorso urbanistico di valorizzazione del territorio di Napoli Est che ha negato ogni possibile formazione di terminal nel retroporto“.
“La svolta. Per fare questo occorrerà tombare il terminal petroli, delocalizzando le attività di carico e scarico dei prodotti petroliferi all’estremità della darsena di levante, distante dal litorale di San Giovanni. Il tombamento, oltre ad accogliere il milione di metri cubi di sabbie provenienti da area di bonifica (SIN), produrrà nuovi spazi ed una banchina di lunghezza superiore ad 1,2 chilometri, ovvero 4 volte più grane della maggiore delle banchine oggi disponibili. E per fare questo saranno indispensabili quei collegamenti ferroviari ed il rafforzamento della diga foranea che oggi sono opere già cantierizzate. Questa politica di sviluppo infrastrutturale non tende solo ad incrementare il potenziale numero di containers movimentati ma tende soprattutto a velocizzare ed efficientare i terminal per fluidificare e rendere più competitive le industrie che sorgeranno nel territorio retrostante“.
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4) Il Mattino di domenica 1° settembre 2024, nel suo articolo “Porti del Sud, la sfida del futuro: aprire il corridoio afro-asiatico con i fondi PNRR“, ricapitola le questioni già trattate in precedenza.
L’articolo espone l’ambizioso progetto che mira a potenziare i porti del Sud Italia, da Napoli e Salerno a Taranto e Gioia Tauro per i quali il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) ha stanziato 1.223,48 milioni di euro.
Dall’articolo è utile legggere gli estratti:
“Ci vogliono porti arredati e competitivi nel Sud per raccogliere la sfida del Piano Mattei e, soprattutto, per soddisfare quel binario energetico Sud/ Nord che è diventato strategico dopo la guerra tra Russia e Ucraina. E se tanto mi da tanto non bisogna sorprendersi se alle sole regioni del Sud il Pnrr per i porti ha messo a disposizione il 43,1% delle risorse complessive in questo ambito assegnando ben 1.223,48 milioni di euro contro 1,612 milioni andati complessivamente ai porti del Centro e Nord Italia“.
“Ma vediamo il dettaglio delle opere finanziate così da avere un’idea complessiva di come le infrastrutture portuali del Sud dovranno solidificare la loro presenza strategica sul territorio. E partiamo proprio dall’Autorità di sistema portuale del mare Tirreno centrale, quella competente per i porti di Napoli, Salerno e Castellammare di Stabia. Gli interventi per il porto di Napoli sono diversi e tutti regolarmente partiti secondo il cronoprogramma fissato dal ministero. Per il potenziamento e la riqualificazione delle infrastrutture dell’area monumentale del porto di Napoli destinate al traffico passeggeri, alle attività portuali e di collegamento con la città il Pnrr ha stanziato 26 milioni di euro“.
“Per il prolungamento e rafforzamento della Diga Duca D’Aosta 150 milioni di euro. Per il completamento della darsena di Levante, i lavori di ripristino di una parte della cassa di colmata sita in località Vigliena, compreso il dragaggio dei sedimenti di una parte dei fondali portuali e loro rifluimento in vasca 20 milioni di euro. Il riassetto dei collegamenti ferroviari di ultimo miglio e della rete viaria portuale 20 milioni. Cold Ironing (la possibilità di collegare le navi alle banchine con l’elettricità e spegnere i motori) 25 milioni di euro“.
*attivista politico e sociale di Napoli Est
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