Le scuole romane sono ancora in mobilitazione. Nella settimana che volge al termine infatti sono proseguite le occupazioni e gli scioperi, sintomo di un livello di scontro e rivendicazione che ad oggi regge e sostiene la fiamma accesa lo scorso ottobre dal Cine-TV Rossellini.
Per esempio, ieri mattina al liceo Albertelli, zona Esquilino, studenti e studentesse hanno scioperato contro il mancato funzionamento degli impianti di riscaldamento dell’edificio, condizione particolarmente gravosa vista l’attuale situazione pandemica che richiede una frequente circolazione dell’aria, che si traduce in finestre aperte e gelo di questi giorni che entra nelle classi.
“Dopo più di un mese di continuate lezioni al freddo – si legge nel comunicato –, gli studenti dell’Albertelli a fine sciopero hanno deciso di richiedere un incontro con la Città Metropolitana, che da giorni non risponde alla scuola e non manda i propri tecnici a risolvere la situazione”.
Una situazione peraltro comune in molte scuole della città, come al Margherita di Savoia, dove i ragazzi hanno incrociato le braccia chiedendo che sia data loro “voce”, come scritto nello striscione rivendicativo dello sciopero.
Alla lunga lista delle occupazioni si sono aggiunte altre 8 scuole, superando dunque i 40 istituti che in questo inverno hanno preso parola a più livelli contro la condizione della scuola odierna.
L’ultima in ordine di tempo il Bertrand Russell, sulla Tuscolana. “Gli studenti del Russell, così come di tutta Roma e di tutta Italia sono stufi di un governo che trasforma la scuola nella sua fabbrica di schiavi, investendo sempre di più in aziendalizzazione e sempre meno in edilizia, in organico a tempo indeterminato e sul nostro futuro”, si legge nella nota diramata stamattina
“Il modo in cui il governo vuole spendere i fondi del PNRR è la perfetta dimostrazione di ciò: vogliono ampliare il divario tecnologico fra scuola di serie A e serie B”.
Nella giornata di oggi, venerdì 10 incrociano le braccia anche alcune sigle in rappresentanza del personale scolastico e dirigenziale, per chiedere aumenti salariali, assunzioni, stabilizzazioni e migliori condizioni lavoro, non previsti in maniera soddisfacente nella legge di bilancio 2022.
È noto come il “mondo della scuola” negli ultimi decenni abbia conosciuto una costante riduzione dei fondi pubblici ad esso dedicati, con il risultato di ritrovarsi, a distanza di anni, con molti edifici fatiscenti, personale precario, aumento delle diseguaglianze tra le cosiddette scuole di serie A e quelle di serie B (pensiamo a un liceo di prestigio del centro metropolitano con un tecnico della periferia, due mondi diversi!).
In questo varco si sono inserite le scuole private, spesso con rette inavvicinabili per ampie fette di popolazione. Ci pare di poter dire che queste siano state, alla fine, più parte del problema che una parziale soluzione, e la pandemia non ha fatto altro che aggravare la situazione generale – senza qui considerare l’obbrobrio di lasciare l’educazione delle generazioni future in mano ad aziende, quali sono le scuole private, dove senza profitto, si chiude.
In quest’ottica, di grande rilievo ci pare la proposta avanzata dall’Opposizione Studentesca d’Alternativa – organizzazione studentesca molto attiva in queste settimane – che, contro la malagestione del comparto scuola degli ultimi 20 anni, intende rompere con la logica della delega in bianco e chiama a raccolta tutte le proteste sorte in questo autunno.
“Riteniamo che l’obbiettivo di questo movimento di protesta studentesco debba essere l’unione delle lotte di tutti i nostri istituti verso un’unica grande battaglia“, scrivono nel documento diramato ieri pomeriggio, che vi proponiamo per intero qui (e in allegato in fondo all’articolo).
“Non accettiamo più deleghe, vogliamo avere voce in capitolo sui soldi da destinare alla scuola!“
“Sono infatti in arrivo 19,6 miliardi per l’istruzione che il governo ha intenzione di investire in riforme favorevoli solo alle aziende private e a far diventare definitivamente la scuola un luogo vuoto di conoscenza per poi vendere gli studenti a un mondo del lavoro, e a un futuro, fatto di disoccupazione, sfruttamento e competizione sfrenata tra di noi“.
“Noi invece pensiamo che questi fondi, per quanto ancora insufficienti, debbano iniziare a essere investiti per il futuro di noi studenti“.
Una chiamata all’unione delle lotte e dell’impegno in prima persona degli studenti nelle decisioni che modelleranno la scuola del futuro, e di conseguenza la formazione delle generazioni a venire.
Un salto di qualità importante, che indica una maturità sociale e politica non scontata, in un paese da troppo tempo arroccato sulle (false) speranze dei “salvatori di turno” che hanno attraversato il paese, da Berlusconi, Prodi, Renzi, Grillo, Salvini, ora Draghi… ce n’è per tutti!
Il risultato di tale affidamento in realtà è stato un continuo restringimento degli spazi di democrazia e partecipazione diretta del popolo alla vita politica del paese. A questa ripresa di protagonismo invece puntano le studentesse e gli studenti romani al contrattacco.
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