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Elezioni regionali in Campania e terzo mandato: lottare contro l’iceberg, non contro la sua punta

Nelle ultime settimane, com’è noto, sulla cronaca nazionale e su quella campana è esplosa la polemica riguardante la legittimità/opportunità del terzo mandato per i Presidenti di Regione e in alcuni casi esso ha avuto forme di particolare virulenza visto l’avvicinarsi della relativa scadenza elettorale.

In questo contributo vorremmo partire dalla questione terzo mandato ma per individuare alcuni aspetti qualificanti di un programma regionale di alternativa invece di partecipare al teatrino in atto dove, nella migliore delle ipotesi, si tratterebbe di cambiare il “suonatore” ma non certo la musica.

Infatti nel dibattito mainstream si presta molta attenzione a limitare lo scontro sul solo terzo mandato in quanto non si mette minimamente in discussione il meccanismo istituzionale che c’è dietro, ossia il presidenzialismo in salsa regionale che, non a caso, è stato introdotto nell’ordinamento con una legge costituzionale del 1999 che ha anticipato la più generale riforma del titolo V realizzata a distanza di appena 2 anni e, …sempre non a caso…, a fare la riforma anticipatoria con la previsione dell’elezione diretta del Presidente di Regione è stato un governo di centro-sinistra con l’allora Presidente del Consiglio Massimo D’ Alema.

Insomma il governo Meloni ha esteso a livello nazionale il nesso tra presidenzialismo ed autonomia differenziata partendo da un precedente che, finora, aveva visto questo nesso solo all’interno dell’interno dell’istituto regionale, quindi, ancora una volta, si configura quel perverso rapporto tra centrosinistra e centrodestra dove il primo apre la strada e il secondo prosegue e allarga ciò che è stato avviato dai loro pseudoavversari.

Per quanto riguarda la Campania, l’era deluchiana è iniziata nel 2025-16 proprio con una riforma in senso presidenzialista dello statuto regionale culminata in una legge di revisione statutaria[1]  che ha visto un grosso ampliamento del ruolo del Presidente della giunta nel procedimento legislativo con la possibilità, tra l’altro, di porre la questione di fiducia su varie materie   tenendo, in pratica, il Consiglio regionale sotto costante ricatto.

Pertanto il nuovo ciclo di lotta contro l’autonomia differenziata, che va aperto dopo l’inopinata cancellazione del referendum totalmente abrogativo della “legge Calderoli”, si deve configurare non soltanto attraverso un’attenta vigilanza su eventuali nuove richieste di trattative col Governo ma anche nel contrasto all’interno delle singole Regioni del nesso con la forma presidenzialista.

Quindi è a dir poco riduttivo , se non apertamente fuorviante, concentrare lo scontro sul terzo mandato perché se questa possibilità fa paura a qualche dirigente nazionale di Partito è solo per questioni di potere e non certo di cultura politica e istituzionale.

All’interno di una visione democratica e partecipativa dell’istituzione Regione lo scontro attuale, invece, può avere senso soltanto se si rilancia la centralità del Consiglio e questo aspetto potrebbe/dovrebbe essere uno dei punti qualificanti per un programma d’alternativa giungendo, magari, all’elaborazione di una nuova legge di revisione statutaria che annulli quanto sancito dalla citata “riforma” del 2016.

Si fa questo esempio, insieme ad altri punti che toccheremo più avanti, perché anche nella sinistra di classe è iniziato, per il momento in sordina, un dibattito sulla scadenza regionale[2] che, per chi si riconosce, in un modo o in un altro, nei poli di centro-sinistra e centrodestra, è fortemente condizionata dall’esito della prevista sentenza della Corte Costituzionale sul terzo mandato che, invece, a noi che siamo fuori e contro l’attuale finto bipolarismo interessa ben poco e, sotto questo aspetto, non ci sembra positivo il fatto che anche l’ex-Sindaco di Napoli[3] De Magistris sia in mistica attesa del pronunciamento dei giudici costituzionali, una posizione che mal si concilia coi richiami ai momenti migliori della sua esperienza politico-amministrativa alla quale hanno partecipato attivamente e convintamente, soprattutto nella sua prima fase, molti di noi.

Altrettanto deludente è, sinora, l’approccio alle tematiche regionali da parte dei 5 Stelle schierati su un profilo prettamente governista che richiama l’esperienza che conducono insieme al PD nella giunta napoletana sulla base del “Patto per Napoli”, ossia un accordo siglato qualche anno fa tra il Comune e la Presidenza del Consiglio dei Ministri con chiari contenuti liberisti miranti alla svendita del patrimonio della città e la privatizzazione dei servizi che è stato giustamente ribattezzato “Pacco” per Napoli dalle forze di Movimento e della sinistra di classe.

Il nostro compito, allora, è quello di parlare e confrontarci su tutt’altro per il semplice fatto che siamo per un’altra Regione che segni discontinuità non soltanto rispetto al personaggio De Luca ma innanzitutto alle sue politiche e, in questo senso, occorre un Consiglio Regionale che non sia sordo alle istanze di partecipazione popolare come dimostrato dall’insabbiamento della petizione popolare sulla Misura Integrativa Regionale di sostegno al reddito (M.I.R.) successivamente trasformata in proposta di legge regionale grazie alla sensibilità di una consigliera indipendente [4] oppure l’affossamento di una proposta di legge regionale d’iniziativa popolare a contenuto ambientalista che ha raccolto più di 13 mila firme e l’appoggio di diversi Consigli Comunali.

Nell’obiettivo di discutere di altri contenuti ci deve essere anche la presenza di un  Assessore alla Sanità carica sussunta dall’attuale Presidente che oggi sbandiera la costruzione di nuovi Ospedali senza mai dire che ne sono stati chiusi o ridimensionati molti di più e ciò va fatto coinvolgendo associazioni di consumatori, comitati popolari di difesa di presidi sanitari che si sono mobilitati nel corso degli anni per la difesa della sanità pubblica.

Tuttavia se è vero che non ci accodiamo agli antideluchiani dell’ultima ora è altrettanto vero che la critica al “centralismo romano” non può essere genericamente populistica ma va sostanziata da politiche qualitativamente diverse per cui, ad esempio, alle importanti dichiarazioni su Gaza fatte dal Presidente campano non possono seguire solo poche iniziative di assistenza materiale perché nell’attuale situazione internazionale con l’aumento delle “guerre calde” anche la struttura della Giunta dovrebbe cambiare pensando ad un  Assessorato per la pace e la cooperazione internazionale come di recente è stato fatto in Umbria, così come sull’autonomia differenziata non si può essere solo contro la Calderoli per poi accettare i modello di sviluppo basata sulla competitività tra territori e non agendo in maniera forte per il rafforzamento della vocazione mediterranea della Regione.

[1] Cfr. la legge regionale 8 agosto 2016 n. 28 concernente: “Modifiche degli articoli 49 e 54 della legge regionale 28 maggio 2009 n. 6 (Statuto della Regione Campania)”.

[2] Si veda, tra l’altro, l’intervento di Michele Franco su Contropiano del 29/12/2024: “La democratura di Vincenzo De Luca e la necessità di costruire l’opposizione politica in Campania”.

[3] Si veda la dichiarazione riportata sul quotidiano napoletano ROMA del 28/01/2025 dove l’ex-Sindaco subordina al tipo di esito del giudizio della Corte costituzionale la discussione su formazione e composizione della coalizione per le regionali.

[4] Cfr. pdl firmata dalla consigliera regionale Maria Muscarà, concernente l’ “L’istituzione della Misura Integrativa Regionale di sostegno al reddito e politiche per l’inclusione sociale attiva (M.I.R.)” (iscritta al registro generale del Consiglio Regionale della Campania al numero 343 il 20/12/2023).

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1 Commento


  • Antonio Di Pinto

    la politica vera, democratica non esiste più perché il consiglio regionale è ricattato, non più libero.
    La colpa del p.d. non solo, hanno demolito l’è ideologie
    i diritti di uguaglianza come recita la costituzione, hanno privatizzato tutto non finiscono mai.
    Credo che sia un momento molto difficile, mettere assieme tutta la sinistra radicale, per una vera alternativa al falso bipolarismo.

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