Nina è una ragazza di 19 anni con la sindrome di Down, iscritta al Sabin fino a pochi giorni fa che vorrebbe sostenere l’esame di maturità come i suoi compagni, mentre invece secondo la scuola non ha diritto al diploma ma al solo attestato, che non ha valore legale e quindi non le consentirebbe né l’accesso all’università né a tanti posti di lavoro.
Da anni la famiglia lotta per il diritto ad avere un percorso di studi personalizzato per accedere all’esame di maturità e oggi Nina è stata costretta a ritirarsi per poter provare l’anno prossimo a prendere il diploma senza dover ricominciare da capo la scuola dalla prima superiore, condizione nella quale sarebbe se avesse accettato di prendere il solo attestato.
La storia di Nina ci parla di un modello di scuola che a parole si dice inclusivo ma che nella realtà è escludente e discriminatorio, che non tiene conto delle diverse condizioni di partenza dei suoi studenti e studentesse, un modello di scuola sempre più simile a un’azienda dove lo scopo non è garantire un reale diritto allo studio e formare un pensiero critico ma preparare i giovani alla competizione in un mondo del lavoro spietato e precario.
Una scuola senza fondi e senza organico da decenni, in cui il personale è sempre più precario e non viene messo nelle condizioni di fare il proprio lavoro, in cui la continuità didattica è un miraggio (basti pensare che Nina ha cambiato 11 insegnati di sostegno in 5 anni e non è un caso isolato!) e a farne le spese sono gli studenti che partono da condizioni di maggiore difficoltà.
Se oggi la scuola non si trova attrezzata a rispondere a queste esigenze è perché questo modello di scuola si inserisce in un progetto politico che accomuna partiti di destra e di sinistra nel tagliare i fondi alle scuole pubbliche di ogni grado per regalarli ai privati, come succede anche nella democratica Bologna nonostante il referendum sulle scuole dell’infanzia di dieci anni fa.
È chiaro che la storia di Nina ci deve far interrogare su che modello di scuola pubblica vogliamo costruire, su come armonizzare le istanze di docenti e famiglie, sulla enorme contraddizione per cui viene dato lo stesso valore legale ai percorsi formativi privati e pubblici.
Noi crediamo in una scuola pubblica e accessibile a tutti, in cui non solo vengano aumentati i fondi e stabilizzati i precari ma che si metta in discussione il modello formativo nel suo complesso.
Al fianco di Nina e della sua famiglia, per una scuola davvero inclusiva e accessibile a tutti e tutte!
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