L’occupazione del Liceo Minghetti a Bologna ha aperto una breccia nel clima di depoliticizzazione che l’attuale ministro Valditara voleva imporre agli istituti durante quest’anno scolastico.
Da allora si sono susseguite occupazioni delle scuole medie superiori (Copernico, Righi, Crescenzi-Pacinotti-Sirani), o tentativi di occupazione (ISART, Majorana) che hanno incontrato l’atteggiamento sempre più minaccioso delle forze dell’ordine, una più marcata ostilità da parte dei direttori scolastici e la “condanna” di quella parte dei “rappresentanti degli studenti” che si fanno cooptare nella governance scolastica imposta da Valditara.
Questa maggiore pressione nei confronti di studenti e studentesse che decidevano – o si apprestavano a farlo – di intraprendere l’occupazione come forma di lotta, nonostante il monito dovuto alle denunce e dalle sanzioni disciplinari comminate ai propri coetanei del Minghetti, si è verificata dopo il riuscito sciopero di tutto il settore della formazione del 4 aprile promosso da OSA, Cambiare Rotta e USB.
Ne è un esempio l’irruzione della DIGOS al liceo scientifico Righi, ad inizio di questa settimana, i cui studenti – dopo la convocazione di una partecipata assemblea plenaria da parte del Collettivo – hanno votato in massa ed all’unanimità per l’occupazione, che ha riguardato poi alcuni spazi dell’istituto e si è trasformata in autogestione dopo una dura contrattazione con la direttrice scolastica. Quest’irruzione della DIGOS che ha portato all’identificazione degli studenti, è stata denunciata da OSA Bologna e ripresa da Bologna Today.
Ancora più pesante il blitz al Majorana dove – come denuncia OSA Bologna con un comunicato nella sua pagina Instagram – “polizia e carabinieri sono entrati (…) e hanno fatto convocare tutti i rappresentanti di classe, d’istituto e di consulta per ‘informarli’ delle conseguenze penali che riceveranno se decideranno d’occupare la propria scuola”.
Una vera e propria pedagogia del terrore tesa a cristallizzare la passivizzazione del corpo studentesco dopo la evidente crisi dei dispositivi ideologici messi in campo fin qui per trasmettere una visione del mondo non più digeribile per almeno una parte delle nuove generazioni.
Vi è una logica punitivo/premiale che impregna la “governance” del comparto della formazione mutuata dai meccanismi di gestione di quelle che un tempo venivano chiamate le istituzioni totali, carceri in primis, che stanno trasformano le scuole in vere e proprie gabbie metropolitane.
Ad alcuni istituti è riservato il bastone, mentre ad altri la carota, come dimostra l’atteggiamento del sindaco di Bologna che sceglie di interloquire – senza dare risposte sostanziali sui problemi strutturali che riguardano non solo l’istruzione pubblica – soltanto con quelle esperienze che mettono il primo cittadino a suo agio (come è avvenuto al Sabin) con la solita divisione tra “buoni” con cui dialogare e “cattivi” da reprimere, con una selezione a monte di ciò che può essere agitato con lo strumento delle occupazioni e cosa no.
L’amministrazione è costretta ad accettare obtorto collo un “calendario” inedito delle mobilitazioni che, storicamente, le organizzazioni e realtà studentesche vicine al centrosinistra facevano scemare in primavera, e trovare un piano di interlocuzione con chi sceglie un piano di compatibilità con le scelte intraprese negli anni dai vari esecutivi che si sono succeduti, tacendo sui gravi episodi repressivi ed intimidatori avvenuti negli istituti.
Dallo sciopero del 4 aprile all’assemblea sotto palazzo d’Accursio
In quella giornata, dopo il corteo conclusosi in Prefettura, uno studente di OSA aveva deciso di incatenarsi dopo esser stato denunciato per l’occupazione che aveva promosso insieme ai coetanei del Collettivo d’Istituto.
Questo dopo un infruttuoso incontro di una delegazione in Prefettura che consegnava le circa 15 mila firme raccolte per chiedere il ritiro delle denunce degli studenti e studentesse, così come lo stralcio dei provvedimenti disciplinari presi nei loro confronti.
Dopo poche ore, un esponente di Potere al Popolo si è unito alla protesta – incatenandosi a sua volta – dando vita ad un presidio da cui, congiuntamente ad OSA, si lanciava un’assemblea sotto Palazzo d’Accursio per il 9 aprile, al fine di poter parlare alla cittadinanza di questi temi.
La risposta è stata lo sgombero del presidio, la mattina di sabato, con gli attivisti portati in questura e denunciati per “manifestazione non autorizzata”, mentre i materiali del presidio venivano sequestrati.
Domenica 6 aprile una manifestazione unitaria contro il riarmo della UE prevista da tempo, partita da Piazza San Francesco, decideva di cercare di andare a parlare in pizza Nettuno, dov’era in corso la “Piazza per l’Europa” promossa dai sindaci di Bologna e Firenze, per portare il loro punto di vista alle persone lì convenute, spiegando le proprie ragioni contro il riarmo della UE, la difesa comune e l’economia di guerra.
Un’opposizione che riguardava anche il decreto liberticida varato due giorni prima dal Consiglio dei Ministri, composto da quelle stesse forze politiche di centro-destra che anche la mattina di domenica, il sindaco Lepore, invitava a partecipare alla mobilitazione di Piazza Nettuno.
Mentre Lepore apriva così ai partiti che sostengono il governo Meloni, ma impediva alle forze sinceramente pacifiste di partecipare alla piazza.
La risposta è stata infatti la blindatura incontrata dai manifestanti a diverse centinaia di metri da Piazza Nettuno da parte delle forze dell’ordine che con scudi, calci e manganellate hanno impedito al corteo di proseguire verso il centro cittadino.
In continuità con questo percorso di lotta, mercoledì 9, una grande assemblea sotto Palazzo d’Accursio ha continuato ad allertare la cittadinanza sul pericoloso clima di regressione democratica che il nostro Paese e la nostra città stanno vivendo, così come delle manovre reazionarie e classiste che stanno colpendo i soggetti socialmente più vulnerabili della società, con politiche che partono dall’Unione Europea o hanno comunque l’avvallo dell’attuale maggioranza di governo a Bruxelles.
In contemporanea all’assemblea, alcune studentesse hanno contestato Michele Serra in Sala Borsa rinfacciandogli la propria propaganda guerrafondaia sotto forma di “nazionalismo europeo”, con una reazione piuttosto stizzita dell’ex direttore di “Cuore. Settimanale di resistenza umana”, che probabilmente non accetta le critiche aspre dopo avere praticato e predicato la legittimità di forme di satira condita da abbondante linguaggio vernacolare.
Chi si ricorda il celebre titolo del 1991 con relativa immagine: “Hanno la faccia come il culo” quando Serra era direttore?
Dall’assemblea del 9 è scaturita una proposta di costruzione unitaria del corteo del 25 aprile – e delle iniziative che lo precederanno – sui temi che hanno animato questa fase delle mobilitazioni cittadine, dando appuntamento per un’assemblea aperta presso i locali del Centro Sociale CostArena in via Azzo Gardino 48, a Bologna, mercoledì 16 aprile dalle ore 18.00.

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