Formalmente a Roma va tutto bene, bollettini tranquillizzanti dallo Spallanzani e dalla Regione. La realtà dice altro, parla di un sistema sanitario in grande difficoltà prima ancora che si manifesti l’atteso pico dei contagi. La Federazione romana dell’Unione Sindacale di Base sta raccogliendo informazioni e denunce dalle varie realtà.
Non bastasse lo scandalo dei medici di base, che a oggi non hanno ricevuto lo straccio di un presidio anticontagio pur rappresentando il primo filtro territoriale, molti ospedali sono a corto di mascherine, non solo FFP2 e FFP3, ma anche di semplici protezioni chirurgiche.
Al Sant’Eugenio hanno ricevuto una fornitura di panni antipolvere riadattati con forbici ed elastici a mascherine di fortuna; la dirigenza, a ragione, ne ha vietato l’uso ma qualche primario sostiene che il personale non ha bisogno di mascherine. L’aria nel nosocomio dell’Eur è pesante: 2 dei 12 operatori del Dea si sono infettati e c’è forte preoccupazione per i prossimi giorni.
Al San Giovanni per avere una (1) mascherina bisogna firmare, mancano le protezioni anche all’Umberto I e non va meglio negli altri ospedali del territorio.
USB si chiede che fine facciano le tanto sbandierate maxi-forniture di mascherine, anche certificate, dall’Italia e dall’estero, e perché il ministro della Salute Roberto Speranza si ostini a dichiarare che “la priorità per affrontare l’emergenza è difendere il nostro personale sanitario che sta facendo un lavoro straordinario in queste ore. Il modo migliore per farlo è garantire prima di tutto a loro i dispositivi di protezione individuale”. Stando a quel che accade a Roma, ma anche in altre parti d’Italia, le affermazioni del ministro sembrano chiacchiere in libertà.
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