E’ stata scelta una location di periferia, l’occupazione abitativa in via Tiburtina, per l’assemblea che ieri l’Usb ha convocato per discutere del futuro di Roma.
“Nuovo inizio o ritorno al passato?” era il tema su cui il sindacato ha chiamato al confronto forze sociali e politiche anche in previsione delle elezioni comunali del prossimo anno.
L’assemblea si è svolta all’aperto nel cortile dell’occupazione e con le dovute misure di sicurezza.
L’Usb romana ha elaborato una lettera di intenti e una piattaforma che ruota intorno a tre punti: le periferie, l’internalizzazione di lavoratori e lavoratrici dei servizi comunali, le accresciute disuguaglianze sociali nella città.
Che un sindacato si occupi di periferie è un’anomalia. Lo ha spiegato introducendo la discussione Guido Lutrario che ha anche ricordato come l’attenzione e l’intervento nelle periferie di un sindacato è oggi nell’ordine delle priorità di chi sta cercando di ricomporre sia la disgregazione nel mondo del lavoro che gli interessi che ruotano intorno alle condizioni di vita complessiva dei settori popolari.
La questione dirimente è la supremazia degli interessi privati sulle scelte avvenute negli ultimi decenni a Roma ma anche nelle altre aree metropolitane. Una privatizzazione e una centralità del privato che ha via via smantellato, devastato, esternalizzato il welfare e i servizi, con la totale ritirata e deresponsabilizzazione del soggetto pubblico, in questo caso il Comune.
Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti, a cominciare dalla questione abitativa come dalla gestione di rifiuti e trasporti per finire ai servizi sociali e alla sanità. L’Usb chiede alle forze politiche che si candideranno per le elezioni comunali del 2021 di impugnare il necessario rovesciamento di logica e interventi e chiede alle forze sociali di costruire una coalizione che entri in campo indicando priorità radicalmente opposte alla dominanza degli interessi privati.
Su questo insieme di questioni, sociali e politiche allo stesso tempo, sono stati chiamati a dire la loro sia soggetti politici (Potere al Popolo, Prc, Stefano Fassina, Liberare Roma, hanno dato buca M5S e Pd) che soggetti sociali (dalla Rete Popolare Tiburtina all’associazione Radici, dai delegati sindacali di Ama, Atac, scuola dell’infanzia e sanità ai giovanissimi esponenti del comitato contro la discarica di Valle Galeria. dagli inquilini dei Piani di Zona a quelli delle case degli enti previdenziali e tanti altri come Nunzio D’Erme).
Il rischio che le discussioni alla vigilia di scenari elettorali si rivelino formali e imbalsamate esiste sempre. Facile che in questi contesti tutti si dicano d’accordo con tutto e prevalga il bon ton. Fortunatamente la discussione è stata più sul merito e non ha scantonato dai dati politici.
Potere al Popolo nell’intervento di Sergio Cararo ha riassunto la sua questione dirimente in due parole: Roma Città Pubblica, cioè una visione della e sulla città che separa e mette in conflitto quella privatistica e quella del ritorno ad una centralità del pubblico nelle scelte: da quelle urbanistiche a quelle sul lavoro e sui servizi. I tre temi posti sul tavolo nell’assemblea da Usb – periferie, internalizzazioni di lavoratori e lavoratrici, lotta alle disuguaglianze sociali – sono del tutto in sincronia con il dna e l’elaborazione di Potere al Popolo. Proprio per questo non è più possibile mediare visioni alternative e contrapposte sulle priorità per Roma ma anche per le altre città metropolitane che andranno al voto nel 2021: Torino, Milano, Bologna, Napoli.
La dimensione politica nazionale della sfida delle comunali del prossimo anno, è stata richiamata anche da Stefano Fassina che ritiene il lavoro e le reinternalizzazioni un punto discriminante sul quale inchiodare la prossima giunta comunale.
Vito Meloni segretario romano del Prc si è augurato una convergenza di forze e contenuti che appaiono largamente condivisibili anche sul terreno elettorale. Amedeo Ciaccheri, presidente dell’VIII Municipio e animatore di Liberare Roma, ha sottolineato come il declino della città non sia un problema solo degli ultimi cinque anni ma viene da un ciclo lungo. In questa situazione anche i privati scappano da Roma.
Il nodo della gestione privatistica della città e della regressione che ne deriva, a nostro avviso resta quello dirimente. Ed occorre ammettere che la logica privatistica non è solo quella dei palazzinari o dei gruppi di affari italiani e stranieri che hanno devastato e fatto regredire la città. Va estirpato infatti anche il virus di quel terzo settore che con l’alibi del privato sociale – e della miriade di società, cooperative, onlus che in questa zona grigia sono prosperate – alla fine della giostra ha contribuito pesantemente allo smantellamento del welfare pubblico.
E in questa zona grigia c’è urgenza di rimettere la barra a dritta, anche mettendo in discussione una certa subalternità di quella che viene definita “Sinistra Ztl” e di un pezzo di compagneria nel cercarsi gli interstizi a ridosso del PD.
Per spezzare questa catena con cui gli interessi privati imbrigliano, gestiscono e devastano Roma, ma anche le altre città, occorrerebbe agire dall’alto e dal basso ovvero con amministrazioni comunali che riprendano in mano la visione pubblica e comune degli interessi collettivi, e dal basso con i movimenti sociali e sindacali che agiscano e colpiscano sugli obiettivi e le emergenze sociali. Era sembrato che con la giunta M5S questa condizione sarebbe stata possibile, ma i fatti si sono incaricati di smentirlo. Ragione per cui oggi l’unica opzione credibile è quella di una rottura verticale – la Città Pubblica appunto- e di alternativa a tutto campo, a Roma e nelle città.
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