Venerdi 4 giugno è stata convocata una assemblea cittadina davanti all’occupazione abitativa di via del Caravaggio minacciata di sgombero.
Sapevamo di correre questo rischio. Appena scemato l’allarme pandemia, in concomitanza con le prime riaperture e al termine dell’anno scolastico, puntuale si presenta la possibilità dello sgombero dei 105 nuclei familiari abitanti in viale del Caravaggio.
La data dell’11 giugno come termine ultimo per liberare lo stabile di proprietà della famiglia Armellini, produce un’accelerazione che merita l’attenzione dell’intera città. Eravamo soltanto all’inizio (e non certo per scelta o indisponibilità nostra) di un dialogo sul tema delle soluzioni per le famiglie residenti nel palazzo occupato per necessità.
Si era avviata faticosamente, anche per la poca disponibilità al confronto dimostrata dall’assessora Vivarelli, una trattativa con la Regione Lazio e il Municipio VIII come interlocutori interessati ad ascoltare le ragioni del Movimento per il Diritto all’Abitare, ma ora alla luce dei tempi dettati da Piantedosi, cosa accadrà? Sarà praticabile una corsa contro il tempo per trovare un alloggio adeguato a tutti i nuclei familiari?
Questa domanda è legittima perché proprio nel momento in cui si avvia un lavoro per trovare una soluzione adeguata per tutti e tutte, dettare tempi ultimativi appare come un intervento a gamba tesa generando nuove tensioni che andavano evitate. I sospetti sono veramente tanti, e più scriviamo più ne nascono e si accumulano.
Certamente, avevamo già colto col tentativo di sgombero mascherato da censimento dell’occupazione di Valle Ri-Fiorita l’incongruenza tra la realtà dei fatti e quanto dichiarato dallo stesso Prefetto solo poche settimane fa, ossia che l’uso della forza e le fughe in avanti fossero una sconfitta per le istituzioni.
Questa accelerazione, assomiglia in maniera inquietante a ciò che è accaduto prima dello sgombero dei 78 nuclei dallo stabile di proprietà comunale in via Cardinal Capranica.
Il rischio di dover accettare forzosamente l’abbandono di viale del Caravaggio prima che le soluzioni alloggiative per tutti e tutte siano effettivamente disponibili è molto forte.
La necessità di restituire il bene alla signora Angiola Armellini è più forte della necessità di un alloggio per chi non ha alternative alloggiative se non la strada.
Si decide di difendere il diritto proprietario anche quando viene avanzato da una figura colta ad evadere il fisco, ad occultare fondi neri nei paradisi fiscali svizzeri, lussemburghesi e neozelandesi, e ad evadere le tasse locali su 1243 appartamenti costruiti dentro Roma, il tutto per la modica cifra di 2,1 miliardi di euro.
Con questa “imprenditrice”, lo Stato si è dimostrato straordinariamente comprensivo, permettendo di saldare il conto con solo 50 milioni di euro (37 all’Agenzia delle Entrate, 13 al Comune di Roma).
Non solo: alla Armellini sono anche stati condonati gli abusi edilizi commessi nella costruzione dell’albergo della catena ArAn che si trova alle spalle dell’occupazione abitativa, sequestrato nel 1974 in quanto costruito in un’area vincolata, eppure successivamente inaugurato con tutti gli onori alla presenza delle autorità della città, e ancora oggi pienamente operativo.
Basterebbero queste storie per rendere conto della ingiustificabile complicità istituzionale verso gli interessi della rendita, per cui evidentemente l’imperativo della legalità ad ogni costo non vale.
Auspichiamo, per questo, che la Regione, il Comune ed il Municipio, nelle loro diverse competenze, non consentano operazioni di ordine pubblico per svuotare lo stabile in oggetto accettando tempi e modi di gestione orientati solo dalla volontà del Prefetto.
Anziché requisire quelle palazzine, e compensare solo in parte il danno arrecato alla collettività, le istituzioni lasciano sempre aperta l’opzione muscolare verso 380 persone di cui 80 minori, la cui unica colpa è stata non essersi arrese in silenzio alla povertà e all’emergenza abitativa, non aver rischiato la pelle vivendo in strada, non avere atteso nella solitudine l’assegnazione di una casa popolare che, per chi vive a Caravaggio come per altri 14mila nuclei in attesa nelle graduatorie ERP, sembra non arrivare mai, benché le case ci siano.
Non lasciamo prevalere questa logica. La stessa che può condannare allo sfratto o allo sgombero migliaia di persone. Figure come Yoidanis e i suoi figli, difese solo dai picchetti solidali e alle quali si offrono centri di accoglienza e separazione del nucleo.
Il tutto accade mentre nel PNRR non risulta una singola riga per l’edilizia residenziale pubblica e per affrontare il problema dell’emergenza abitativa, tanto è che lo stesso Ministero delle Infrastrutture, che attraverso il sottosegretario Cancelleri aveva aperto un’interlocuzione sul tema, a dispetto di tante belle parole e di ottimi intenti ha deciso di interrompere il confronto.
Come sempre, quando bisogna arrivare al dunque, ci si defila o al peggio per proteggere gli interessi e i profitti della rendita, si ricorre alle maniere forti e ad una legislazione decisamente securitaria e colpevolizzante verso i più poveri. Altro dal riequilibrio delle diseguaglianze sociali come prima di diventare ministro vagheggiava lo stesso Giovannini.
Bisogna fermarli. Roma non può permettere che si ripeta un’altra Cardinal Capranica, un’altra Cinecittà o un’altra Piazza Indipendenza, né che si consumi l’ennesima campagna elettorale consumata sulla pelle delle persone più povere.
Non possiamo accettare che dopo un anno e mezzo di pandemia, in cui ci è stato ripetuto fino alla nausea “Restate a Casa”, ci si predisponga a buttare in strada 105 nuclei familiari, 380 persone, 80 bambini e bambine non appena si chiuderanno i cancelli delle scuole.
Ancora una volta, come accaduto due anni fa quando le sirene di sgombero sembravano ormai imminenti, chiediamo a questa città di non abdicare alla propria tradizione di solidarietà e di aggregazione sociale, e di fare proprio il destino di ognuna delle famiglie che vivono a viale del Caravaggio 105.
Difendere Caravaggio significa difendere ogni spazio, sociale abitativo: lo diciamo non solo alla luce degli sgomberi del Cinema Palazzo e di Santa Maria della Pietà, ma a partire dalle ulteriori affermazioni del Prefetto che, senza tanti giri di parole, ha confermato che Caravaggio sia solo l’inizio di una serie di sgomberi che arriveranno nelle prossime settimane e mesi.
È dunque compito della città nella sua interezza impedire con ogni mezzo necessario che una nuova ferita sia inferta a questa città, che si consumi l’ennesimo sfregio con tanto di emorragia finale di democrazia.
QUESTA E’ LA NOSTRA QUESTIONE PRIMARIA!
Per questo chiamiamo a raccolta spazi sociali, singoli e collettivi indignat@, associazioni, forze sindacali, chiunque voglia esserci a unirsi attorno a Caravaggio, e ad essere presente alla assemblea pubblica che si terrà davanti all’occupazione venerdì 4 giugno alle h. 17.30. Costruiamo insieme una forte barricata umana per la dignità e i diritti sociali: Caravaggio non si tocca!
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