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Savona. Era tutta fuffa la re-industrializzazione di Ferrania

Ricordate questa notizia del Gennaio scorso ?:

Ufficializzata oggi, con l’approvazione della delibera in giunta regionale, la partecipazione della Regione Liguria al bando dell’Enea -Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile per ospitare il centro di ricerca per la realizzazione dell’esperimento DTT-Divertor Tokamak Test.

Pensiamo – spiega l’assessore allo sviluppo economico Edoardo Rixi – che la Liguria abbia tutte le carte in regola per diventare sede di questo progetto di ricerca che porterebbe 1600 nuovi posti di lavoro, di cui 500 diretti, un’eccellenza a livello internazionale e ricadute stimate intorno ai 2 miliardi di euro. Da una prima ricognizione sul territorio, abbiamo già individuato siti in Liguria con le caratteristiche richieste nel bando, sia per dimensioni delle aree disponibili sia per la dotazione infrastrutturale sia per requisiti ambientali”.Due i siti indicati come possibile sede del progetto: le aree ex Ferrania in Val Bormida e le aree ex Enel alla Spezia”

Naturalmente a quest’annuncio seguì allora la solita ridda di dichiarazioni tendenti ad attribuirsi il merito della proposta e tutti con grande facilità si pronunciarono per l’esito positivo.

Oggi arriva la notizia della secca smentita: l’area di Ferrania è stata giudicata non idonea per ragioni di carenza sul piano tecnologico in relazione alla rete elettrica e a quella di collegamento informatico, giudicate insufficienti. La stessa documentazione fornita dalla Regione è stata giudicata carente.

Sfuma quindi anche questa possibilità, se mai ce ne fosse stata davvero soltanto una pallida idea di concretizzazione.

Ancora una volta si dimostra per intero la fragilità di un possibile progetto di re–industrializzazione del savonese.

Mancano due presupposti indispensabili: quello dell’adeguamento tecnologico e della bonifica ambientale dei siti più importanti.

A questo punto, se riflettiamo in questo senso sulle prospettive che può offrire l’accordo di programma sull’area di crisi complessa non facciamo fatica a immaginare che le sole attività possibili saranno quelle di logistica, movimentazione merci et similia: attività cioè non legate direttamente a processi produttivi basata su di un forte know-how e produttori di una richiesta di innovazione tecnologica.

Il ritardo dell’industria, nella nostra Provincia, com’è ben dimostrato anche dai casi più importanti di crisi come quelli Bombardier e Piaggio, deriva proprio da questo gap accumulato nel tempo sul terreno fondamentale dell’intelligenza produttiva.

Mancano i piani di  sviluppo, la programmazione, il ruolo “forte” delle istituzioni, delle associazioni imprenditoriali (principali protagoniste queste ultime, in passato, dello scambio deindustrializzazione/speculazione edilizia e dell’incapacità dimostrata nell’affrontare il nodo storico ambiente/lavoro) e del sindacato.

Intanto il numero dei disoccupati cresce e la nostra economia è sempre più legate alle fragilità di settori come logistica e turismo, del tutto insufficienti a garantire una minima ripresa di sviluppo complessivo.

La cifra di ciò che è avvenuto nel corso di questi anni può davvero essere riassunta in due parole: illusione e fragilità.

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