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Savona, la farsa delle “elezioni” in Provincia

Nei giorni scorsi si sono svolte le elezioni per il Consiglio Provinciale: per la seconda volta si è votato con un sistema di “secondo grado” con il corpo elettorale ridotto ai soli Sindaci e Consiglieri eletti nei 69 comuni che fanno parte del perimetro istituzionale della Provincia di Savona.

L’esito di questa consultazione può essere analizzato su 4 punti:

1)      E’ evidente come la conferma del rango costituzionale delle Province, in esito al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, richieda urgentemente il ripristino dell’elezione dei Presidente e del Consiglio sulla base dell’espressione dell’intero corpo elettorale come avviene per Comuni, Regioni, Parlamento;

2)      L’effetto immediato di questa votazione con corpo elettorale ristretto è stato quello della totale assenza di dibattito sui temi di fondo dell’economia e della società savonese. Ci si è limitati a conteggiare la consistenza dei rispettivi blocchi senza entrare nel merito dei temi che pure, disponendo la Provincia di strumenti programmatori, sarebbe importante confrontare;

3)      Ciò nonostante all’interno del PD si è riusciti a trasformare quest’occasione in una sede di beghe incentrate su miserie di tipo personalistico;

4)      La “sinistra” non è riuscita neppure a definire una propria identità e ha truccato la propria lista da “civica”, non si capisce bene per quale motivo. Naturalmente l’esito è stato quello predestinato: zero.

In realtà ciò che è mancato è stato –appunto – un dibattito serio sulla progettualità.

E’ il caso allora di ribadire alcuni punti di merito da sottoporre all’attenzione generale:

a)      E’ evidente che il modello di riferimento che è stato assunto, ormai da molto tempo, per l’economia della provincia di Savona abbia ampiamente fallito. Fin dalla metà degli anni’90 il Censis aveva individuato nella mancata riunificazione progettuale il “male oscuro” della provincia di Savona.

b)      Non si è mai tentato di riunificare, dal punto di vista della programmazione, un territorio molto complesso nel quale – sparita l’industria in Val Bormida – il divario tra costa ed entroterra si è allargato mentre declinava vistosamente la funzione del capoluogo. Savona si è, infatti, più ristretta nella sua funzione economica ad una piccola città di provincia nella quale, sparita l’industria, sono arretrati commercio e servizi lasciando spazio ad una realtà davvero di qualità pessima come quella delle crociere. Le diverse amministrazioni comunali succedutesi hanno fin qui mancato la capacità di rilanciare il Centro della Città, soprattutto arrendendosi alla speculazione edilizia e non riuscendo a sviluppare il piano culturale che sarebbe risultato del tutto decisivo. Il riferimento è a biblioteche e facoltà universitarie collocate al centro (permanendo l’estraneità del campus di Legino alla vita della città). La scelta speculativa riguardante l’ex-ospedale San Paolo e la mancata utilizzazione di Palazzo Santa Chiara sono risultate esiziali in questo senso. Deve essere ricordato come il vero cuore della città sia proprio Palazzo Santa Chiara e non certo il Priamar.

c)       Il punte centrale di questo discorso rimane però quello della mancata partecipazione della provincia di Savona al rinnovamento tecnologico dell’industria italiana, a differenza di quanto avvenne all’inizio del ‘900 e negli anni’30. L’industria savonese, ormai ridotta alle vacillanti presenze di Piaggio e Bombardier (che pure vanno difese strenuamente) ha sofferto di arretratezza dovuta, in alcuni casi, ad obsolescenza tecnologica (vedi Ferrania) e in altri al conflitto ambiente / lavoro che dalle nostre parti ha assunto dimensioni davvero dirompenti (dall’ACNA alla Tirreno Power).  Da questo punto di vista ci si è affidati alla gestione della dichiarazione di area industriale di crisi complessa che, in assenza di un piano industriale ben definito, sta sortendo alla fine un esito davvero ridotto a fronte di una situazione che registra ben 8.000 disoccupati nell’intera area provinciale;

d)      Deve essere chiaro che turismo e servizi (settori tra l’altro mal sviluppati per ragioni che sarebbe troppo lungo spiegare) non possono rappresentare i volani fondamentali per una situazione complessa come quella savonese. La centralità di un progetto non può essere quella riguardante la produzione industriale. Alla qualità della presenza industriale è legato anche lo sviluppo di settori come quelli dell’artigianato, del commercio, dei traffici portuali(settore ormai arenato attorno alle contraddizioni presenti nella vicenda della piattaforma MAERSK).

e)      Un capitolo a parte dovrebbe essere dedicato alla questione del credito con la vicenda della CARISA fagocitata nella crisi verticale di CARIGE. Crisi dettata da una gestione a dir poco di taglio clientelare – familistica attraverso la quale non c’era proprio da sperare per riuscire ad alimentare nuove occasioni di sviluppo.

f) così come andrebbe affrontato il tema delle infrastrutture, ferroviarie e stradali che da troppo tempo rappresentano un handicap pesante per il nostro territorio;

Ecco di tutto questo, pur esposto sommariamente, nell’occasione delle elezioni provinciali non si è parlato tra i rappresentanti delle istituzioni e il dibattito pubblico sembra incentrato sui numeri dei voti di preferenza toccati a questo/a eletto/a o mancato/a consigliere/a.

Ci sarebbe davvero da riflettere.

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