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Milano. quanti sono gli anziani morti al Golgi Redaelli?

La dirigenza strepita contro USB, ma non tira fuori i numeri. Caro Lucchini, ci dimostri che abbiamo torto

La denuncia pubblica e gli esposti presentati lunedì 5 luglio da USB alle procure di Milano e Monza, hanno fatto saltare sulla sua comoda poltrona dirigenziale il direttore generale dell’ASP Golgi Redaelli, Enzo Lucchini. Ma non, come sarebbe comprensibile, per precipitarsi a controllare i gravi fatti da noi denunciati: Enzo Lucchini è saltato su per declamare al Fatto Quotidiano che denuncia ed esposti sono panzane messe in giro da gente ignorante. Con tanti blabla sul buon nome del Golgi Redaelli, l’immagine lesa, l’ingiustificato allarme.

Così, USB prende di nuovo carta e penna e scrive al direttore generale dell’ASP Golgi Redaelli.

Egregio dottore,

comprendiamo la Sua irritazione con USB per aver chiesto le Sue dimissioni, ma possiamo rassicurarLa: non è un fatto personale. Semplicemente, La riteniamo non in grado di svolgere il Suo incarico. O meglio, non in grado di farlo in una struttura pubblica: come cultore delle esternalizzazioni spinte e degli appalti al ribasso La vediamo meglio come dirigente di una struttura privata. In Lombardia, terra del Bengodi per la sanità privata, non Le sarà difficile trovarne una.

Se ha bisogno di referenze, siamo qui: abbiamo contestato dall’inizio le Sue scelte, soprattutto da quando ci siamo accorti della chiara intenzione di passare da un appalto non genuino fatto di somministrazione illecita di manodopera, ad uno talmente al ribasso che non consente di assistere i pazienti. Insomma: dalla padella alla brace.

Qualcosa potrebbe aggiungerla la Procura, in merito alla gestione dell’emergenza Covid, all’interno di una struttura nella quale sono morti 213 pazienti in 50 giorni, mentre lei “svuotava il mare con le mani”.

Ora però, faccia il bravo. Invece di “buttarla in caciara”, sui “riscontri oggettivi” mancanti, sul buon nome, sull’immagine, dia i numeri. Sicuramente ne avrà per contestare quelli fatti da noi. Glieli rammentiamo: quasi 6 anziani morti dall’inizio dell’anno in ciascuno dei 7 reparti RSA esternalizzati, tanto a Vimodrone quanto a Milano, contro i 6 totali nei 4 reparti a gestione interna.

Ci smentisca sul fatto che nei reparti esternalizzati soli 4 operatori tra le 12 e le 13 devono far mangiare più di 30 anziani allettati, spesso disfagici e bisognosi di essere imboccati, lasciare poi tutto lindo e pulito, dopo aver rimesso a letto tutti i pazienti. Tutto questo in un’ora!

Ci dica che non è vero che dalle 13 alle 15 negli stessi reparti un solo operatore deve occuparsi dei medesimi anziani, avendo anche cura di rigovernare i piatti.

Ci tranquillizzi sul fatto che la coop In Cammino stia rispettando alla lettera il contratto di appalto, nonostante avessimo giudicato subito troppo bassa la cifra di 39 milioni per far funzionare per 6 anni 7 reparti RSA (e come noi la pensava il Tar).

Smentisca che nei reparti in appalto manca totalmente la manutenzione, come si vede dalle foto che abbiamo allegato alla denuncia: testate dei letti dei pazienti attaccate con il nastro adesivo delle medicazioni; tapparelle che non funzionano; lavandini che scaricano dentro i secchi; water divelti e con le viti a vista.

Smentisca, soprattutto, che le condizioni che abbiamo accuratamente descritto e documentato non siano d’ostacolo alla corretta alimentazione degli ospiti.

Insomma, egregio direttore, avremmo un gran bisogno di essere smentiti, di una voce saggia che ci dimostri che ci siamo sbagliati; ma lo faccia, numeri alla mano, non con chiacchiere supponenti degne del Marchese del Grillo, modello “io so’ io e voi non siete un…”

Se non ci riuscirà, Lei ha il dovere di dimettersi immediatamente e assieme a Lei tutti quei dirigenti, medici e non, che non si sono “accorti” di quanto noi abbiamo visto e denunciato. Non siamo noi a ledere l’immagine dell’ASP Golgi- Redaelli, ma chi di quella storia si sta facendo beffe, esternalizzando, privatizzando, precarizzando, appaltando, gettando un’ombra inquietante su una nobile storia secolare, fatta di solidarietà e al servizio dei più fragili.

Scelte che si consumano dentro un processo di smantellamento del sistema socio-sanitario regionale che proprio in occasione della pandemia ha mostrato tutti i suoi limiti e che andrebbe riformato in senso opposto a quello da lei realizzato, ovvero riconducendone la gestione alla Pubblica Amministrazione e sottraendola alla fame di profitto di chi nella geriatria e nella fragilità vede solo un business.

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