Nei giorni scorsi è comparso su un quotidiano sardo un articolo che annunciava con toni trionfalistici la coltivazione di un grano già maturo a soli tre mesi dalla semina.
“Potrebbe garantire all’isola l’autosufficienza alimentare” dichiarava aprendo scenari tanto attesi, specialmente in un periodo così difficile anche dal punto di vista internazionale.
Pionieri di questa rivoluzione il colosso dell’agricoltura Bonifiche Ferraresi e l’Eni.
Mano a mano che si approfondisce l’argomento i toni entusiastici e l’ottimismo restano, ma piano piano sparisce il grano. Al suo posto compaiono le sementi di piante oleaginose da utilizzare come materia prima nelle bioraffinerie dell’Eni.
E così la notizia che sembrava prospettare un decisivo cambio di rotta per una terra che importa l’80% dei prodotti agroalimentari, alla fine non è altro che un tocco di sensazionalismo per argomenti che in Sardegna sono già fin troppo conosciuti: gli interessi industriali dell’Eni.
La Bonifiche Ferraresi, che quando acquisirono parte delle Bonifiche Sarde Spa furono presentate dall’assessore Paci della giunta Pigliaru come una grande opportunità per la produzione agricola, ha creato una joint-venture paritetica con Eni finalizzata alla ricerca e alla produzione per la bioraffinazione. Ed Eni ha già acquistato una partecipazione di minoranza, entrando così nel capitale sociale di Bonifiche Ferraresi.
In soldoni significa che nei mille ettari di BF tra Arborea e Marrubiu si coltiveranno piante oleaginose come girasole e ricino per svolgere test di produzione e specialmente per valutare se tutto ciò sia replicabile in Africa, dove Eni ha già enormi interessi.
Se tutto andrà a buon fine, le sementi prenderanno poi la via delle bioraffinerie di Gela e Porto Marghera. Nei progetti di Eni dunque le terre della Sardegna, come quelle dell’Africa, pur bisognose di aumentare la produzione agroalimentare, serviranno a produrre sementi da trasformare in carburante. Il tutto all’insegna del più classico schema coloniale: il territorio povero produce la materia prima per le industrie del grande capitale occidentale.
E tutto il clamore per la produzione di questo grano miracoloso si riduce, in definitiva, al fatto che verrà coltivato a rotazione nel terreno in cui l’Eni produrrà le piante per la bioraffinazione.
Impatto del progetto sulle esigenze complessive della Sardegna? Non pervenuto.
Rifiutiamo ogni ulteriore progetto coloniale, in qualsiasi modo agghindato e camuffato, che miri a utilizzare la nostra terra come area di servizio per i colossi energetici.
Il nostro obiettivo è quello di costruire una Sardegna che sappia valorizzare le sue immense potenzialità e generare ricchezza, sviluppo, dignità per tutti i suoi abitanti.
La Sardegna oggi, come e più di ieri, ha bisogno di rilanciare la sua eccellente produzione agricola, di ripensare il suo futuro in maniera autonoma, autosufficiente e autodeterminata.
NO allo sfruttamento industriale della terra da parte delle multinazionali straniere
SI ad una programmazione per il rilancio della produzione di qualità che generi lavoro e benessere nei territori.
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