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Il Comune di Catania dichiara fallimento. La secessione reale comincia a provocare danni

Tanto tuonò che piovve, verrebbe da dire. A Catania l’amministrazione locale getta la spugna e dichiara fallimento: dopo anni di improponibili piani di rientro dall’esposizione debitoria, la realtà di un territorio massacrato, certo da mala-gestione e criminalità mafiosa, ma soprattutto abbandonato dall’impossibilità di attingere ad adeguati finanziamenti pubblici per piani di crescita, si manifesta in tutta la sua evidenza.

Il cappio economico-finanziario calato intorno al sistema di finanza locale, miete la sua prima vittima illustre, ma è arcinota la difficoltà di decine di comuni del Sud, anche grandi, come ad esempio Napoli, tagliati fuori dal sistema di finanziamento perché il loro territorio non è giudicato appetibile per gli investimenti dai flussi del sistema finanziario globale e, quindi, abbandonato anche dalla finanza pubblica, ormai, totalmente subordinata alle logiche speculative e privatistiche.

Il senso di quanto accaduto non risiede solo nella drammatica condizione di alcune migliaia di lavoratori comunali e delle partecipate per il rischio sui pagamenti degli stipendi e nella fruibilità dei servizi da parte della popolazione, ma nella evidente abdicazione del sistema pubblico al mantenimento di strumenti di coesione sociale tra aree territoriali del paese, il cui divario socio-economico è ormai a livelli di guardia.

Il “fallimento” del comune di Catania è la diretta conseguenza dell’applicazione multilivello dei Patti di Stabilità (europeo, nazionale, locale, ndr), il cui effetto, neanche paradossale, è l’instabilità e precarietà esistenziale di parti crescenti del territorio nazionale, soprattutto al Sud. Quello a cui stiamo assistendo è un fenomeno di secessione reale, sociale ed economica, di parti del territorio nazionale tagliato fuori dai rapporti con il centro produttivo e finanziario del Nord Italia e del nucleo magnetico centrale della Ue, abbandonati quindi alla deriva economica e alla marginalizzazione sociale.

La maschera della UE dispensatrice di crescita e benessere, da conseguirsi attraverso il rispetto dei trattati, nella specifica condizione del Meridione rivela così il suo vero volto: formidabile strumento di espropriazione di ricchezza sociale e di distruzione di ogni vincolo solidaristico.

*Rete dei Comunisti

 

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